testo e foto di Claudio Govoni
Nota: il presente articolo è stato redatto sulla base di informazioni frammentarie reperite in rete e raccolte attraverso testimonianze di appassionati. Non mi è stato possibile reperire materiale o cataloghi ufficiali, chiedo anticipatamente scusa per ogni errore e imprecisione.
Tutto comincia, credo, nel 1982 o nei primi mesi del 1983.
Non andavo ancora a scuola, ma ero già appassionatissimo, come del resto molti bambini, di dinosauri & macchine movimento terra e nonostante non sapessi ancora leggere, riuscivo perfettamente a riconoscere sia un dilofosauro che il marchio CAT.
Quella sera mio padre, che era consulente fiscale per varie cooperative di servizi e produzione lavoro, tornò a casa portando con sé un misterioso pacchetto azzurro e bianco, sul retro del quale, nonostante lo tenesse seminascosto, riconobbi senza esitazioni la foto di un escavatore Caterpillar.
Quando finalmente me lo diede in mano, impazzii dalla gioia.
Era esattamente quello che sembrava: un modellino di escavatore caterpillar, bello, ben fatto, non un giocattolo da “bimbi piccoli” (perché si sa che ogni bambino in cuor suo si sente già grande a partire almeno dai tre anni) e soprattutto non eccessivamente grosso, che per qualche strano motivo ho sempre avuto una certa allergia alle scale grandi.
L’aveva avuto da un rappresentante Caterpillar che faceva visita alle cooperative edilizie, ma su questo torneremo in seguito.
Negli anni successivi si aggiunsero altri tre modelli, che scoprii, molti anni dopo, facevano parte di una serie di 12 che ho recentemente completato.
Erano prodotti dal marchio spagnolo Joal, della cui storia, francamente, a 5 o 6 anni mi importava poco, ma che scoprii in seguito essere interessante.
Torniamo ora un attimo indietro.
Tutto inizia nel 1949, in piena era franchista, a Ibi, in provincia di Alicante, quando due operai della fabbrica Payá di Ibi, Josè Boronat Bernabeu e Alejandro Beltrá Sanchis, decisero di mettersi in proprio costruendosi una macchina per lo stampaggio dello zamak.

La prima stampatrice zamak di Joal
Inizialmente si dedicarono a una produzione ibrida di minuteria metallica e giocattoli tradizionali, un po’ come fece in Italia Mercury, sfornando, accanto ai bulloni, pistolette, bilancine, fuciletti, piccoli ferri da stiro, aeroplanini e vari altri giocattoli in voga negli anni ‘50.
Era nata la JOAL (JOse & ALejandro).
Contrariamente all’azienda torinese, che per questo ebbe per molto tempo problemi nell’evadere tempestivamente gli ordini, JOAL decise abbastanza presto di concentrare la sua produzione sui giocattoli.

Una selezione dei primi giocattoli Joal
Negli anni ‘60 iniziò ad affiancare ai balocchi tradizionali una serie di automodelli in scala 1/43 e superiori, in buona compagnia di altre aziende come Pilen, Guisval, Nacoral, Mira, Guiloy e altre, spesso con sede nella stessa zona di Ibi, che in quegli anni divenne nota come “la valle del giocattolo”.
La nascita di così tante aziende produttrici di giocattoli e automobiline in scala fu anche favorita dalle leggi protezionistiche in vigore all’epoca: in Spagna era vietato importare giocattoli dall’estero.
Le aziende spagnole, tuttavia, pur investendo sulle linee produttive, non sempre affiancarono una parallela attività di disegno e prototipazione: aggirarono infatti il limite di importazione facendo accordi con altre realtà estere del settore, sia inglesi che italiane e francesi, per importare gli stampi.
Vennero così prodotti in Spagna cloni perfetti di Dinky, Politoys, Solido e altri.
Veniva sostituito il fondino con uno recante il logo della ditta spagnola che effettuava materialmente la stampa e talvolta le ruote e altri particolari in plastica.
Non era raro che anche le colorazioni fossero differenti rispetto a quelle originarie, talvolta abbastanza fantasiose, creando delle varianti che possono essere più rare degli originali.

La Jaguar E, il primo automodello Joal


Giulia SS. Se qualcuno dice “Politoys”, non si sbaglia. E’ un clone perfetto del modello italiano
Nel 1975 la fine del regime franchista fece cadere molte limitazioni, “sgessando” l’economia spagnola e liberando gli spiriti animali di molti imprenditori.
Tra questi vi furono anche Bernabeu e Sancis, che videro l’occasione per creare nuovi prodotti e lanciare sul mercato non più solo domestico, ma internazionale, la loro Joal.
L’idea, vincente, fu abbandonare la produzione di automodelli clonati e iniziare a creare prodotti nuovi, stringendo un accordo con Caterpillar.
Anche altre aziende producevano modelli di macchine movimento terra, ma Joal fu probabilmente una delle prime, insieme alla tedesca NZG, a creare una linea completa, con quasi tutte le tipologie di veicoli e tutti della stessa casa produttrice (tranne una curiosa eccezione).
Inizialmente furono commercializzati in una scatola bianca con la bandiera spagnola e il logo Caterpillar, presto abbandonata in favore dell’iconica confezione bianca / azzurra / blu con una foto del modello ambientato sul retro.

