Sul collezionismo

testo di Riccardo Fontana / foto di David Tarallo

Finalmente, dopo avere finito… Ciò su cui lavoravamo – e che potrete toccare con mano e spero apprezzare a breve – possiamo tranquillamente tornare a tediarvi con argomenti frivoli e leggeri, quindi modelli e collezionismo.

Lo spunto parte dall’ultima borsa scambio di Novegro di domenica 3 settembre, e dalle considerazioni che sono scaturite dall’osservazione dei banchi e della merce esposta: potrei dire – visto che il pezzo su Novegro l’ho scritto io – che da solo me la canto e me la suono, ma tant’è, quindi sotto: se ripenso alle prime edizioni cui ho partecipato, parliamo quindi del 2000 o giù di lì, gli obsoleti “incontrati” a Novegro sono molto cambiati, con sempre meno Dinky Toys o Corgi – i veri cardini del “gioco” per parecchi decenni – ed un gran numero di altri modelli, un particolare Solido ma anche Mebetoys e Polistil in scala 1:25 di metà/fine anni ’70, che prendono sempre più piede man mano che passano gli anni.

I più attenti potrebbero agevolmente obiettare che i Solido sono un cardine del mondo degli obsoleti, ed è vero, lo sono stati ma per ragioni assai differenti rispetto a quelle per le quali lo sono oggi: negli anni ’70 ed all’inizio degli ’80 c’era la “Solidomania”, nel senso che la Solido era il marchio “principe” dell’1:43 un po’ come oggi lo è Spark (ma molto più in grande, essendo all’epoca il modellismo un fenomeno più di massa rispetto a quanto non lo sia oggi), quindi si tendeva a ricercare i primi Serie 100 o anche modelli più recenti ma fuori catalogo e, complice anche la mancanza di internet e di interconnessione, si tendeva a pagarli piccole fortune, “botte” da centinaia di migliaia di lire di inizio anni ’80 per la Jaguar Tipo D referenza 100 o per la Porsche 550 RS, o per la Ferrari 500 TRC.

Poi vennero le repliche, fatte da Verem o dalla stessa Solido, e i prezzi crollarono: le repliche in realtà fecero il loro, il resto lo fece una sempre maggiore interconnessione tra i collezionisti che, poco a poco, scoprirono che ciò che sembrava rarissimo in realtà non lo era (vedasi la Ferrari 512S gialla, esempio principe).

Ora, stiamo assistendo alla terza fase: i Solido tornano, ma per ragioni diverse, e cioè perché hanno finalmente l’età per essere considerati classici, per solleticare la fantasia di quei collezionisti tra i 50 ed i 60 anni che hanno fatto in tempo a giocare con gli ultimi Serie 100 e coi primi Serie 10.

Al contempo, il bacino di utenza di coloro che hanno giocato coi Dinky degli anni ’50 va sempre più riducendosi per l’inesorabile avanzare del tempo, e lo stesso dicasi per i primi Serie 100: i banchi a Novegro erano zeppi di Serie 10, non tanto di Abarth 1000 o Jaguar D, scarse come e più dei Dinky.

È lo stesso principio per il quale l’oggetto dei desideri della “massa” dei collezionisti di auto vere è passato dall’essere una Bugatti degli anni ’30 all’essere una Delta Integrale (ho i brividi nello scriverlo, davvero): troppo “lontana” nel tempo e costosa la Bugatti, e tanto più vicina ed “emozionante” (altri brividi, misti a scetticismo) la Delta.

Ed il suo stesso quotarsi troppo, ha portato alla ribalta altre auto, come Escort Coswort e Celica GT-Four, in piena ascesa tra le youngtimers.

È la vita, e i nostri cari automodelli non fanno eccezione: i Solido “recenti ma non troppo” costituiscono modelli abbastanza fedeli da essere molto apprezzabili, ma molto diffusi all’epoca e ancora molto economici da acquistare oggi, il che li rende molto appetibili in tempo di crisi.

Cresceranno di nuovo di valore? È probabile, anche se non credo cresceranno di molto, vista la grande mole di modelli perfetti ancora disponibili: la fase collezionistica degli anni ’80 ne ha preservati moltissimi da una brutta fine, il che è un bene per noi che li apprezziamo ed un male per gli speculatori.

Tutto evolve, questo è un cambiamento come un altro, e non è neanche tra i peggiori che stiamo vivendo. 

Anzi…

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