I percorsi modellistici e quelli della memoria s’intrecciano. Raramente Spark rappresenta uno degli snodi di questi vagabondaggi della suggestione, ma a volte accade ed è forse lecito parlarne.
Fra le uscite più recenti del sempre chiacchierato marchio di Ripert, vi sono due modelli che non potevo ignorare: molto diversi fra loro, sono accomunati solo dall’essere delle riproduzioni di vetture turismo competizione.
La prima è una Toyota Celica in versione 24 Ore di Spa 1973, una delle ultime uscite della serie “storica”, che celebra i cent’anni della gara belga. L’altra è una BMW 318s Superturismo: non la prima che Spark fa uscire e non certo l’ultima. Anzi, ne sono annunciate almeno altre cinque ma senz’altro ripercorrere la storia delle E36 di classe D2 è una buona idea a diversi anni di distanza dalle Minichamps che – come ha già detto qualcuno in un commento sulla pagina Facebook di PLIT – si difendono ancora più che bene.
Due modelli, due ricordi o anche due stati d’animo. La Toyota, nella sua allegra livrea arancione e rossa, è la riproposizione in salsa da rosticceria cinese di banlieu marsigliese di una delle versioni del kit Solido. Piloti, Andersson e Kottulinsky, un ottimo equipaggio in una gara tremenda, funestata dagli incidenti mortali di Joisten, Dubos e Larini. La Celica numero 62 fu fatta anche da Scala43 una ventina di anni fa: un bel modello, che già evocava il kit Solido, montato dal sottoscritto nel 1980. Sulla base della sola foto a disposizione (quella sulla scatola), ritagliai una specie di spoiler anteriore in lamierino, molto rudimentale, incollato con la bicomponente Gloy, che tra l’altro puntualmente mi faceva venire una specie di allergia cutanea, con grande gioia dei miei. Il modello, abbastanza indegnamente, partecipò anche a una edizione della mostra di Dreoni a Firenze.
Quella combinazione cromatica un po’ improbabile aveva acceso la mia immaginazione e ancora oggi è così. Forse questo Spark è un modello da tenere, anche se la cromatura della parte esterna dei cerchi mi preoccupa oltremodo (auguri a chi si è messo in casa centinaia se non migliaia di questi modelli).


Salto di oltre vent’anni. Dai primi kit Solido verniciati con l’aeropenna Devilbiss con la bombola d’aria (non avevo compressore), al negozio Rossocorsa di Via Gordigiani a Firenze, che nell’autunno 1993 aveva nella vetrina interna una bella serie di BMW Superturismo della Gamma, montate. Se tutti stravedevano per il DTM, io mi ero appassionato al Superturismo. Meno truzzo, più credibile. Almeno così pensavo io. Di sicuro mi piaceva di più perché le auto erano ancora un minimo somiglianti a quelle di serie. Le DTM mi sembravano più che altro roba da circo.
Ci pensai per giorni senza decidermi (“ne prendo una, ne prendo due, o magari no?”) e alla fine sparirono. Costavano sulle 130.000 lire l’una, non poco ma neanche uno sproposito. Erano montate davvero bene, non ricordo da chi. Probabilmente finì per accaparrarsele tutte il leggendario Salerni, le cui gesta racconterò in altra sede. Del resto i pupazzoni non li hanno certo inventati ora, c’erano anche negli anni ’90; solo che all’epoca non esistevano i social e una volta che ti eri chiuso alle spalle la porta del negozio dell’incredibile architetto Stralanchi, non dovevi sorbirti il circo dei casi psichiatrici su Facebook. Certa gente, Tron l’avrebbe cacciata da Milano43 a pedate nel culo.
Alla TV, proprio in quei giorni, Telemontecarlo passò le dirette delle due manche della finale mondiale a Monza. Dal 1993 al 1995, infatti si disputò a fine stagione una gara che dava un titolo iridato, cui partecipavano i migliori di ciascuna serie nazionale, ed erano tanti: all’epoca il Superturismo era all’apice della gloria, con team e piloti di altissimo livello praticamente ovunque, in Europa come in altri continenti.
Il modello Spark non è del 1993 ma è dell’anno successivo, quando la finale si corse a Donington Park. La vettura è quella preparata da Schnitzer per Shaun van der Linde. Risultati e cronache a parte (qui non hanno molta importanza), quella livrea con gli scacchi tipici della BMW Motorsport era ormai diventata familiare sui circuiti di tutto il mondo.
Continuo a considerare certi Spark non tanto come riproduzioni “definitive” da inserire in collezione, ma come strambe e occhieggianti citazioni di un lontano passato, le cui radici vanno cercate altrove.
Posso conservare anche queste Superturismo di Spark, tanto più che i cerchi sembrano “inerti” e i montanti laterali sono riprodotti decentemente con una fotoincisione e non con uno di quegli orrendi plotteraggi piatti e traslucidi che deturpano altri modelli simili, come la BMW M3 o la 635CSi Gruppo A.


Più in alto ho parlato di rosticceria cinese, ma era una metafora per definire un modo di procedere, una mentalità e ovviamente una linea commerciale e produttiva ben determinata. A essere pignoli, questi due modelli sono fatti in Madagascar, e la differenza, rispetto agli Spark cinesi, continua a vedersi.

Nota personale, non modellistica: ricordo la FIA World Cup del 1993 vissuta dal vivo; un serpentone di 43 (e il modellismo rientra dalla finestra!) auto che transitano per la prima variante di allora è uno spettacolo indimenticabile!
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