Forse nessun’altra auto da competizione ha suggestionato gli appassionati come la Porsche 917/20 di Le Mans 1971, il maialino rosa. Non è il caso di ripercorrere le vicende che portarono alla definizione di una carrozzeria dalle forme uniche e di una decorazione ancora più originale. Nel 2019, tra l’altro, in occasione del cinquantennale della 917, il Museo Porsche di Stoccarda tirò fuori una bella documentazione inedita sul Pink Pig, incluso un modello in scala. La foto che occhieggia in apertura fu scattata proprio al Museo Porsche nel giugno 2019.
Tutto questo “hype” come si direbbe oggi sulla livrea rosa a trattini rossi è tutto sommato abbastanza recente. Certo, la vettura divenne subito famosa e lo rimase per decenni ma si trattò comunque di uno di quei casi fortunati in cui la memoria si focalizza su un elemento per non staccarsene più. Seppur con qualche eccezione – posso ricordare qualche improbabile 356 decorata in quel modo – era terminata lì, almeno fino a quando la Porsche non decise di riprendere la livrea su una delle 911 RSR ufficiali schierate alla 24 Ore di Le Mans 2018.

Allora lì si scatenò l’inferno. Gli appassionati che già conoscevano la storia del maialino rosa non si tennero più ed esaurirono nel giro di qualche ora lo stock di magliette in vendita al punto Porsche del villaggio. Quelli che fino a quel momento vivevano nella più beata ignoranza li imitarono pensando che tutto sommato indossare quella ridicola t-shirt facesse figo.
In questo pezzetto mi limiterò a qualche appunto modellistico, raccontandovi i “miei” maialini rosa. Un percorso attraverso una vicenda di collezionista che potrebbe trovare chissà quanti paralleli nelle vite di ognuno di voi lettori. Iniziamo con una serie di flashback anche un po’ casuali.

Flashback n.1: 1981. Una vita fa. A undici anni della Pink Pig non sapevo praticamente nulla ma vivevo bene uguale. Sapevo però abbastanza della 917 in generale, tanto da chiedere a mariocarafa1. Un bel giorno di fine 1981, mariocarafa tornò da una borsa di Milano con il kit Minichamps-Danhausen, praticamente la copia dell’AMR che era uscito solo montato qualche anno prima (altra cosa che bellamente ignoravo). Ricordo ancora i momenti di eccitazione nell’aprire la scatola, passando lo sguardo sui non molti pezzi in metallo bianco, sulle decals, sulle ruote… in plastica (ma allora non si faceva caso a questi particolari; del resto anche oggi gli Spark hanno le ruote in plastica, di cosa stiamo parlando…). “Il colore – mi avvertì mariocarafa – è particolare, passa una volta in laboratorio che te lo faccio”.

