Il circo della Formula 1

testo di Riccardo Fontana, foto Getty Images / Red Bull Content Pool

Diciamolo chiaramente: la Formula 1 è quasi sempre stata un carrozzone molto più dedito al lato più sfrenatamente farsesco della politica e del gossip che non alla vera sportività, quindi a rigor di logica la querelle in onda in queste settimane – che spazia dal passaggio di Hamilton in Ferrari all’affaire Horner per finire con le accuse ad Helmut Marko – non dovrebbe sconvolgere nessuno: la storia come al solito insegna, o comunque dovrebbe farlo.

Già, ma c’è un filo conduttore in grado di collegare tutto l’immane casino che sta scuotendo la Formula 1 dalle fondamenta in questo avvio di 2024? Probabilmente si, e vale la pena – forse – di affrontare più compiutamente il tema, per fornire all’appassionato medio (e molti ce ne sono, nonostante la Formula 1 faccia veramente di tutto per rendersi sempre più invisa alle masse) una chiave di lettura utile a cercare di capire il domani della specialità.

Tutto nasce verso la metà della scorsa stagione in casa – manco a dirlo – dei bibitari della Red Bull: non si sa molto al riguardo, ciò che è certo è la comparsa di un astio crescente tra Helmut Marko e Christian Horner, con frecciate più o meno velate da ambo le parti, ed un clima tutt’altro che idilliaco che, mano a mano che le gare si susseguivano, montava inesorabilmente: indicativo, in questo senso, il riferirsi come “al Signor Horner” di Helmut Marko nei confronti del Team Principal della compagine di Milton Keynes, chiaro e limpido segno di insofferenza e sarcasmo.

Dunque? Dunque, tutto ciò, potrebbe essere nient’altro che una gigantesca macchinazione – più o meno incoraggiata dall’attuale gestione del carrozzone – per rimescolare le carte e rinfondere interesse verso una serie in caduta libera qual’è l’attuale Formula 1.

La guerra di potere in casa Red Bull è palese, lo è da mesi per gli spettatori e verosimilmente da molto di più per gli addetti ai lavori, ragion per cui sarebbe perfettamente verosimile ipotizzare l’ingaggio di Lewis Hamilton in Ferrari non tanto come un segnale – poco credibile peraltro – di sfiducia verso Charles Leclerc, quanto piuttosto come un fattore di incoraggiamento verso Adrian Newey per favorirne l’arrivo in rosso: proprio Newey, infatti, non si lascia mai sfuggire occasione di rimarcare come uno dei più grandi rimpianti della sua vita sia il non aver mai collaborato con Lewis Hamilton e, solo il subordine, il non essere mai stato al servizio del cavallino rampante.

Proprio in queste ore, infatti, la permanenza di Newey in Red Bull è sempre più precaria.

Toto Wolff da parte sua non vedrebbe l’ora di appropriarsi di Max Verstappen e di Helmut Marko (contento lui…) per riformare un dream team (ma più nightmare dream) austriaco a livello manageriale per tornare a dominare la scena, con ciliegina sulla torta quella che è la stella del momento, cioè Verstappen.

Chi ne uscirebbe con le ossa rotte è certamente la Red Bull, che si troverebbe con quella che attualmente è una delle compagini più dominanti di sempre completamente smontata, privata cioè di buona parte delle sue eccellenze.

Che il board Ferrari sia quindi stato assai lungimirante per una volta? Può essere, per ora la riuscita della creazione del team rosso perfetto è ancora troppo soggetta ai mal di pancia Red Bull, ma le premesse non sono negative di per loro.

Resterebbero, addentrandoci sempre più in questo scenario da fanta-mercato, delle caselle da riempire, a partire dal destino di Antonelli, che con Verstappen in Mercedes verrebbe quantomeno ridimensionato dal suo ruolo di predestinato alla grandezza assoluta, prendendo per certa una eventuale partenza di Russell verso altri lidi (Red Bull? Audi?).

Vedremo ciò che succederà, certo è che quando i maggiori motivi di interesse di una serie si riducono ad una querelle degna delle peggiori soap operas degli anni ’80, quella serie è morta.

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