Se i Solido si sono prestati nel tempo a chissà quante elaborazioni (e lo vediamo ancora oggi trovandone a decine un po’ ovunque) anche un marchio come Norev fornì per almeno tre decenni materiale decoroso per trasformazioni più o meno spinte. Del resto la produzione Norev 1:43 era estremamente varia e il marchio era parecchio più prolifico rispetto a una Solido ma anche rispetto a una Dinky France. I modelli, in plastica, costavano poco e si trovavano facilmente. Non è un caso se Simonet commissionò a Raymond Daffaure tutta una serie di elaborazioni su base Norev, vendute nel negozio Manou di Le Mans.
La R8 Gordini 1300 di questo articolo non vanta sì nobili origini (anzi, l’autore è del tutto anonimo) ma testimonia bene la temperie di quel periodo: partendo dalla configurazione stradale, il modellista ricavò una versione del monomarca Gordini 1969, la vettura di Richard Chevaux.
Il 1969 fu uno degli anni di maggior popolarità per il campionato, con ben 238 piloti presentatisi alle selezioni di inizio stagione. Del resto la serie era un bel trampolino di lancio per la carriera di un giovane: già alcuni piloti passati dalla Coupe avevano intrapreso un percorso sportivo di tutto rispetto, assistiti da Alpine in diverse discipline: Jean-Pierre Jabouille, Jean-Claude Andruet, Jean-Luc Thérier, Christian Ethuin, Alain Serpaggi e Denis Dayan avevano mosso i primi passi nella coppa R8 per poi passare con successo a categorie più impegnative.
Il vincitore del campionato 1969 fu Bernard Lagier, mentre Michel Leclère si aggiudicò il trofeo “Premier Pas Dunlop”. Fra i partecipanti dell’edizione 1969 destinati a fare strada possiamo citare, oltre a Leclère, gente come De Chaunac, Cudini, Laffeach, Guittény e Nourry.



Torniamo al modello: le R8 avevano spesso decorazioni a più colori, a volte piuttosto belle e fantasiose. E’ il caso della versione prescelta per questa elaborazione, col bianco e il rosso a integrare il caratteristico blu di base. Col numero di gara 8 partecipò al campionato 1969 Richard Chevaux e curiosamente la sua vettura è stata riprodotta abbastanza recentemente in alcune uscite da edicola.
Il modello Norev non è stato modificato che per la decorazione: i numeri e i vari loghi sono ricavati in parte da foglietti di decals che si trovavano in giro, in parte con altre calcomanie ritagliate. La targa è rimasta quella di origine, mentre i cerchi sono stati verniciati in rosso. Tutta la colorazione della carrozzeria è stata realizzata a pennello, con un’ottima precisione. Del resto all’epoca si poteva contare su poche altre risorse oltre all’abilità manuale. Erano tecniche che spesso si imparavano alla scuola del modellismo navale e militare: se sapevi tirar su un veliero in legno o un peschereccio o se riuscivi a montare decentemente un carro armato in grande scala, potevi essere relativamente sicuro di affrontare senza grossi inconvenienti un’elaborazione su base Solido o Norev oppure l’assemblaggio di un kit John Day.


Modellisti di quella generazione – quelli che erano adulti a inizi anni settanta – ormai sono quasi tutti passati a miglior vita. Io stesso ne ho conosciuto qualcuno: il nostro Alberto Sarti, ad esempio, poteva essere uno di loro. Da noi ne trovavi – non a caso – in località di mare come Livorno, Viareggio o Porto Santo Stefano, e di questi conservo qualche ricordo d’infanzia che un giorno vi racconterò.
