Non chiamarmi Charles

di Riccardo Fontana

È molto – troppo – tempo che non scrivo più così compitamente e compiutamente su PLIT come vorrei: che si smorzino pure quelli che – forse – hanno sperato in una cacciata del giovinastro irriverente, ciò non è mai stato più lontano dalla verità quanto in questo momento, ho semplicemente “combattuto” per PLIT su… altri fronti, per ora più “silenti”, che tra non molto vi saranno disvelati.

E mi auguro che ne sia valsa la pena, ma non starà a me giudicare, quanto – spero – a voi.

Avrei voluto mettere la testa ammollo nell’acqua fredda questa sera, bollito dal lavoro e dai quarantun (41) gradi che hanno “illuminato” (per autocombustione, evidentemente) Pero per tutto il giorno, ma nel farlo ho commesso il solito, tragico, imperdonabile errore in cui ciclicamente ricasco con tutte le scarpe: ho aperto Facebook, e ho letto un po’ di cazzate.

Leggo la notizia, data da una nota pagina a tema “carrozzone finto buonista-politically correct” (Formula Uno, n.d.r.) della sostituzione di Nyck De Vries con Daniel Ricciardi in Alpha Tauri dalla prossima gara.

Non entro nel merito della notizia, di cui pochissimo mi importa, constato semplicemente una volta in più come il vecchio Radetzky con un occhio solo (non serve la nota della redazione, vero?) non si sia fatto sfuggire l’ennesima occasione di dimostrare al mondo la sua vorace fame di infantili carriere corsaiole, sputtanando l’ennesimo pilota senza appello dopo poche gare, perché non è questo il punto, quanto piuttosto una malsanissima abitudine introdotta da certi “altolocati” giornalisti sportivi e ripresa chirurgicamente dal popolo bue: chiamare i piloti per nome.

“E se dovesse essere più lento di Yuki?”

“Lewis è un altro pilota, Max non è ancora a livello”.

“La situazione di Charles e Carlos si sta facendo pesante”.

Mi rivolgo, prima ancora che a Pino da Isernia che commenta così su MemasGP o affini, agli “altolocati giornalisti sportivi” (cioè praticamente tutti tranne Leo Turrini e pochi altri) che hanno lanciato questa odiosissima moda e ne fanno inutile quanto pernicioso sfogo a tutte le dirette YouTube che inscenano: ma sono vostri amici che li chiamate per nome? Ci fate ape tutte le sere? Avete finito di avere questo insopportabile piglio da “grande cerchio dell’amicizia e del fair play” o no?

Piantatela perdio, vi immaginate Franco Lini scrivere una cosa del tipo “Jackie ha fregato Graham alla Parabolica come fosse l’ultimo dei pivelli. Chissà che mal di pancia per Tony ai box”? Dove, ovviamente, parliamo del finale del GP d’Italia 1965 con rispettivamente Stewart, Hill e Tony Rudd, che faceva da ingegnere e semi-direttore sportivo ai box della BRM. 

Aplomb, signori giornalisti, aplomb: i piloti non vi considerano amici, al massimo ci considerano dei grandissimi cagacazzi sempre pronti ad essere inopportuni nei momenti peggiori, quindi evitate di apostrofarli come fossero vostri nipoti o di normalizzarli oltremodo, che rischiate di uccidere quell’inezia di poesia e di mito che ancora esiste attorno a quello scalcinatissimo ambiente sempre più inutile e fighetto.

Tutto ciò diviene ancora più insopportabile quando viene messo in pratica (appunto) da Pino di Isernia, che arriva a casa alle otto di sera dopo aver zappato la vigna e ti scrive che “Nyck (De Vries) è un brocco”.

Perché Pino da Isernia, come anche Gianni da Portogruaro, a stento possono permettersi di chiamare per nome proprio i loro fratelli, figurarsi gente che corre in F1.

Sono indicatori, tutti ennesimi indicatori di un mondo idiota.

Sempre di più: benedetto l’eremo sulla montagna, mai abbastanza bramato.

2 pensieri riguardo “Non chiamarmi Charles

  1. Sei fortunato che non segui il tennis, dove tocca sorbirsi gli haters di Berrettini (haters tutti vincitori di slam e, non meno importante, tutti ex della Satta)

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  2. “Signor Freud, lei ha dichiarato che con la Satta è stato solo sesso, è vero?”

    (BeRve, parodia di Francesca Fagnani, Gialappa’s Show)

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