L’opera d’arte più veloce del pianeta

di Nicola Lettieri

Chi segue assiduamente le pagine di pitlaneitalia.com, avrà sicuramente notato che spesso e volentieri ci siamo soffermati ad analizzare le Art Car (specialmente Porsche) raccontandone la genesi e non tralasciando analisi e commenti anche relativamente ai corrispondenti modelli in scala.

Da qualche settimana, è disponibile per la vendita il modellino in scala 1/43 della Porsche 996 decorata (tra gli altri) da Cleto Munari, realizzato da Minichamps (codice 400061184) che ha fatto molto parlare di sé accendendo le solite diatribe da social.

Prima di analizzare il modello in scala, vediamo di raccontare un po’ la storia e la genesi di questa vettura e di raccontare, con l’occasione, la lunghissima carriera dell’artista goriziano (ma vicentino di adozione) Cleto Munari.

Munari nacque a Gorizia nel 1930 e in cinquant’anni di produzione artistica, riuscì a segnare la storia del design italiano, lavorando con tutti i più grandi progettisti ed artisti del ‘900, da Carlo Scarpa a Giò Ponti, passando per Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Hans Hollein, Arata Isozaki, Angelo Mangiarotti, solo per citarne alcuni.

Cleto Munari, Carlo Scarpa e Ettore Sottsass

Tutto ciò fa di Cleto Munari un personaggio unico: non c’è ambito che non abbia toccato con successo, argomento che non l’abbia affascinato e da cui abbia tratto oggetti strabilianti: mobili, gioielli, posate, tappeti, lampade, sculture, vasi, pelletteria, occhiali, orologi, automobili e poi ancora altri temi apparentemente più lontani, come letteratura, architettura, persino una distilleria da cui ha tratto una grappa di successo (la Grappa Forte).

Da sempre affascinato dalla “Bellezza” e dall’arte in genere (famosa la sua frase “la creazione della Bellezza richiede tempo, non può essere subordinata al denaro o alla fretta”), Munari dagli anni ‘70 iniziò la sua incredibile cavalcata nel mondo del design prima nazionale, poi internazionale, con una capacità imprenditoriale non comune e con un estro artistico sempre in anticipo sui tempi.

Nel 1971 alcuni suoi amici di Brescia che avevano acquisito un’azienda di peltro lo coinvolsero nella loro attività come consulente. Iniziò quindi a frequentare assiduamente Brescia e Milano interessandosi subito al mondo del design, conoscendo e frequentando Ettore Sottsass, Castiglioni, Caccia Dominioni, Vico Magistretti ed altri.

Dopo un anno lasciò l’azienda di peltro e fondò la Cleto Munari Forme Contemporanee, dedicandosi completamente alla creazione e sperimentazione di nuove forme ed oggetti.

Determinante per la sua straordinaria carriera artistica fu l’incontro alla fine del 1972 con Carlo Scarpa, uno tra i più importanti architetti italiani del ‘900.

Vicino di casa a Vicenza, Cleto Munari frequentò assiduamente lo studio del famoso architetto, affascinato dai progetti del maestro che diventavano sulla carta forme eleganti e perfette. Questa frequentazione portò Cleto Munari a scoprire la sua grande passione per il design, perno su cui poggerà, in futuro, tutto il suo lavoro creativo e produttivo.

Le posate Munari – Scarpa

All’architetto Carlo Scarpa Cleto Munari chiese di disegnare i primi oggetti in argento (posate, caraffe, vasi) che divennero le pietre miliari della famosa Collezione Argenti Cleto Munari alla quale negli anni successivi furono invitati a partecipare numerosissimi altri artisti. Molti di questi argenti divennero poi parte delle collezioni permanenti dei più importanti musei del mondo tra i quali il Metropolitan di NYC ed il MOMA. Collezione che nelle intenzioni di Cleto Munari doveva essere una raccolta di opere realizzate solo per lui e divenne invece mezzo di comunicazione della cultura nel mondo con molti appassionati estimatori che ne vollero condividere il piacere acquistandole. Basti pensare che le sue famose posate, realizzate sul finire degli anni ’70 e presentate all’Hotel Cipriani alla Giudecca in una splendida serata di gala, furono prenotate subito da molte personalità del jet set internazionale, incluso Umberto Agnelli, e oggi sono collezionate da ben 77 musei di arte moderna e contemporanea in tutto il mondo.

