di Riccardo Fontana
Durante le giornate in ufficio capita – con più o meno frequenza – di cazzeggiare.
A tal proposito ci sono tre categorie di persone con opinioni ben distinte al riguardo: da una parte chi è d’accordo, nel mezzo chi lo conferma, e dall’altra chi mente sapendo benissimo di mentire.
A me non capita spessissimo (sigh!), però durante le pause caffè un occhio ai social lo butto, come chiunque altro nella nostra pazza et decadente società occidentale.
E – tanto per cambiare – un ennesimo indizio del livello di follia non tanto collettiva ma a livello di mentalità mi è arrivato velocissimo oggi pomeriggio: scorrendo la bacheca di Facebook, mi imbatto in una doppia foto di Harrison Ford nei panni di Indiana Jones, la prima datata 1981 e la seconda 2023, condite da dichiarazioni riguardanti la “voglia di riposo e pensione” dello stesso Ford, che parlava in prima persona prima ancora di dare voce al suo personaggio.
E ne ha ben donde, a quasi ottantuno primavere…
Perché tutto questo? Pensate alla storia del cinema se cinquanta o sessant’anni fa avessimo (avessero) ragionato come facciamo (fanno) oggi: al cinema darebbero Via col vento – Rossella, ventisettesimo capitolo del franchising, oppure Cabiria – la Vendetta di Fulvio Axilla, centonovesimo sequel dell’universo espanso dannunziano.
Non ci saremmo inventati niente, sguazzeremmo nell’humus in cui sguazzavamo novant’anni fa, esattamente come oggi sguazziamo nel vecchio fino a rasentare il ridicolo, con un ultra-ottantenne che interpreta uno dei ruoli d’azione per antonomasia.
Torniamo alle nostre amate auto? Tra remake di 500 proposte in ogni salsa e Maggiolini che sono già al secondo remake, abbiamo il rifacimento del VW T1 elettrico, rumors di future R5 Turbo elettriche (vi scongiuro no, sono disposto anche a pagare ma questo no, pietà!), la Honda che tossisce una citycar (elettrica) con tutte le sembianze della prima Civic del ’72, eccetera eccetera eccetera.
Viviamo in un mondo di rifacimenti spannometrici di macchine vecchie di cinquant’anni – se non di settanta – magari riproposte come inutili cassoni elettrici, a dare un po’ la “carica” di nuovo necessaria.
Pensate se la Fiat nel ’57 avesse ragionato così: avremmo avuto neanche il remake della Topolino, no, direttamente quello della Fiat Zero del 1899.
Il problema del mondo non sarà – forse – l’avere smesso di immaginare il futuro per crogiolarsi nel passato senza più rischiare del proprio?
Noi occidentali viviamo beandoci della nostra decadenza, in mezzo ai simboli delle nostre “glorie” passate: è decisamente un brutto modo di finire, del resto i segnali di una possibile inversione di rotta stentano a palesarsi.