di Riccardo Fontana
Come pressoché sempre riguardo a ciò che scrivo, anche quella che sto per darvi in pasto è una cosa su cui rimugino da un po’, e che mi sembra, tanto per cambiare, alquanto significativa dell’insensatezza dell’attuale carrozzone della Formula Uno.
Non parlerò del Budget Cap, o almeno non lo farò in senso stretto: ne abbiamo già parlato anche sulle colonne di PLIT, e francamente l’anno passato è stato l’argomento più mainstream di un mondo già troppo mediatico e politically correct di suo.
Non ne parlerò, appunto, se non “di striscio”, perché oggi parliamo dei test nell’attuale Formula Uno.
Oggi i test sono un “mostro” inaccettabile per l’establishment al potere, e pertanto è difficilissimo svolgerne al di fuori dalle giornate collettive del pre-season e dai fugaci shake-down che sono concessi alle scuderie solo affinché abbiano almeno la certezza che le ruote delle loro “nuove creature” girino liberamente.
Soprattutto durante la stagione, la mole di test “effettivi”, da intendersi cioè come svolti in pista con macchine facenti “brum brum” o quel che emettono oggi, si riduce a zero.
E non è un eufemismo, vanno veramente a zero, le uniche concessioni vanno ai simulatori, che sono un modo direi assolutamente coreografico di risparmiare capitali per i team dati i costi astronomici che richiede la loro costruzione e, peggio ancora, qualche giro di pista con le monoposto vecchie.
Vecchie di due anni, per la precisione.
Sui simulatori ho speso tre righe e, per indole mia di cui vorrete scusarmi, mi sono già dilungato fin troppo: di fatto, le scuderie sono costrette a spendere centinaia di milioni di euro per fare in modo che degli attori porno – i piloti – facciano del sesso con una bambola gonfiabile – il simulatore.
Descrizione brutale? È possibile, ma è anche una descrizione reale: quante gomme, ricambi, e litri di benzina ed olio si potrebbero comprare col costo di un simulatore di ultima generazione?
Anzi: motori, benzina, gomme e liquido vari spesso e volentieri vengono forniti gratuitamente, se non addirittura dietro a corrispettivo pagamento, dai partners alle scuderie.
Budget Cap, dicevamo…
Le monoposto “vintage”, invece, sono il capitolo probabilmente ancora più dolente di questa storia: si costringono le scuderie a tenere, ed a tenerle in efficienza, monoposto obsolete, rispondenti ad altri regolamenti rispetto a quelli attualmente in vigore, a volte anche con motori di fornitori diversi da quelli odierni (vedasi la McLaren o la Red Bull di qualche stagione addietro) per poter girare in pista per una quantità comunque irrisoria di km.
Budget Cap, ripetiamo…
Cosa vuol dire per un team, magari piccolo, questo simpatico scherzetto non-sense dei legislatori? In primis significa non poter vendere le auto ai collezionisti alla fine della stagione, ed anzi non poterlo fare per non una, non due, ma tre stagioni, con tutto ciò che questo comporta in termini di mancati introiti.
Punto secondo: assieme alle auto, occorre tenere, e magari produrre se si è stati un po’ sfortunati da consumarne molti durante la stagione, i pezzi di ricambio per farle funzionare senza che si trasformino in trappole mortali.
Seconda tegola sui conti, e più si è piccoli e più tutto ciò “pesa” sulle tasche.
Ora: non sarebbe meglio piantarla e far tornare le auto e i piloti a girare liberamente durante l’anno? Continuiamo a contare i pacchetti di crackers nelle ospitality per poi scordare il pragmatismo nei calzoni estivi?
Agli appassionati – ma più che altro a chi di dovere, o chi di potere – l’ardua sentenza, certo è che di contraddizioni e circostanze di dubbia intelligenza, nella massima serie targata 2023, ce ne sono finché si vuole.
Secondo me il vero costo dei test è produrre parti nuove della macchina per provarle in pista. Con il simulatore “simuli” 10 alettoni vedi quello che sembra migliore e ne costruisci solo uno. Risparmio garantito. Risultato non scontato sicuramente.
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