Modelli del passato: Lola-ROC T298 Captain America Le Mans 1980

Le piccole Sport da 2 litri hanno per lungo tempo costituito l’ossatura della categoria prototipi nell’endurance e quindi anche nella 24 Ore di Le Mans. Per certi versi esse sono le antesignane delle varie LMP675 ed LMP2.

La loro presenza arrivò al 1982, anno limite per il vecchio regolamento di Gruppo 6, che era stato rinnovato nel 1976, sostituendo il Gruppo 5 Sport-Prototipi, numero che venne assegnato alla categoria Silhouette, che si poggiava su Turismo e GT specialmente omologate. Chevron, Lola, ma anche Cheetah, Osella, TOJ ed altre, davano vita ad avvincenti sfide nella sfida, con una combinazione fra tradizione dilettantistica e istanze moderne che oggi sarebbe difficile anche solo immaginare. Vetture spesso prestazionali, ma altrettanto spesso poco affidabili, alle quali i piloti tiravano il collo oltre ogni immaginazione e i poveri 4 cilindri in linea, magari derivati dalle unità di formula, facevano quello che potevano. Altri tempi, in cui neanche un cambio Hewland ti perdonava la minima distrazione e prima o poi te la faceva scontare.

Modellisticamente, la categoria Sport 2 litri anni ’70-primi anni ’80 non ha mai goduto di grande fortuna. Fra gli industriali possiamo apprezzare la buona volontà di Norev, con la Chevron B23 e la Lola T297, sulle quali gli elaboratori di mezzo mondo si buttarono a pesce facendo uscire cose più o meno valide (a proposito, speriamo di presentarvi presto alcune elaborazioni di Bruno Allinand su quelle basi). Solido aveva tirato fuori un paio di Alpine (quella blu di Serpaggi e quella del Mugello), che avevano suscitato anche l’interesse dei produttori di transkit, come abbiamo più volte ricordato su PLIT.

La Lola-ROC T298 coda lunga di Le Mans 1980, factory built di ESDO. Ho pensato che l’articolo scritto di recente da Michel Elkoubi per Autodiva sulla serie delle Lola 2 litri 1971-1981 potesse fare da sfondo ideale per un modello come questo

Il resto era demandato all’iniziativa degli artigiani, in primis la MRE di Michel Elkoubi (recentemente scomparso – a lui va di nuovo il nostro pensiero per quello che ha fatto in questo e in altri settori dell’artigianato e della tecnica), ma anche DM Modèles, la prima Mini Racing e ESDO, il marchio di Dominique Esparcieux, che in Italia non è molto noto.

L’adesivo applicato sul fondino che contraddistingue i factory built di Dominique Esparcieux; esso si ritrova anche su alcune scatole dei kit e sulle buste dei transkit e dei variokit

Esparcieux è uno dei tanti modellisti che si formarono a metà anni ’70 nell’orbita della Boutique Auto-Moto. Fin dal 1970 era entrato in amicizia con Gérard Dahinden, fondatore dei marchi Belle Epoque ed Epokit. I due collaborarono per alcuni anni; Esparcieux lavorò anche per la BAM fino al 1975 ma dal 1972 aveva creato un proprio marchio, ESDO, dalle iniziali del nome e cognome. Esparcieux abitava a Montrouge, nell’Ile-de-France. Dapprima organizzato in modo un po’ rudimentale in casa con gli ordinari attrezzi del modellista medio, aprì nel 1982 un laboratorio esterno a Bagneux, a qualche chilometro da Montrouge. I contatti si moltiplicavano e le idee anche. La produzione di kit e montati ESDO era (ed è tutt’oggi) parecchio eterogenea, e andava dai veicoli commerciali alle auto da competizione. Come prototipista, Esparcieux è stato sempre molto apprezzato, per l’occhio attento e la finezza delle esecuzioni.

La livrea che pubblicizzava il film-TV diretto da Ivan Nagy, andato in onda negli Stati Uniti nel gennaio 1979 col titolo di Captain America II e diffuso nei cinema francesi l’anno successivo semplicemente come Captain America (senza alcun numero ordinario, dato che il primo episodio non l’avevano mai importato!)

Dicevamo delle Sport 2 litri. ESDO ha pescato modelli che erano del tutto inediti, come la Lola T294 e una particolare versione della T298 vista a Le Mans nel 1980: si tratta della vettura a coda lunga, sponsorizzata dal film Captain America, che venne iscritta da Jean-Marie Lemerle e pilotata dallo stesso Lemerle con Max Cohen Olivar e Jean-Pierre Malcher. Un equipaggio quantomeno di esperienza, ma questo non servì a qualificare la vettura, che restò quindi fuori – peraltro in illustre compagnia (tanto per citare qualche altro escluso: Ferrari 512BB NART, Toyota Celica Dome Silhouette, Chevy Corvette IMSA Douglas Rowe, IBEC, De Cadenet…).

Il modello, scala 1:43, è interamente in resina e rispecchia del tutto i canoni costruttivi dello speciale francese anni ’80: pochi pezzi, diversi dettagli stampati già sulla carrozzeria, generale sobrietà ma anche precisione realizzativa

La Lola di Captain America, equipaggiata con una delle motorizzazioni classiche dell’epoca – il Simca-ROC – era un soggetto intrigante, con quella livrea così originale e quella coda lunga, affascinante quanto velleitaria promessa di velocità.

La coda lunga, riprodotta con essenziale semplicità. La meccanica s’intravede appena: è presente il cambio e un abbozzo del resto del gruppo motopropulsore

Della Lola di Lemerle venne realizzata a metà anni ’80 una serie montata, molto rara, diffusa anche in occasione borse di scambio francesi ma anche estere, come quella di Bruxelles, alle quali Esparcieux partecipava. Fra le edizioni della 24 Ore di Le Mans, quella del 1980 è una che nell’1:43 è praticamente completa ed ha beneficiato di un gran numero di riproduzioni, comprese le vetture non qualificate. In tempi recenti anche se non recentissimi ci ha pensato Bizarre a riprendere in mano questo soggetto e non è da escludere una prossima riedizione da parte di Spark, com’è già accaduto con alcuni altri modelli del marchio di Fernando Pinto. L’ESDO, però, conserva il fascino del passato, di un periodo in cui tutto era molto meno scontato ed enormemente più difficile da reperire.

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