Ricordo di André Malherbe

di Riccardo Fontana

Oggi è un giorno triste, perché André Malherbe se n’è andato, e con lui un altro degli eroi del motocicli degli anni ’70 e ’80 ci lascia.
Nato a Huy, in Belgio, il 24 marzo del 1956, “Dedé”, o “Hollywood”, com’era soprannominato dagli appassionati per la tenuta da gara bianca che portava davvero come un divo del cinema, fa parte delle Leggende del Motocross: fu, in un’epoca in cui l’età media dei piloti era molto più alta di quanto non sia oggi, uno dei primi esempi di “baby fenomeno” di cui si abbia memoria, e quando nel biennio 1973-1974 sbaragliò totalmente il campo nel Grand Prix FIM 125, antesignano del Campionato del Mondo Motocross classe 125, nel suo Belgio era già molto noto.
Fu in questa sua avventura uno degli alfieri di Frau Doktor Elizabeth Mann, appassionatissima direttrice del reparto corse della Zündapp, un’entità mitologica che stava al fuoristrada in genere come la Ferrari alle corse automobilistiche.
Qualche intemperanza giovanile ne frenò i risultati nei due anni successivi, ma nel 1977 tornò più forte che mai, e con un KTM 250 pressoché di serie finì terzo nel Mondiale 250, dietro i suoi due compagni di squadra russi Moiseev e Kavinov, che disponevano di mezzi completamente ufficiali.

Un André Malherbe diciottenne, vincitore del Grand Prix FIM 125 nel 1974, su Zündapp

Nel 1978 passò alla 500 sempre con KTM, per poi trasferirsi in Honda a partire dalla stagione successiva: vinse per tre volte il Campionato del Mondo con le Honda ufficiali degli anni ’80, le moto più aliene della storia del cross, nel 1980, 1981 e 1984, e per altre tre volte si classificò secondo di misura a fine anno.
Fu in quegli anni che nacque “Hollywood”: fisico asciutto e potente (d’altronde, la Classe 500 due tempi era un qualcosa di alquanto tignoso…), abbigliamento bianco attillato per mettere in risalto gli sponsor, stile composto, educato come un nobile, solito presentarsi sui tracciati del Mondiale guidando a rotazione una delle sue Ferrari, una Testarossa e una Dino 246.

1977, classe 250

A fine 1986, ad appena trent’anni, decise di passare all’automobilismo: ebbe qualche buon risultato in Formula 3, ma forse per l’età non più adatta ad un debuttante, o forse per un irresistibile richiamo, si sarebbe presentato al via della Parigi-Dakar del 1988, con il team Sonauto Yamaha di Jean Claude Olivier.
Vinse una tappa, navigava in buona posizione, ma nella tappa da Bordj Omar Driss a Tamanrasset cadde su una piccola duna di sabbia alta meno di mezzo metro: l’incidente fu tutto sommato banale, ma Dedé cadde sulla testa.
Raccontò di aver sentito immediatamente una sensazione di freddo pervadergli tutto il corpo, e al contempo di aver smesso di sentire qualunque cosa dal collo in giù.
A peggiorare la situazione, fu portato malamente in una precaria stalla poco distante dal luogo dell’incidente, dove attese per molte ore l’arrivo dei soccorsi, senza disporre di un’adeguata assistenza medica.
Al ritorno in Francia il verdetto fu terribile: Hollywood non avrebbe mai più potuto camminare, né muovere le mani.
Cominciava una nuova vita per lui, che cercò di vivere nel migliore dei modi circondato dall’affetto della famiglia e di un amico molto speciale, Jean Claude Laquaye, anche lui ex-pilota, che lo ha assistito sino all’ultimo.
Sino ad oggi, appunto.
Adieu Dedé, nous ne t’oublierons jamais.

Foto Honda di fine stagione 1984, dal primo all’ultimo: André Malherbe, Eric Geboers, e David Thorpe

Nella foto di apertura, Malherbe al Trofeo delle Nazioni del 1980.

2 pensieri riguardo “Ricordo di André Malherbe

  1. André Malherbe non era un fenomeno all’americana tutto “get the Money/drink a bere”, parafrasando Ron Lechien, è stato uno dei più fulgidi esempi della scuola del vecchio continente.
    Un Signore, in tutto e per tutto.
    Vorrei dire che mi dispiace che sia morto, dirò invece che mi dispiace che un Uomo del genere abbia fatto la vita di merda che gli è toccata per quasi 35 anni senza morire sul colpo su quella stupida pista africana, e sono molto più sincero nel dire ciò.

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