di Riccardo Fontana
Non ne posso decisamente più, lo confesso: non è un tutto sommato innocuo film sulla più famosa bambola del mondo a turbarmi, è tutto il codazzo di decine se non centinaia di milioni di “vispi di spirito” che vorrebbero tratteggiare quest’opera come se fosse un novello Libretto rosso di Mao, un nuovo prontuario da adottare per vivere felici nel mondo pazzo del 2023: virgolettati di Margot Robbie sui social, neanche parlassero Nilde Iotti, Liliana Segre o Giorgia Meloni, giornalisti che blaterano di messaggi inclusivi contenuti nell’opera, di emancipazione femminile: c’è il famoso monologo in cui Barbie elenca tutto ciò che una donna deve fare nel mondo di oggi senza potersi permettere fallimenti (stranamente, leggendo la trascrizione del monologo in un articolo di una famosa testata nazionale, non ho letto nulla circa il pagare il conto al ristorante o il lavorare all’ILVA, ma certamente sarà stato un errore di trascrizione del giornalista, perché pensare male?), e tante altre cose una più surreale dell’altra.
Margot Robbie è diventata l’eroina delle cretine del terzo millennio, quelle convinte di essere femministe perché si tingono i capelli coi colori arcobaleno, e che se gli dici parità di salari ti rispondono che troppo sale fa male alla pressione: la Robbie che dice di non aver studiato all’università, di non aver neanche studiato recitazione, e di aver imparato tutto sul lavoro, e tutti(e) ad applaudire alla glorificazione della classica “laureata all’Università della Strada” che una volta suscitava ilarità.
Analizziamola la parabola di vita di questa avvenente ragazza: il primo ruolo “importante” l’ha avuto, almeno a mia memoria, in The Wolf of Wall Street, dove faceva prima l’amante e poi la moglie del protagonista, Jordan Belfort (Leonardo Di Caprio), mostrando le tonsille da sotto e facendosi vedere in pose che avrebbero imbarazzato anche Eva Henger, salvo poi raggiungere la popolarità planetaria vera interpretando Harley Quinn in Suicide Squad per la DC Comics: praticamente, una porno-ragazzina scema che mostra il culo.
Di fatto, siamo al cospetto della Gloria Guida anglosassone, solo che i fan di Gloria Guida sono stati additati per decenni come i più gretti onanisti sulla faccia della terra (neanche a completo torto, oltretutto), senza sapere che, trascorsa qualche decade, i loro figli spirituali sarebbero stati salutati come fior di progressisti illuminati e paladini dell’inclusività da questo mondo idiota.
E d’altronde, in una società in cui le ragazzine pelose sono “convinte di cambiare il mondo” e di sferrare un calcio al patriarcato andando all’accademia di Rocco Siffredi dove verranno impalate mentre gli si calpesta la faccia (pensate se fossero state a favore del patriarcato e della mercificazione della donna cosa avrebbero fatto, io non lo so, ma a Pietro Pacciani piacerebbe questo elemento…), tutto ciò non è neanche fuori da ogni logica.
Forse è fuori dalla mia logica, ma sicuramente non da quella comune.
Riscriviamo Biancaneve, facciamo diventare 007 una donna nera e androgina, abbiamo completamente perso la poca testa che ancora avevamo.
Uno pensa di averne lette abbastanza per un singolo giorno, e poi legge che Amazon pagherà le spese per l’utero in affitto e le adozioni ai suoi dipendenti LGBT.
Capito? Quelli che sono famosi, luridi e schifosi schiavisti cotonieri della Louisiana, per cronometrare le pause-toilette dei loro dipendenti, con una mano li cronometrano mentre espletano i loro bisogni corporali, e con l’altra gli pagano l’utero in affitto o le adozioni se sono gay o lesbiche. Come sono umani, loro, m’inchino al cospetto di cotanta immotivata e gratuita filantropia esistenziale.
Che bel mondo di merda (e no, non è volgarità, è proprio l’Inferno di Dante, col linguaggio che gli è proprio).
Come abbiamo fatto a ridurci così? Qual è stato il punto di non ritorno? C’è ancora modo di invertire la rotta?
Non lo so, ma domani vado a fare un giro, per una settimana non voglio leggere più nulla.

Una disamina feroce e dissacrante che condivido in pieno, a costo di essere tacciato di maschilismo, razzismo e misoginia
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Qui c’è una vera questione di fondo che sfugge in tutto questo carrozzone di paroline e frasi fatte, sorrisini patinati e finte lacrime a cubetti, ed è l’ipocrisia di fondo – insopportabile – che tutto questo codazzo si trascina.
Vi ricordate la querelle dell’uomo in tacchi a spillo (Hamilton) contro quelli che non si volevano inginocchiare, che poi erano Leclerc, Verstappen e Raikkonen? I primi due se ne sono fregato, il terzo ne ha approfittato per scopare la fidanzata del treccinato (che era pure incazzata con lui perché si era messo le sue stesse scarpe, e gliel’ha fatta pagare così) e va bene così.
Poi però, quando i giocatori dell’NBA, che essendo gente VERA e veramente proveniente dai bassifondi sentono un po’ di più certi problemi, hanno chiesto ad Hamilton di disertare il GP del Belgio (2019) sempre in ottica Black Lives Matter, lui rifiutò dicendo che “quel gesto in Belgio non avrebbe avuto senso”.
Giustamente, aggiungerei io: il Belgio storicamente è stata una delle peggiori potenze coloniali che abbiano mai popolato la terra, ed in Africa ne ha combinate di atroci, ma va bene così, Lewis Lolito Hamilton ha fatto il suo.
Ipocrisia, dicevamo.
Che mi diano del razzista misogino e sessista, va bene così: l’importante è come uno si comporta, non ciò che dice a favore di telecamera.
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Tra parentesi, proprio in questi giorni sto leggendo l’ultimo libro di Frederic Beigbeder, che sicuramente in Italia non uscirà mai. Se vi capita prendetelo.
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Postilla: la coerenza radical chic di uno, sempre Lolito, che sono vent’anni che cucca i milioni da Hugo Boss, famoso per aver disegnato le divise dei gerarchi nazisti, che poi faceva confezionare dagli internati nei lager.
Però dai, non erano neri, erano solo ebrei e russi, ci fa un po’ meno impressione.
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A volte mi sembra di vivere dentro un reality e nemmeno dei meglio riusciti.
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Ma no, sono periodi, mode, non c’è niente di tragico, ad un certo punto la bolla farà puf!, e tutto finirà.
Ci sono sempre state orde di strani, l’occidente europeo ha continuato per 10 anni a menarla col diciotto politico, poi però – nonostante vedendo alcuni medici all’opera il dubbio che l’abbiano messo in pratica venga – tutto è finito, grazie al cielo.
Ecco, il politically correct e l’auto elettrica saranno i prossimi diciotto politici.
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