Abarth 2000 SE010 “Quattro fari”: un confronto a tre

Testo e foto Riccardo Fontana / redazione David Tarallo

Pagine e pagine di forum sono state occupate per discutere della convivenza tra le tre macro-tipologie di modello che, ormai, occupano la totalità dell’offerta presente ai giorni nostri: gli speciali artigianali, i resincast, e i die-cast economici, tipicamente allegati alle serie a fascicoli edite dalle più svariate case editrici.
Quale preferire? Ovviamente dipende, dipende dal budget, dipende da ciò che si cerca, da come lo si cerca, dal livello di dettaglio, dall’esattezza storica che si ricerca, o dall’esclusività del modello.

E non sono nemmeno lontanamente tutti i distinguo possibili in questi termini, perché il ventaglio delle sinapsi mentali che spingono i collezionisti o i semplici appassionati all’acquisto di un modello sono pressoché infinite.
Però una cosa la possiamo fare, per vedere cosa e come cambia davvero da una tipologia di prodotto all’altra: mettere a confronto tre modelli della stessa vettura, in questo caso la celebre “Quattro Fari”, l’Abarth 2000 SE010, che è una delle più belle Sport che abbiano mai calcato circuiti e cronoscalate, o almeno questo è il pensiero di chi scrive.

Da sinistra DVA-Dolermo, Spark e Metro

Tre modelli dunque, un DVA-Dolermo factory built relativo alla vettura di Arturo Merzario, terza dietro alle vetture gemelle di Schetty ed Ortner alla 500 km del Nürburgring 1968 (in questa occasione le vetture erano dotate di motori da 1600 c.c. come previsto dal regolamento di gara), uno Spark della serie White Line dedicata alle Abarth, e un Metro edito verso il 2010 per l’Abarth collection.
Un soggetto, tre fasce di prezzo e di… Tutto in realtà, diversissime.
Non mi dilungherò in misure e mere considerazioni numeriche, perché tipicamente, aldilà di quello che si legge sulle riviste, all’appassionato importa molto più il “colpo d’occhio” del modello, ossia la sua immediata riconducibilità al veicolo reale, e questo è un fattore che può anche rivelarsi alquanto scollegato dai freddi numeri (si pensi ad esempio alla celebre 250 GTO di Ruf).

Che dire dunque? L’Abarth 2000 era una vettura estremamente corta e sfuggente, ma era anche larga e piatta, aveva una forma inconfondibile: tutti e tre i modelli sono validi, ma i due che, forse, meglio catturano le linee e l’impressione generale della SE010 sono quelli reciprocamente agli antipodi, il DVA e il Metro.
La Spark l, pur avendo un notevole fascino dato dal lining alle aperture e ad una discreta cura al dettaglio, sembra essere un po’ troppo lunga e stretta, e bassa di assetto.

Le ruote, pur contraddistinte da un ottimo disegno dei cerchi, hanno una spalla delle gomme parecchio alta, troppo rispetto alla realtà.
Le DVA tornite sono semplicemente perfette, come anche, nella loro semplicità, quelle del Metro appaiono nitide e ben proporzionate.
La parte posteriore di quest’auto è un punto nevralgico, in quanto il motore e buona parte della meccanica sono ben visibili: in questo caso il motore e i suoi organi ausiliari sono resi al meglio sullo Spark, che però al posto degli ammortizzatori (presenti su entrambi gli altri due modelli) presenta un simpatico “muro” nero di resina, non molto bello in verità.
Però, vista la precisione di motore e scarico, si può anche chiudere un occhio.
Nessun giudizio sul Metro, molto plasticoso e abbozzato, anche se completo, forse più completo dello stesso Spark.

Gli interni del DVA sono estremamente fini, contrassegnati da cinture in stoffa, decals e dettagli estremamente fedeli, e pure Spark è molto fedele ed appagante, pur su un altro livello.
Per il Metro vale lo stesso discorso già affrontato per l’argomento meccanica: dettaglio scarso, com’è ovvio che sia per un prodotto che non arrivava a costare 10€, ai suoi tempi ormai relativamente lontani.
In definitiva, si può affermare certamente come Spark non sia affatto una scelta obbligata quando si parla di resa di un soggetto: fatte salve le qualità di base del prodotto Spark, chi cerca uno speciale montato farà sempre meglio a rivolgersi verso un vero speciale montato, e chi ha un budget minore ma ricerca una base economica da cui partire per ricavare valide elaborazioni, che possa sentire “sue” (e sappiamo quanto tutto ciò possa esercitare grossa influenza sulla mente dei collezionisti) potrà certamente trovare altre soluzioni comunque valide, e a quel punto gli si apriranno praterie di opportunità, limitate solo dalle sue proprie capacità.

Certamente, così come sono i modelli, non sono prodotti omogenei tra di loro, e non c’è nessun pericolo che uno cannibalizzi l’altro: chi compra abitualmente una categoria delle tre testé elencate, mai né comprerebbe una delle altre due, fatta salva la voglia di “cipollare”, che negli adepti dei kit è sempre presente, e che potrebbe portare all’acquisto di qualche edicoloso da “torturare” per la causa.
Chi compra Spark, invece, tende a comprare solo Spark, ma questo è un altro discorso che varrebbe la pena di fare.
E, forse, lo faremo.

2 pensieri riguardo “Abarth 2000 SE010 “Quattro fari”: un confronto a tre

  1. Sarà una stupidaggine, ma mi piace anche e ancora la Abarth 2000 Politoys in scala 1/25 (per caso, più riuscita dalla loro 312pb). Modelli obsoleti ma che perdurano nel tempo, invece mi domando sempre di più che fine faranno i miei modelli fatti da Spark (ma per altri marchi, genero certe serie speciali di Ebbro, etc).

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  2. Caro Guillherme, il Politoys in scala 1:25 dell’Abarth 2000 è un capolavoro e lo sarà per sempre, personalmente l’ho sempre considerato una delle massime espressioni del modellismo del suo periodo.
    Durata nel tempo degli Spark… Nubi oscure per quanto riguarda cerchi e gomme, quello sicuramente purtroppo.

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