La pala caricatrice Cat 955L con la scatolina prima maniera con bandiera spagnola

In questa foto si vede la scatola della serie “classica” in versione definitiva: bianca azzurra e blu col logo Joal in alto. Sul retro era riportata un’immagine ambientata del modello
L’investimento si rivelò fruttuoso: si inaugurò una nuova fabbrica da 12.000 metri quadri, con reparti di stampaggio, verniciatura, montaggio dei modelli, magazzino spedizioni, uffici moderni e programmi di welfare per i dipendenti, come i libri di scuola per i figli pagati dalle elementari all’università.
Gli anni del grande Real, parafrasando la nota canzone degli 883, stavano divenendo anche gli anni della grande Joal.
I nuovi modelli Caterpillar erano in scala 1/50 – scala abbastanza caratteristica per il movimento terra – e in scala 1/70 per i modelli più grandi, come l’escavatore cat225, il bulldozer D10 o la gru posatubi basato sul telaio del D10. Unica eccezione, il muletto elevatore in scala 1/25.

Il muletto, l’unico modello in scala 1/25

L’escavatore CAT 225, uno dei due modelli più grossi della serie

L’altro gigante della collezione: il posatubi CAT 591
Tutti i modelli del periodo sono caratterizzati da un uso parco della plastica, impiegata più o meno solo per le coperture dei radiatori, i sedili e i cilindri dei pistoni idraulici.
Cingoli e pneumatici sono realizzati in gomma.
I modelli presentano tutti qualche parte mobile (oltre le ruote), da un minimo di una (lo snodo del rullo compressore) a un massimo di una decina (per la livellatrice cat 12G).
I dettagli non sono particolarmente abbondanti, tuttavia le linee dei vari mezzi sono riprodotte in maniera accurata e, soprattutto, la qualità costruttiva è piuttosto buona e la verniciatura, pur non essendo di spessore uniforme tra i vari esemplari, è alquanto resistente.

Due esemplari dello stesso modello (CAT 920).
E’ evidente come quello di destra sia verniciato in maniera più fine e regolare

Ancora una foto del cat 920. Fu l’unico modello in cui si preferì utilizzare pistoni in nylon anziché in metallo.
Una certa fragilità di questo particolare suggerì il ritorno al metallo
E’ evidente che pur essendo a tutti gli effetti modellini erano concepiti con lo stesso spirito dei giocattoli, ingegnerizzati per sopportare una quantità di abusi che ridurrebbe in polvere qualunque speciale; io, tra l’altro, non ero un bambino delicato, eppure i modelli che ho fin d’allora, nonostante ci abbia abbondantemente giocato, sono ancora in ottime condizioni.

Il fondino di un modellino. Si nota il buco del fermo a molla che lo fissava alla scatola di cartone (altri modelli utilizzavano delle fascette) e la vite che tiene insieme la parte superiore e inferiore del modello, caratteristica comune a quasi tutti
Furono accolti bene fin da subito proprio dal mercato collezionistico e il canale distributivo che trovarono, almeno in Italia, fu più quello dei negozi di modellismo che di giocattoli classici.
Oltre a questo, fin da subito furono distribuiti anche come promozionali attraverso i rappresentanti Caterpillar.
L’unica eccezione, a cui ho accennato qualche paragrafo fa, fu il rullo compressore che, per misteriose ragioni, riporta il logo “Joal” anzichè “Cat”.

Il misterioso rullo compressore con il logo Joal. Non mi è stato possibile risalire al perché della scelta

Bulldozer D10 e livellatrice 12G. La livellatrice è il modello strutturalmente più complesso della serie

Scraper 631D. Altro modello in scala 1/70 (il veicolo vero è mastodontico)

Sempre il CAT 631 questa volta in versione dumper. Così come col bulldozer D10/posatubi 591 anche qui si fece un po’ di economia con gli stampi, riutilizzandone una parte

Il bulldozer compattatore 825B

Il dumper da cava 773B. Ultimo modello della serie “classica”, uscì sul finire degli anni ‘80, quando joal stava per cambiare il packaging dei modelli ed è abbastanza raro trovarlo nella scatola bianca e blu con foto posteriore.
Dall’inizio degli anni ‘90 nel settore iniziò a intensificarsi la concorrenza di altre aziende, come la Norscot, che stavano comprimendo anche i costi iniziando a portare la produzione in oriente.
Joal in un primo momento continuò ad offrire i suoi modelli limitandosi ad aggiornare il packaging e a proporre delle confezioni regalo “combinate”, contenenti due o tre mezzi.
Successivamente ampliò la gamma dapprima ricavando ulteriori versioni dei mezzi Cat cercando di sfruttare il più possibile gli stampi già pronti e poi stipulando accordi anche con altre imprese come Volvo, JCB, Komatsu o Scania.
I modelli della nuova produzione, che comprendevano anche i camion, erano sicuramente più dettagliati e meglio rifiniti, tuttavia il destino dell’azienda, che non ha mai voluto delocalizzare la produzione, era ormai segnato e la proprietà alzò bandiera bianca a fine 2015, ponendo fine a una storia durata oltre 65 anni.
Attualmente, i modelli Caterpillar della serie classica sono facilmente reperibili in perfette condizioni e a prezzi abbastanza ragionevoli e possono costituire una buona tematica, con un fascino da obsoleto da anni d’oro che strizza l’occhio già a un prodotto leggermente più sofisticato, a metà strada tra il giocattolo e il modello da esposizione.
Nota della redazione: su Joal si veda anche https://pitlaneitalia.com/2025/12/23/ancora-su-joal-cataloghi-e-documentazione/