Così ci andai un pomeriggio e tornai a casa con un barattolino di rosa salmoneggiante, frutto della mescolanza del rosso e del bianco Humbrol, che avrei usato per l’aeropenna Devilbiss comprata da Dreoni uno o due anni prima. Non mi venne male il modello, anzi. Per un ragazzino di 10-11 si trattava di un risultato ampiamente accettabile, tanto che la 917/20 Minichamps venne esposta in alcune occasioni, come la tradizionale mostra di Dreoni di fine 1982 e la mostra organizzata al concessionario Alfa Romeo SCAR Autostrada a Firenze nella primavera del 1983. Il modello è tutt’ora esistente e riposa tranquillo nella sua scatolina originale.
Flashback n.2: primi anni 2000. All’epoca Minichamps tirava fuori eccellenti diecast a prezzi ancora abbordabili, presentati in modo accattivante e originale. Parlo soprattutto delle edizioni speciali in quei grossi cofanetti in cartone. Da Luciano Rocchi in Via Vittorio Emanuele a Firenze avevo preso ancora ai tempi dell’università la Mercedes 190 di Andora, quella pilotata da Ellen Lohr nel DTM, e dallo stesso Rocchi arrivò un giorno la 917/20 Pink Pig. La portai a casa tutto orgoglioso. Parecchio tempo dopo mi accorsi che sul mio modello una delle due piccole decals coi nomi dei piloti in nero era mal messa, storta e un po’ attorcigliata. La rovinai definitivamente cercando di staccarla per riposizionarla. Non mi restò altra scelta che inviare una mail a Danhausen, chiedendo una decal sostitutiva. Oggi la considerereste pura fantascienza ma non solo mi risposero dopo un giorno, ma nel giro di una settimana mi arrivò una bella busta con la decal… in 1:18! Riscrissi spiegando il mio errore (non avevo effettivamente mai accennato alla scala e per deformazione professionale avevo dato per scontato che avessero capito che avevo bisogno del foglio per l’1:43). Dopo un’altra settimana, seconda busta con la decal giusta. Grande attenzione per l’ultimo dei collezionisti, davvero tanto di cappello, ecco perché tutto sommato Lang mi è sempre stato abbastanza simpatico.
Flashback n.3, 2006. Viaggio in treno Firenze-Faenza, Faenza-Firenze con partenza dalla stazione di San Marco Vecchio. Percorso suggestivo della Faentina, prima nella campagna mugellana, poi verso la Romagna per ritirare l’AMR che Umberto Cattani aveva deciso di vendermi. Data la mia passione per i modelli AMR, nella raccolta non poteva mancare il mitico maialino fatto per Grelley. Era perfetto, quel modello, ma una minuscola parte di decal rossa del tetto era mancante.

Si rese quindi necessaria una delicata… operazione per staccare un lembo di decal simile dalla parte interna della coda (dove nessuno avrebbe notato la piccola mancanza) per riapplicarla completando la decal del tetto.

Riuscì tutto alla perfezione ma il modello venne rivenduto qualche anno più tardi, anche perché puntando alla completa originalità, avevo deciso di disfarmi di quell’esemplare privo delle coperture delle trombette di aspirazione e del relativo foglietto d’istruzioni.
Flashback n.4, 2017. Trovato un kit Starter della 917/20, decisi di farlo montare a Jürgen Renardy, con l’aggiunta di quanti più dettagli possibile, senza comunque snaturare il kit di partenza.


Il risultato fu davvero ottimo e il modello, montato su una base di legno fabbricata da Denis Carrara, fa la sua porca figura (è proprio il caso di dirlo). Lo fotografai accanto a una boccetta di ketch-up e inviai l’immagine a Renardy. Quella foto non la trovo più ma ne ho rifatta una simile per il nuovo AMR, vedi sotto.
Flashback n.5, 2018. Le Mans 2018. La febbre del Pink Pig circola nel paddock. Avevo già avuto il mio bravo Spark e lo avevo già rivenduto. Ma non riuscii a cedere alla tentazione di riprenderne un altro a ricordo dell’edizione in cui la livrea Pink Pig era tornata a calcare le piste – e che piste. Quello è uno dei pochi Spark che ho deciso di conservare.


Flashback n.6, 2024. E’ il cerchio che si chiude. Da Asad Khan, simpatico e famosissimo collezionista e commerciante olandese, trovo un’altra 917/20 Pink Pig, stavolta in condizioni eccezionali.
La copertura per le trombette di aspirazione è ancora conservata a parte, nel suo bravo sacchettino trasparente, e il foglietto delle istruzioni su come montarle a modino è ripiegato nella scatola. Sono particolari che fanno la differenza fra “un ottimo modello” e un esemplare eccezionale.
Chissà se questo frammentario percorso rispecchia almeno parzialmente una ricerca del modello definitivo. Probabilmente no. E fondendoli tutti insieme – il maialino di AMR, quello di Starter montato da Renardy e lo Spark – cosa si finirebbe per ottenere? Una perfetta sintesi di storia, tecnica e fedeltà oppure un’indigesta cotoletta transgenica?
- Non potete non sapere chi sia, ma nell’improbabile caso in cui proprio non lo conosciate, leggete qui: https://pitlaneitalia.com/2013/05/24/mariocarafa/ ↩︎
