Ho scoperto la Monteverdi

di Renato Scotti di Uccio

Il titolo di questo mio articolo è ambivalente: nel senso che, per rendere spider un coupè della casa svizzera, realizzato dalla Dinky Toys, ho imparato a conoscere più a fondo la Monteverdi, la casa svizzera creata da Peter Monteverdi.

Diciamo quindi che per “scoprire un coupè” ho “scoperto” una interessante storia!

Lo spunto è nato da un modellino ritrovato tra le elaborazioni da completare.

Un Dinky Toys acquistato perché tutto apribile, come piacciono a me!

Piuttosto preciso ma “giocattoloso”, come erano i die-cast degli anni ’70: una bella Monteverdi 375L di colore amaranto, con finiture cromate (e “ruote veloci”).

Purtroppo, per un incidente di percorso, di quelli che capitano anche quando amorevolmente vengono spolverati, il modellino aveva subito la rottura del parabrezza. 

Tra il cercare di restaurarlo e il… “pasticciarlo” scelsi la seconda opzione, in modo da inserirlo nella tematica delle spider…

Con la documentazione dell’era “pre-web” mi accinsi alla realizzazione dello spider Palm Beach a passo corto.

Detto fatto: tagliai via il tetto per farlo spider e, sullo slancio, tagliai carrozzeria e pianale per accorciarne il passo.

Il grosso era già stato impostato ed era pronto per la trasformazione…

Misi tutto nella sua scatolina in attesa di tempo necessario per “riunire” l’insieme…

Evidentemente non era una priorità, perché così è rimasto per parecchi anni!

Qualche giorno fa l’ho ritrovato e, più per curiosità che per convinzione, mi sono messo a fare un po’ di ricerche.

Innanzi tutto parliamo della vettura, la 375 Palm Beach: si tratta di un esemplare unico su passo corto disegnato da Frua e costruito da Fissore, per la quale avevo bisogno di qualche foto per capire quanto ancora restasse da fare…

Sembrava poco ma non era così.

Devo confessare che ho subito deciso di fare una elaborazione sui generis, rispettosa cioè delle proporzioni e delle linee ma conservativa dell’aspetto del Dinky prima maniera, che ho definito “giocattoloso”.

Questo avrebbe consentito la “non riverniciatura” sia pure a scapito di qualche compromesso con le linee della parte posteriore. Però sarebbero rimaste le quattro aperture e l’insieme molto “old fashion”.

Con l’occasione ho proseguito l’approfondimento sulla marca Monteverdi, scoprendo che è quella con una tra le più alte percentuali di riproduzioni in scala 1/43 rispetto alla produzione di modelli realizzati (in serie o in edizione unica)!

Qui sootto riporto un elenco dei modelli delle Monteverdi (ottenuto enucleando le diverse colorazioni) preso dal sito Car Model, in cui sono riportate anche succinte ma esaustive descrizioni delle varie vetture ad opera di David Tarallo.

I modelli sono di case come Autocult, Neo, Kess, Avenue 43 per cui sono tutti piuttosto ben fatti, compresa la Monteverdi Palm Beach spider oggetto del mio lavoro.

Proseguendo nella breve descrizione della mia elaborazione, segnalo che, per accorciare il passo, ho dovuto operare anche sulla dimensione delle portiere che, come nella realtà, sono ovviamente meno lunghe che nella versione 2+2, dotata di un passo di ben 2700 mm.

Anche gli interni sono stati modificati per avere solo due posti con panchetta porta-bagaglio posteriore. Modifiche sono state fatte anche al cruscotto, alla plancia (con decal ottenute da foto) e al volante.

Ho modificato la parte anteriore (con i fari non più tondi ma rettangolari), la mascherina (più piccola in altezza) e il paraurti (con le frecce integrate all’interno del paraurti e non al di sotto).

