Come appassionato di automobilismo e di modelli sono cresciuto negli anni in cui alla 24 Ore di Spa correvano le Gruppo 1 e 1.5. Probabilmente, guardando indietro oggi, non gli anni più gloriosi di quella gara, ma quando sei ragazzino qualsiasi cosa è in grado di segnarti per sempre, tanto più che le macchine del Trofeo Trans Europa me le ero viste alla 24 Ore del Mugello. Le turismo di serie da pista, forse l’ultima delle categorie in termini di fascino (ma sarà vero?) hanno così dominato i miei anni delle elementari, quando riempivo i quaderni di disegni della BMW 530 arancione fluorescente – sponsorizzata da Tin Tin e Plastic Bertrand – che avevo conosciuto grazie a un transkit di GC Hobby da utilizzare sul Solido.
Mi piacevano le BMW 528 e le 530, con quel loro sguardo drammatico. Anno dopo anno, la sfida era di controllare su Autosprint un martedì di luglio, se le BMW ce l’avessero fatta ancora una volta alla 24 Ore di Spa. Figuratevi la mia sorpresa quel 28 luglio 1981 quando lessi della vittoria di una Mazda RX-7. Un aggeggio con guida a destra e che non somigliava manco per niente a una turismo le aveva suonate a BMW e Ford Capri. Per lo più con un motore rotativo, che non sapevo esattamente cosa fosse ma la sentivo come una cosa strana, da cartone animato e poco seria. Non chiedetemi perché.

Tra parentesi, giochi della storia: 1981 vittoria di una Mazda con motore Wankel a Spa; 1991, dieci anni dopo, vittoria a Le Mans. Ci avete mai pensato?
Ok, sia come sia, superato il primo momento di disgusto, mi misi a leggere il resoconto su Autosprint. Si chiudeva un’epoca, e dall’anno successivo le vetture di Spa avrebbero ottemperato ai nuovi regolamenti Gruppo A e N, peraltro senza troppi stravolgimenti (almeno dal punto di vista estetico), dato che i ben più esotici Gruppi 2 dal 1977 erano stati tolti di mezzo dalla gara.

Abbastanza presto, sempre su Autosprint, uscì un articolo su come elaborare la Mazda MX-7 della Tomica (che improvvisamente aveva guadagnato interesse fra i collezionisti di tutta Europa) nella vettura vincente a Spa. La cosa era intrigante, tant’è vero che in quel periodo il nostro Rino Robustelli mise a punto uno dei suoi favolosi transkit, sviluppato con la collaborazione di Playtoy, un negozio di Berchem (un quartiere di Anversa), che da anni realizzava modelli in metallo bianco di buona qualità.



A differenza dei transkit della serie standard, questo venne commercializzato già provvisto di base Tomica. Robustelli aveva messo la propria classe per i pezzi aggiuntivi in metallo bianco (paraurti, interni…) e per le straordinarie ruote tornite con elemento centrale fotoinciso. Le decals, come al solito, erano di Cartograf. Molto dettagliate le istruzioni, con diversi disegni, schemi e parti descrittive. La trasformazione non era facilissima (ma erano del resto facili i transkit di Rino su base Heller?), né peraltro Robustelli si rivolgeva a un pubblico di neofiti. Se si aveva un po’ di talento ed esperienza ne veniva fuori un modello coi controfiocchi.


Altri modelli uscirono della RX-7 di Spa, fra cui il Bizarre, il classico resincast già bello pronto che ti permetteva di inserire in collezione un modello più che decente, anzi molto buono a un prezzo imbattibile. Certo. Ma sapete com’è, per me la RX-7 vincente di Spa è da sempre il Tomica trasformato col suo transkit Robustelli. Il modellismo fa fermare il tempo.


Acquistai 2 esemplari del transkit a prezzo di liquidazione, tipo 5000 Lit. cadauno, da Autominia (altro negozio di automodellismo statico di Milano). Poi, nella foga di realizzare prima di traslocare (1996-1997), li vendetti entrambi…
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Si può vendere ma non si può mai sapere se ce ne pentiremo.
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Eccheccavolo! Potevo tenerne una su due…
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Io nel dubbio praticamente non vendo mai niente: tra un po’ le avrò sul letto, ma mi sposerò solo (non è vero, ma fingiamolo) per avere un castello in cui sistemare modelli, libri, riviste e compagnia bella come si conviene
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