Nel 1980 si associò all’architetto, designer e fotografo italiano Ettore Sottsass: in quegli anni riuscì ad aprire studi a New York e a Hong Kong come Art Director per la produzione di molti oggetti di design di grandi architetti internazionali che conobbe di persona viaggiando in giro per il mondo e visitando i loro studi, come in una sorta di gavetta porta a porta.

Nel 1982 fu tra i primi a lanciare una collezione di gioielli (ispirati dalla moglie Valentina, di origini napoletane) disegnati da personaggi illustri, oggi parte anche della collezione permanente del Museo del Gioiello di Vicenza per la loro importanza storica, tra cui il bellissimo Libro Aperto, di Ettore Sottsass, o il Marylin, da lui disegnato e dedicato alla famosa attrice americana Marilyn Monroe, a forma di cassettino che nasconde un pavé di brillanti. Si trattava di gioielli grandi, inimmaginabili fino ad allora, con colori forti, con movimenti meccanici in oro, che subito diventarono ricercatissimi ed ambitissimi.

Nel 1987 nacque la collezione Orologi Cleto Munari realizzati in pochissimi esemplari in oro e diamanti e firmati da 4 architetti di quattro estrazioni culturali diverse: Ettore Sottsass per l’Italia, Hans Hollein per l’Europa, Michael Graves per gli Stati Uniti e Arata Isozaki per il Giappone. I pezzi fanno parte della collezione permanente del Metropolitan di New York.

Da ricordare, la collezione Penne Cleto Munari: 5 penne realizzate da 5 designers (una di Munari stesso) gemellate e firmate da cinque Nobel della Letteratura Tony Morrison, Saul Bellow, Wole Soyinka, José Saramago e Nagib Mahfouz. 

Ancora, la collezione Arredo i cui primi pezzi furono disegnati da Alessandro Mendini, a cui si aggiungeranno lavori di artisti come Mimmo Paladino, Luigi Mainolfi, Sandro Chia, e designers come Marcello Morandini, Mark Lee e lo stesso Munari. Il suo tavolo Palafitte, in omaggio a Venezia che vive e poggia su palafitte, è stato presentato come oggetto simbolo della Regione Veneto alla Biennale di Venezia 2012.

Del 2012 è la collezione Art Carpets, circa 30 modelli di tappeto realizzati completamente a mano in Turchia nel rispetto delle più antiche tradizioni manifatturiere.

Del 2013 è la realizzazione dei primi prototipi di oggetti in pelle con la realizzazione di borse dai colori e dalle forme dirompenti ed allegre, come sono carattere e stile di Munari.

Per quello che, invece, interessa noi petrolhead, vanno ricordati i suoi incontri con Enzo Ferrari, con il quale instaurerà una grande amicizia e per il quale disegnerà una reinterpretazione del famoso cavallino rampante, e con Ferruccio Lamborghini.

Ed eccoci finalmente alla realizzazione della Porsche 996, protagonista dell’articolo.

La vettura, una 996 Carrera mk1, originariamente di colore giallo, equipaggiata con il boxer 6 cilindri 3,4 litri da 300 cv, immatricolata nel 1998, fece la sua prima apparizione  nel film “Paparazzi” di Neri Parenti, utilizzata da Elenoire Casalegno (nel ruolo di se stessa) e dal suo fidanzato (interpretato da Paolo Conticini).

Fu poi affidata da Porsche Italia a Cleto Munari nel 1998, che decise di “fare l’opera d’arte più veloce del pianeta”, e fu presentata in prima mondiale al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo (Roma), nell’ambito della mostra La Figura delle Cose – Cleto Munari dal 13 ottobre 1999 al 6 gennaio 2000.

Munari, per realizzare la decorazione della 996 si rivolse anche ad altri quattro artisti, oltre se stesso, ognuno incaricato di decorare una parte della vettura: Munari il cofano motore, Alessandro Mendini la fiancata sinistra, Ettore Sottsass la fiancata destra, Mimmo Paladino il cofano anteriore, e l’architetto argentino César Pelli il tetto. Gli interni furono invece realizzati in una candida pelle di cervo.

La 996 di Cleto Munari venne esposta a varie fiere e convegni e nel 2016 fu messa all’asta da Porsche Italia al Porsche Festival di Misano ed i proventi della vendita furono devoluti alla Protezione civile per il sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto nel Centro Italia.

