Testo e foto di Riccardo Fontana
Le tematiche, come abbiamo già rimarcato più e più volte, sfuggono alle logiche del collezionista, che spesso viene per sua stessa natura attirato dalle stranezze o, per meglio dire, dalle esoticità tipiche di uno dei più grandi microuniversi che siano noti al genere umano: quello degli obsoleti.
Come vi avevamo anticipato, ecco la disanima dedicata alla Ferrari 312 T2 del sol levante, quel modello in scala 1:20 firmato Eidai Grip ritrovato al mercatino di San Donato Milanese di cui potete leggere qui: https://pitlaneitalia.com/2024/04/21/mercato-di-san-donato/.
Che dire di questa bella 312 T2? Innanzitutto, che si tratta di un modello abbastanza – per non dire molto – raro: gli Eidai Grip sono già abbastanza rari nella canonica scala 1:43, ma nelle loro versioni più grandi sono decisamente inconsueti, seppur estremamente diversi dagli omologhi modelli europei, ed assai probabilmente anche migliori sotto tutti i punti di vista.
La scala 1:20, seppur vicina a quanto prodotto sempre in tema monoposto dalla Polistil sia nella serie (abbastanza fumettesca) FX di inizio anni ’70 che in quella più tardiva di fine anni ’70-inizio anni ’80 (contraddistinta dalle ruote smontabili), è un fenomeno decisamente legato al Giappone, i cui produttori in quel periodo tendevano a sfornare una gran quantità di kit in questa scala abbastanza inconsueta, basti pensare alle F.1 Tamiya (che sono arrivate ai giorni nostri) o a certe produzioni Fujimi o Otaki, ed è per questo che le Formula 1 Eidai Grip in scala 1:20 potrebbero essere viste come un tentativo di produzione di montati “allineabili” ai kit montati: certo, un Eidai non è nemmeno paragonabile ad un Tamiya ben eseguito, ma è comunque decisamente bello e dettagliato rispetto ad un Polistil in scala media, e comunque gli anni ’70 erano più sani e semplici dei giorni nostri: se un Solido poteva e doveva convivere con un MRF, un Eidai poteva farlo con un Tamiya, e a nessuno sarebbe venuto in mente di storcere più di tanto il naso.
Il modello presenta ottime proporzioni e ruote molto belle (seppur larghe all’anteriore), con gomme ruvide ma morbide di estremo pregio e cerchi dal disegno assai fedele.
Anche la livrea ed i dettagli sono buoni, così come la solidità d’insieme, decisamente elevata: molto bella, in quest’ottica, la sospensione anteriore completamente in metallo brunito, completata da un bellissimo sterzo a cremagliera funzionante, che ricorda certe produzioni Schuco allora quasi contemporanee.
La scatola è un capitolo a sé, e probabilmente è l’elemento “più giapponese” del modello: un cartone chiuso, con l’immagine di Niki Lauda in volo al Nürburgring durante le qualifiche del GP, zeppo di scritte in giapponese, molto evocativa ed estremamente diversa da quanto si proponesse in Europa, che conteneva un termoformato in plastica trasparente che lasciava il modello sospeso e molto ben protetto da urti e danni da trasporto, in maniera veramente molto simile a quanto, più di vent’anni dopo, si sarebbe potuto vedere sui Tamiya Masterwork.
Gli Eidai Grip “grandi” non erano solo relativi a monoposto di F1 (che comprendevano tra le altre anche la Tyrrell P34, la Lotus 78, la McLaren M26 e la Brabham BT45 Alfa Romeo) ma anche a vetture GT o stradali, la cui scala in questo caso non era ferreamente vincolata all’1:20, ma poteva variare, secondo un’altra scuola di pensiero tipica dei produttori nipponici (clamorosi i Tomica Dandy, che variavano dall’1:36 all’1:50) e che anche la Burago avrebbe fatto sua per adattare i modelli alle dimensioni delle scatole: si ricordano una Dino Pininfarina (che tra l’altro era sullo stesso banco della T2, ed è visibile nelle foto) e una Lancia Stratos Gruppo 4, in scala 1:28.
Non ci resta che lasciarvi con la gallery, sperando che questo ennesimo scampolo di esoticità vi abbia allietato questa Festa della Liberazione.















