Diario di Le Mans, the hard way episodio 3

Devo dire che noi media siamo privilegiati. Hospitality, sale stampa, agevolazioni varie rendono le trasferte non dico facili ma almeno un minimo confortevoli. Da tempo immemorabile non affronto una gara nei panni dello spettatore, né penso che lo rifarò una volta che la mia vicenda professionale sarà conclusa. Però può essere istruttivo e interessante capire cosa sia una gara pesante come la 24 Ore di Le Mans sfidata da semplice visitatore. E se si tratta della prima volta, la cosa può essere ancora più intrigante. Lascio quindi spazio a una serie di scritti di Riccardo Fontana, che pubblicherà una sorta di Diario di Le Mans 2024, a perenne monito per chi vorrà tentare l’avventura… the hard way, come avrebbe detto Perry McCarthy. [David Tarallo]

testo e foto di Riccardo Fontana

12 giugno, è l’ultimo giorno prima della partenza, e le cose si fanno difficili: si preannunciano mille rotture di palle al lavoro, e c’è la riunione condominiale alla sera alle sei (noi siamo alternativi, la riunione la facciamo a giugno inoltrato con chiusura del bilancio a settembre).

In tutto ciò, devo ancora finire di preparare la borsa, onestamente non so neanche se ci stia tutto: lo spero, ma non ne ho la certezza.

Luca è messo peggio: prenderà un aereo da Praga a Linate alle dieci di sera, con arrivo a casa previsto all’una di notte.

Arriverà alle tre passate dopo svariati ritardi, fresco come una rosa e pronto a preparare la borsa e a partire alle sei del mattino: partiremo alle sette e mezza completamente brasati, con davanti qualcosa come 900 km di tappa.

Entriamo in autostrada per uscirne a Cesana Torinese: per mia ferma volontà l’autostrada va ridotta al minimo e limitata ai soli tratti italiani, da Clavière in poi faremo – teoricamente – solo delle routes nationales che, essendo molto più belle delle italiche autostrade, promettono di essere molto scorrevoli.

Durante il primo pezzo di autostrada faccio in tempo a mandare a quel paese tutta una serie di camionisti in sorpasso perpetuo: moderni emuli di Mansell e Senna in Spagna nel ’91, hanno veramente – e genuinamente – rotto le palle, stupide e pericolosissime barriere mobili sull’orlo degli 80 km/h che non sono altro.

Facciamo colazione da Cartier (Autogrill) pagando due caffè e due brioche onestissimi 11€, e facciamo in tempo a sconvolgerci per i costi illogici della tratta Torino-Cesana: davvero allucinanti, e per di più per la fruizione di un continuo cantiere, dove si procede incolonnati a 50 km/h.

Usciamo a Cesana, e ci saluta il Monte Chaberton con la sua testa piatta e le sue otto torrette (che non vediamo causa nuvole, che coprono la vetta come se fosse il Monte Olimpo) antica fortezza più alta d’Europa ed orgoglio italico (stesa in pochi giorni nel 1940 dai francesi a colpi di mortaio sparati dal fondovalle di Briançon).

Luca fa benzina, io la farò a Briançon, forte del fatto che la Balena blu sia molto più generosa a livello di serbatoi del suo Ténéré normale.

Pausa caffè (e per me benzina) a Briançon, sono circa le 10 del mattino, e ridendo e scherzando abbiamo già fatto 300 km.

C’è un bel sole, non fa freddo: il navigatore – chissà perché – evita di farci passare dall’Alpe d’Huez e dal Col du Lautaret ci fa svoltare a destra verso il Galibier, dove ci accoglie un panorama mozzafiato, con montagne deserte e molto ghiaccio vivo.

Luca si spaventa un po’ per i molti tornanti completamente esposti sul nulla, tipici delle strade alpine francesi, ma per il resto procediamo senza nessun problema.

Inizia a fare freddo, com’è inevitabile che sia data la quota.

Scollinati dopo la celebre galleria in vetta al Galibier, ci fermiamo in un paese poco più avanti a comporci un panino (con Orangina annessa) ad un Super U, ma non c’è troppo tempo per fermarci: mancano ancora 430 km all’arrivo di tappa a Nevers, e non è poco.

I due Ténéré fermi al Super U di Mâcon nel pomeriggio, coi numeri di Gazoline sulla sella del mio

Passiamo nelle vicinanze di Chambéry, e lambiamo da relativamente lontano Lione: ben presto però, la stanchezza inizia a farsi sentire, e la priorità diventa arrivare quanto prima all’hotel per riposare.

Pause ridotte al minimo dunque, limitate al rabbocco di benzina, e soprattutto con medie che iniziano a crescere furiosamente: in molti tratti iniziamo a rasentare i 150 km/h, poi i 170, infine i 190…

Più di una volta vedo delle cascine come di Citroën H, Simca P60 e Peugeot 203 in stato di semi-épave, e vorrei un casino fermarmi a guardare e fare delle foto, ma Giacomo Agostini là davanti (che detiene il navigatore) non pensa che a raggiungere Mike Hailwood, e non c’è verso nemmeno di rallentare…

Spero onestamente di non beccare degli autovelox, che oltralpe sono molto meno segnalati che nel belpaese, ma a questo punto neanche ci penso più, preferendo concentrarmi sulla mia conservazione in vita: quest’andatura non mi rende affatto felice, ma non ci posso fare nulla…

Passiamo vicini a Mâcon ed a Cluny, dove c’è il monastero da cui partirono le prime Crociate, ma ovviamente sono solo cartelli letti di sfuggita.

Arriviamo a Nevers alle otto di sera presso il locale Hotel Ibis, posizionato sul ponte sulla Loira che conduce alla città, e ci avviamo a cena.

Dopocena svengo vestito, senza nemmeno lavarmi i denti: domani mattina, domani mattina qualunque cosa, non c’è voglia per nient’altro che per scendere a rapidi patti con Morfeo.

Una opinione su "Diario di Le Mans, the hard way episodio 3"

  1. Sto apprezzando molto questo romanzo d’appendice d’un viaggio appassionato e appassionante nel suo spartano spirito d’avventura. Attendo con trepidazione le prossime puntate sperando che durino ancora per tutto il mese di luglio.

    Giovanni

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