testo e foto di Riccardo Fontana
Lavorare a Milano presenta moltissimi lati negativi – tra cui il lavorare a Milano – ma, tutto sommato, anche dei lati positivi, come ad esempio trovarsi a portata di mano Tiny Cars, il che vuol dire che nelle (copiose, almeno nel mio caso) giornate fioriere di rotture di coglioni avere la possibilità di scappare anche in pausa pranzo a vedere un po’ di modelli, che non sarà certamente un weekend sulle Alpi in Francia in moto con qualche bella figliola dietro ma, certamente, aiuta lo spirito.
Tiny Cars – posto che non ha certamente bisogno del mio apporto per rendersi conosciuto – è un qualcosa di particolare, dove convivono lo Spark e diecimila curiosità e stranezze di ogni tipo, tanto da non sapere mai cosa ci si possa trovare davanti, in una scala di valori che va dal Solido Serie 100 in un colore raro, al Brosol dimenticato in soffitta alla Porsche 908 Turbo di Porsche Story.
Ecco, il bello è esattamente il non avere mai vera compiutezza di ciò in cui ci si imbatterà, ma la quasi certezza di imbattersi in qualcosa di interessante, qualunque cosa sia.
Arriva continuamente roba di tutti i tipi, di più o meno pregio nominale, e sta alla sensibilità dell’appassionato – nonché alle sue proprie “vibrazioni” – scegliere su cosa concentrarsi.
È in questo contesto che, a volte, scatta il classico meccanismo della Madeleine di Proust, che non è necessariamente legato al modello di estremo pregio quanto, per sua stessa definizione, all’emotività che dalla visione e dal possesso del modello può scaturire.
Negli scorsi giorni, tra i mille lotti che arrivano continuamente tra le mani di Massimo ed Enrico, sono arrivate delle formalmente anonime Solido di inizio anni ’90, quelle con la scatoletta gialla della Serie Racing, una delle tante trovate dell’iper-confusionario corso intrapreso da Solido nel periodo: interesse per l’appassionato (soprattutto italiano) medio prossimo allo zero, salvo che non si parlasse di un trentenne che ha avuto in alcuni di quei modelli i suoi primi giocattoli, tra il 1995 ed il 1996, e dato anche il prezzo irrisorio decide – dopo averle notare sulla pagina Facebook del negozio – di andarsele a prendere in pausa pranzo, approfittandone anche per evitare di fare l’ennesimo menù con primo, secondo, terzo, quarto e quinto che lo sta lasciando un bue controvoglia.
Gli oggetti del desiderio, modelli normalissimi e di scarsissimo pregio anche se perfetti, sono la Renault 5 Maxi Turbo di Ragnotti vincitrice del Tour de Corse 1985, e la Clio Williams Gruppo N di Balesi del Tour de Corse 1993: la 5 Maxi Turbo mi venne regalata allo Jouteland di Porto Vecchio, in Corsica, nel maggio del 1995 (quindi al compimento dei miei tre anni) subito dopo l’Alpine A110 di Andruet e “Biche” del Monte ’73 (che è il mio primo Solido in assoluto), e la Clio – francamente non ricordo con l’esattezza che vorrei – credo che segua di un anno o al massimo due, e… Non è mai tornata dalla Corsica, andando perduta.
L’occasione quindi è stata ghiotta per riaffiancare ai modelli originali giocati ma ancora presenti (tranne la Clio) dei gemelli in condizioni perfette, cui strada facendo si è aggiunta anche una Fiat Dino 2000 Spider di Progetto K (perché sì, il sottoscritto a 5 o 6 anni giocava con le Progetto K), la cui “originale” di questa era arrivata in un uggioso sabato pomeriggio semi-invernale del 1998 al Magazzino Moderno di Voghera, per mano di mio padre.

Spesa totale forse 30€, ma resa emotiva come oggetti da 3000 non saprebbero, forse, dare.
Ed il punto è proprio quello: a meno di non essere… Essere, il modello in scala non va inteso come status, nel senso che l’ostentazione di uno status si fa comprando una Porsche o un Hamilton da 5000€, e non con un 1:43 di qualche vettura che magari neanche si conosce a dovere (eufemismo per dire che non la si conosce per nulla e che, sotto sotto, neanche ci si tiene a farlo), il modello va inteso come collettore di emozioni, che l’unica vera utilità che si possa ragionevolmente attribuire ad un oggetto altrimenti completamente inutile.

Se si riesce a ragionare in quest’ottica, si può godere allo stesso modo di un Solido di una serie recente, di uno Spark o di un Ruf da 1000€ montato da un dio del modellismo, senza trovarsi a combattere con dei tabù autoindotti.
Per quello, c’è già la vita di tutti i giorni.