Fu aggiudicata da Alberto Tapparo e, verso la fine del 2020, rimessa in vendita (con 75mila km ed al prezzo di 37 mila euro).

La fantasiosa decorazione della Porsche di Cleto Munari

A tal riguardo, mi sia consentita una breve considerazione personale relativa ai commenti di alcuni utenti agli annunci di vendita della 996 Cleto Munari pubblicati all’epoca da Alberto Tapparo anche su alcuni gruppi social di Facebook: il festival dell’ignoranza!

Premesso che i gusti sono personali e che ognuno ha i suoi, ricordo perfettamente che leggere commenti denigratori, offensivi ed assolutamente privi di cognizione di causa, rivolti alla decorazione della vettura senza sapere né cosa si stava scrivendo e nemmeno di cosa si stava parlando, mi fece andare su tutte le furie. Non tanto, ripeto, per il fatto che la macchina non incontrasse i gusti dei commentatori (ci può stare, ci mancherebbe!) ma perché ero e sono convinto che il 90% dei “leoni da tastiera” di cui sopra, non avesse la minima idea di cosa rappresentasse quella, a loro dire, “orrenda ed insignificante Porsche 996”. Ma tant’è.

Munari con la “sua” Porsche 996

La Porsche fu, poi, acquistata dall’avvocato penalista modenese Christian Stove, che di recente ha pubblicato anche un libro (AutOpera) che in 86 pagine ed 80 foto racconta tutta la storia della vettura e degli artisti che hanno contribuito alla sua realizzazione e adesso fa bella mostra di sé ai vari raduni, convegni e mostre d’arte.

Il modello realizzato da Minichamps in scala 1/43 in serie limitata di 500 pezzi è ancora disponibile e venduto direttamente sul sito ufficiale www.minichamps.de al prezzo di €99,95 e, a prezzi “gonfiati”, anche altrove.

La presentazione del modellino è davvero molto bella, con la coloratissima confezione che riprende in ciascun lato le varie decorazioni della vettura e la basetta con la firma di Munari e le sigle identificative del modello.

Qui e nelle immagini successive, la Porsche di Munari riprodotta in 1:43 da Minichamps

La decorazione del modellino è realizzata in decals e tampografie, applicate con cura. Gli interni, semplici, riproducono fedelmente quelli in pelle di cervo della vettura reale. Soltanto sufficiente e sottotono la realizzazione dei vari particolari (tergi stile “Cararama” su tutti), che non si addicono ad una modello dal costo così alto.

Purtroppo non sono solo questi i difetti che affliggono questo modello. In primis va segnalata una inspiegabile svista nella realizzazione della decorazione della fiancata sinistra, dove i rettangoli neri della vettura reale sono stati riprodotti sul modellino di colore rosso e viceversa, falsando di conseguenza tutto l’insieme. Assurdo.

Va inoltre segnalata la “mandrakata” di Minichamps che invece di creare un nuovo stampo con la forma corretta della copertura dei fari, ha cercato di modificare la copertura del faro della 996 mk2 per farla assomigliare a quella della 996 mk1, riuscendoci solo in parte.

Infatti, l’andamento della copertura del faro della Porsche 996 mk1 (realizzata illo tempore da Schuco, mentre Minichamps aveva inizialmente realizzato soltanto le 996 mk2 Carrera e Targa) è leggermente diverso da quello del modello proposto dal produttore tedesco.

Insomma, considerato l’alto prezzo di vendita del modello, tutti questi difetti potrebbero risultare determinanti per indurre il collezionista a lasciarlo sugli scaffali dei venditori, ma se si è disposti a sorvolare, magari lasciandosi affascinare dalla storia appena narrata, la Porsche 996 Cleto Munari potrebbe nonostante tutto meritare un posto nelle nostre collezioni.

2 pensieri riguardo “L’opera d’arte più veloce del pianeta

  1. Buonasera, sono Cristian Stove, felice proprietario della 996 Cleto Munari. Ho letto e apprezzato l’ottimo articolo a firma Nicola Lettieri – con cui mi piacerebbe avere corrispondenza diretta – preciso profondo e meritatamente riconoscente a Cleto: persona davvero straordinaria. Se mi contattaste presso la pagina Instagram dell’auto sarei grato: “autopera_porsche996”

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