Walter Corsini, un artista da corsa

di Roberto d’Ilario. Foto copyright Roberto d’Ilario e Walter Corsini

Quando l’arte sposa la passione per i motori incontriamo il Prof. Walter Corsini, un autorevole esponente di una particolare forma di pittura che ha come soggetto le auto e tutto ciò che ruota intorno ad esse. Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo nel suo laboratorio in un tranquillo pomeriggio passato tra amarcord, cultura e innumerevoli libri di auto, da cui abbiamo tratto l’intervista che presentiamo.

Prof. Corsini, qualche cenno biografico?

Sono nato nel 1949 a Chieti dove mi sono diplomato perito meccanico per poi laurearmi in Biologia all’Aquila. Ho intrapreso l’insegnamento di Scienze Naturali e Scienze della Terra alle Scuole Superiori per poi andare in pensione qualche anno fa.

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Bene, ma oltre ad un insegnante Lei è anche un pittore. Cosa dipinge?

Ho preso il “virus” della pittura e dei motori sin da bambino, contagiato da mio padre pittore paesaggista e ritrattista ma anche appassionato di automobili. Mi portava a vedere le corse automobilistiche, Circuito di Pescara, Mille Miglia, Gran Criterium delle Vetturette, oltre a regalarmi continuamente automobiline di latta e modellini via via più costosi che, ad averli adesso, varrebbero un capitale. Le giornate intere a giocare con le macchinine, l’ispirazione di mio padre e, chissà, un qualcosa insito nel mio DNA, mi hanno spinto a riportare su carta le forme e le prospettive delle auto, seppur filtrate dagli occhi e dalla capacità di un bambino di 8 anni.

Alle Scuole Medie mi ritrovavo a disegnare sui quaderni durante le lezioni al punto che, partendo da un dettaglio come un fanale o una ruota, riuscivo a creare carrozzerie fantasiose ma perfettamente proporzionate, quindi con una tendenza al design puro. Quante prese in giro ho subìto dai miei compagni! La svolta avvenne quando uno dei miei nipoti, tra il serio ed il faceto, mi suggerì di passare dai “disegnini” ai quadri veri e propri. Lì è scattato il meccanismo che, dai primi tentativi su cartoncino nero, mi ha portato a realizzare opere su tela dove il soggetto principale è sempre l’automobile ma inserita in un contesto paesaggistico.

Quali auto preferisce rappresentare?

Quelle che ritengo abbiano fatto la storia dell’automobilismo, soprattutto sportivo, dal primo dopoguerra fino agli anni ’70, quando ognuna aveva un suo stile e una sua forma particolare, con una predilezione per le italiane. Ovviamente non disdegno di rappresentare anche auto più recenti, ma che abbiano una personalità ben precisa.

Spesso le sue auto sono inserite nel contesto di una gara. Quali?

Le classiche su strada, Le Mans, Targa Florio, Mille Miglia, Circuito di Pescara o i rallyes dove il paesaggio circostante è fondamentale perché mi permette inserire gli spettatori che rendono il quadro più vivo e vibrante. Mi preme trasmettere l’atmosfera della corsa, l’emozione ed il fascino che i bolidi suscitavano al loro passaggio tra due ali di folla, a diretto contatto con le persone.

Il mio intento è di trasmettere cosa rappresentava l’automobile, sublimata nell’attività sportiva, nell’Italia del dopoguerra, quando bastava il rombo del motore, una carrozzeria filante o un gesto del pilota per colpire l’immaginario della gente comune. Attingendo ai miei ricordi personali, cerco di fare emergere lo spaccato di un’epoca fatta di temerarietà e di pericolo, di semplicità e meraviglia, di profumo dei pomodori maturi e di olio di ricino dei motori.

Quindi l’elemento umano è fondamentale?

Certo, è fondamentale. Queste manifestazioni hanno fatto la storia per l’industria, per la tecnologia, hanno determinato il progresso e la trasformazione sociale. Non dimentichiamoci che in pochi anni si passò dall’asinello al trasporto a motore.

Quanto Abruzzo c’è nei suoi dipinti?

Molto, dalla Coppa Acerbo a Jarno Trulli. Appartengo a questa terra, le mie radici sono qui.

Lei è più conosciuto dentro o fuori dalla nostra Regione?

Sono molto conosciuto fuori, sono presente sui siti d’arte Europei, ho esposto soprattutto a Nord e all’estero durante le gare, così ho potuto conoscere persone provenienti da tutte le parti del mondo e posso annoverare persone importanti tra i miei clienti.

Quindi Lei trasferisce la passione su tela?

Assolutamente sì, è un connubio tra talento, passione e ispirazione. Chiamo la mia tecnica “Iperrealismo dinamico” perché ora non dipingo più auto statiche, voglio trasmettere l’idea del movimento, del dinamismo di una scena. Sono necessarie pazienza e applicazione, per finire un quadro impiego mesi lavorandoci tante ore ogni giorno.

Come si sente quando dipinge?

Realizzato, decisamente realizzato. La mia mente si isola dal resto del mondo, mi astraggo totalmente, è la mio valvola di sfogo, il mio modo di rilassarmi. Sono il pittore della notte, il mio momento magico in cui mi esprimo meglio, spazio e tempo non esistono più.

Visto che è l’emozione che la guida, possiamo definirla un inguaribile romantico?

Si, ma solo di una determinata epoca, gli anni ’50 e ’60 che ho vissuto davvero bene. Sono anni che non cambierei con nessun altro periodo, sono stato testimone del brevissimo benessere sociale e del decadimento attuale che accentua la nostalgia e i ricordi.

Come vede corse di oggi?

“Noiose, poco attraenti.”

Grazie, Prof. Corsini, alla prossima!

Abbiamo conosciuto una persona speciale, abbiamo sbirciato nelle pieghe della sua anima e abbiamo trovato le emozioni che guidano la sua mano nel comporre scene affascinanti e perfette. Se vi capita di incontrarlo alle mostre o al prossimo salone Auto e Moto d’Epoca di Bologna, fermatevi ad osservare la sua galleria: è come entrare nel paese dei balocchi!

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