Per i cerchi ho solo realizzato una copia fotografica di quelli originali da applicare sulle famigerate ruote veloci.

Il rifacimento del parabrezza è stato infine la cosa più difficile, come era prevedibile.

Il tutto lasciando la verniciatura originale… e scusate se è poco! Anche se… proprio per non riverniciare il modello, non ho modificato la coda per cui il cofano del bagagliaio risulta più piccolo dell’originale, a scapito della copertura della capote, che è un po’ più grande di quella della vettura vera!

Anche il muso, nonostante la piccola modifica, è un po’ meno ricurvo verso il basso di come avrebbe dovuto essere.

Nell’esaminare il “pre-assemblamento” finale (ancora non completo in molti dettagli come tergicristalli, volante, interni, modanature del parabrezza e rifiniture varie), si può notare che il modellino ha tutte le caratteristiche che erano l’obiettivo della elaborazione: fare lo spider Monteverdi come se fosse un modellino Dinky in normale produzione.   Per questo motivo per i tergicristalli non ho previsto foto-incisioni ma riproduzioni in plastica e per i cerchi ho utilizzato adesivi che simulano le ruote reali: tutte cose che si richiamano a soluzioni dell’epoca.

A questo punto è ovvia la domanda: “Perché non ci sono le foto del modello finito?”

Semplice: perché ancora me lo rigiro tra le mani, con qualche nuova idea e qualche perplessità…

Infatti, nel godermi “la scoperta” della storia del sig. Peter Monteverdi, ormai deceduto, e della sua azienda, chiusa nel 1984, mi sono immerso in una storia veramente molto interessante che sarebbe ingiusto riassumere in poche righe in questa occasione (vi suggerisco di leggervela navigando sul web o acquistando qualche libro dedicato, perché ne vale la pena). Monteverdi è un personaggio appassionato ed eclettico ma anche originale, visto che, dopo la sua avventura come industriale e designer, ha costituito un museo delle vetture Monteverdi, ricomprandosi molte di quelle che aveva venduto!

…E oltre alla storia della sua fabbrica, c’è quella dei sui lavori come designer, della sua discordanza di opinioni con Frua… Tutte cose molto intriganti per un collezionista di modelli di auto (che ovviamente è molto interessato alle questioni inerenti le linee delle varie vetture e alla loro evoluzione nel tempo).

Un  esame critico della linea, confrontando il risultato della mia elaborazione con l’auto vera e con il modello della Autocult,  fa scaturire le seguenti considerazioni:

La mia elaborazione (in alto nel confronto fotografico qui a sinistra), ancorché non completata, ha i pregi che ho elencato prima a proposito dell’aspetto tipicamente “old-style” ed una linea complessivamente più filante.

Tuttavia ha quei gravissimi difetti: il colore non corrispondente, il piano posteriore troppo piccolo e la capote troppo grande (vedi le due foto più sotto).

Il modello di Autocult (ultima immagine nel confronto fotografico qui sopra) è molto preciso e pulito.

Però, visto di fianco, ha un aspetto lenticolare della fiancata ed un parabrezza troppo alto e poco inclinato che purtroppo gli fanno perdere quelle linee tese così caratteristiche dello spider Palm Beach (immagine di centro nel confronto fotografico sopra).

I dettagli sono stupendi, le ruote quasi perfette, così come gli interni; il colore è quello esatto dell’esemplare unico esistente.

A questo punto un’altra domanda è d’obbligo: “Sono veramente soddisfatto del modello in progress e lo completerò in ogni dettaglio o andrò a comprare presto quello di Autocult?”

Insomma; “Dalla vetrina in cui verrà collocato, questo mio lavoro potrà trasmettermi qualche cosa della storia della Monteverdi?”

Le domande con cui si conclude la prima parte di questo racconto, sono ovviamente retoriche… perché ho ripreso in mano il modello, con taglierino e aerografo a disposizione, per ricominciare l’elaborazione, partendo dal piano posteriore, la parte realizzata più “approssimativamente” (per usare un eufemismo).

