di Roberto D’Ilario
Chiarisco subito il punto di partenza del mio sproloquio: sono un motociclista di vecchia data, termine politicamente corretto per mascherare il fatto accertato che sono una cariatide. Sono passato dal cinquantino ai 4 in linea, dai V-4 al V-2 attuale con cui insisto a girare a dispetto delle ossa doloranti quindi il mio pensiero può a ragione essere considerato obsoleto. Vediamo. Guardandomi in giro mi assale un crescente malessere perché noto una sorta di mutazione che sta rendendo le nuove moto sempre più simili alle auto. Soffro di allucinazioni? Forse, comunque non mi drogo e sto aprendo un baratro da cui non si esce. Posto l’uomo al centro, per me la tecnologia è di due tipi: quella buona che aiuta a migliorare la qualità della vita, quella cattiva che trasforma l’uomo in un analfabeta funzionale. Ecco, è proprio la strada che stiamo percorrendo oggi in tutti i campi perché più demandiamo i compiti alla tecnologia (elettronica in questo caso) e più diventiamo ignari su quello che succede intorno a noi e incapaci di azioni manuali e concrete. Perdiamo il controllo e il gusto di fare, un po’ come quando inventarono le calcolatrici elettroniche che ci hanno sottratto la capacità di fare calcoli impossibili con la penna o a mente. Oppure le fotocamere che non insegnano più il rapporto tra diaframma, tempi di esposizione e sensibilità della pellicola (sensore) ma capiscono tutto da sole e a noi non resta altro che premere il bottoncino che la foto viene bella lo stesso ma non sappiamo il perché. Nel nostro ambito abbiamo una pletora di ausili elettronici che ci stiamo trasformando da protagonisti della guida in passivi fruitori di servizi. Ad esempio il cambio automatico: è comodo ma ci sottrae la gioia di assaporare la guida.

“…eeeh ma con le potenze di oggi il doppia frizione gestisce il motore meglio del manuale…”. Può essere ma io voglio la leva di ferro, voglio decidere io come e quando cambiare. Dicono che l’invadenza di tanta elettronica serva a rendere più sicura la guida. Forse. Ma così deleghiamo tutto ad un chip e noi perdiamo la capacità e il gusto di guidare bene, di prevedere, di valutare e di accumulare esperienza con l’aggravante di sentirci falsamente sicuri e protetti per poi schiantarci ugualmente. Le moto stanno prendendo la stessa piega, non in senso di curva però. Santo ABS che se l’avessero introdotto prima sarebbe stato meglio, ben venga il controllo di trazione che sul bagnato ci aiuta ad evitare di vederci la ruota posteriore che ci sorpassa, ma il resto? Radar/cambio semi-attivo/sospensioni adattative/angolo cieco/ sensori di corsia/schermi a colori ecc. ecc. ma servono davvero? Non voglio i colori, voglio le lancette.
“… eeeh ma la tecnologia va avanti…” Sì, ma chi sale su di una moto deve sapere quello che fa, deve minimizzare i rischi a prescindere dai controlli, deve pensare con la sua testa e non con quella di chip, deve godersi la guida, sentire le reazioni annusare l’aria e analizzare l’asfalto, deve imparare a cambiare quando è il momento, capire come e quando aprire la manetta, imparare a frenare il giusto. La moto è fisica pura, rapporto simbiotico, è l’emanazione di te stesso quindi meno intermediari ci sono meglio è, altrimenti vai in macchina. La moto è maschia (si può dire o è patriarcato?). Vogliamo parlare di pesi e dimensioni? Sembrano SUV. Dove sono finite leggerezza e agilità? Ho l’impressione che stiano diventando sempre più impersonali, piatte, monotone e per compensare tale tristezza gli stilisti s’inventano bizzarrie estetiche inqualificabili, guardare l’ultimo EICMA per credere. Dove sono finiti lo stile, l’armonia e il bello? I colori dominanti: nero, grigio, grigio chiaro, grigio scuro, grigio topo… che noia. Motori sempre più potenti e sempre più imbrigliati dalle le mappe. Poi magari sei costretto ai 30 Km/h che neanche riesci a tenere la prima… lasciamo perdere dai.
“…eeeh ma oggi l’utente esige tutte queste cose…”. È cambiato l’utente o stanno imponendo delle scelte obbligate? L’utente compra ciò che offre il mercato in quel preciso momento e i produttori, per giustificare prezzi alti, stanno sfornando oggetti scintillanti e inutilmente complicati che però generano uno stuolo di ignoranti. Ignoranti di tecnica e di vera passione per la guida. Sui Quattroruote o Motociclismo mi perdevo tra rapporti peso/potenza, valvole al sodio, doppi alberi a camme, quadro e superquadro, curve di coppia, frizioni anti-saltellamento e quant’altro. Sono cresciuto a pane e olio motore. Oggi vedo tante persone che comprano la moto senza passione e che vogliono ritrovare lì le stesse cose che hanno nelle auto. Vedo tanti giocattoloni che promettono di essere uguali alle auto per uomini rammolliti e comodosi, senza offesa per nessuno (si può dire o non è abbastanza inclusivo?). La moto è l’ultimo baluardo di libertà e divertimento. Penso con terrore al giorno in cui cavalcheremo motori ibridi o peggio e ci lasceremo guidare passivamente dall’Intelligenza Artificiale (parole blasfeme) quando invece vorrei un ritorno alla semplicità e purezza. Lo so sto delirando, sono confuso e ho tanti dubbi, mi attirerò una marea di critiche ma perdonatemi, sono un vecchio rimbambito farneticante e aspetto paziente il giorno in cui “il mercato” mi darà ragione. Forse mai.