Dal confronto con la prima “bozza” in alto (foto sotto a sinistra), si vede che allungando il cofano posteriore e rimpicciolendo le dimensioni della capote, il modello, in basso, ormai è fedele nella linea ma non nel colore.

Trattandosi di un esemplare unico non si può derogare.

Nonostante questo, il feeling col modello vero non aumentava, anzi addirittura diminuiva!

Tra l’altro il colore rosso metallizzato mi piaceva sempre più e la storia della Monteverdi meritava qualcosa di più rappresentativo: qualcosa che richiamasse i primi grandi entusiasmi…

A questo punto non rimaneva che armarsi di coraggio e proseguire nell’elaborazione, andando a ritroso nel tempo fino a trovare ciò che mi intrigava!

Una vettura dallo stile tipicamente inglese per gli interni, con abbondanti modanature in radica, e una linea fortemente caratterizzata, indiscutibilmente (!?) Frua: la 375 C Hi Speed costruita in 6 (?) esemplari e dotata a richiesta dei cerchi in lega.

A mio parere la vettura più gradevole tra tutte le Monteverdi: l’unica non ancora riprodotta in 1/43!

L’impegno per la nuova elaborazione è tutto rivolto al muso e agli interni.

Cofano motore più inclinato verso il basso e leggermente allungato; due soli fari con un invito dal taglio assolutamente caratteristico, una mascherina nuova a tutta larghezza e dei lussuosi interni con nuovo cruscotto, nuova piattaforma intorno al cambio e legno dappertutto. (foto 20, 21, 22)

 Volutamente ho lasciato che il modellino conservasse l’aspetto che ho definito “giocattoloso”, senza indulgere in fotoincisioni per volante, tergicristalli e ruote a raggi; ho lasciato perfino il grande specchietto retrovisore esterno, a memoria del coupè Dinky da cui deriva… ed ovviamente ho lasciato anche tutte le parti apribili, ritoccando solo le portiere, i due cofani e i deflettori (ora dotati di vetro).

Le caratteristiche linee ricordano molto la mano di Frua, all’epoca molto gettonato ed autore di vettura altrettanto belle e spesso elitarie, oltre alla bellissima Maserati Quattroporte.

Tutte vetture ovviamente in collezione, come l’AC Cobra (29 spider – modello Neo) Maserati Mistral (125 spider – modello Ixo, di cui poche equipaggiate con Hard Top – modello Maserati Collection elaborato) a far da contorno all’ultima arrivata.

Ecco! Ora sento che il modellino mi dice qualche cosa!

Mi racconta degli entusiami degli inizi dell’attività  di Peter Monteverdi, della esclusività della sua produzione (tanto che di questo spider c’è controversia sul numero dei modelli prodotti: 6 secondo alcuni, solo 2 secondo altri, di cui uno sarebbe diventato lo spider Palm Beach…di cui sopra), della collaborazione con Frua (…e delle vicende legali connesse, tanto che non è chiaro se questo spider sia dovuto alla sola matita di Frua o non sia una rivisitazione di Monteverdi in persona), della vitalità industriale di quegli anni e della eleganza delle Supercar di una certa epoca…

OK elaborazione finita, modellino in vetrina!

2 pensieri riguardo “Ho scoperto la Monteverdi

  1. Bella storia! Un lavoro “d’altri tempi”, di quelli che si vedevano su Quattroruotine prima dell’ avvento degli speciali, quando, se volevamo andare oltre i modelli industriali, dovevamo limare e sudare!

    "Mi piace"

  2. Monteverdi aveva anche una ricca collezione di automodelli, se ricordo bene più di 10000 pezzi, che erano esposti mi pare nel museo dalle parti di Basilea, ma che è stata dispersa dagli eredi.

    "Mi piace"

Lascia un commento