Ferrari a Le Mans: i numeri del successo

Una gara entrata negli annali dell’automobilismo grazie al successo Ferrari a 58 anni dall’ultima volta. La 24 Ore di Le Mans disputata il 10-11 giugno, quarto appuntamento del FIA WEC, ha visto le due Hypercar del Cavallino Rampante percorrere in gara oltre 9.200 chilometri, effettuare 61 pit-stop, condurre la corsa endurance per 188 dei 342 giri complessivi. Ecco alcuni numeri che ricostruiscono l’impresa sportiva delle 499P della squadra Ferrari – AF Corse.

In pista. Portata al traguardo da Pier Guidi, la Ferrari 499P numero 51 vincitrice della prova endurance più famosa al mondo – il pilota italiano ha condiviso la vettura con James Calado e Antonio Giovinazzi – ha completato 342 giri, percorrendo 4.659,4 chilometri, ed effettuando 30 pit-stop. Mentre la 499P numero 50 di Antonio Fuoco, Miguel Molina e Nicklas Nielsen, quinta all’arrivo, ha totalizzato 337 giri, 4.591,25 chilometri, 31 pit-stop, firmando il miglior tempo sul giro in gara con Fuoco in 3’27’’218 e in qualifica con l’Hyperpole del medesimo pilota italiano in 3’22’’982, a una media di 241,7 km/h. Fuoco, inoltre, ha registrato i migliori riferimenti cronometrici nel secondo (1’19’’147) e terzo settore (1’34’’708). A Le Mans, inoltre, la velocità massima in gara (347,8 km/h) è stata toccata da Molina.

Ferrari è scattata dalla pole position con l’equipaggio numero 50, davanti ai compagni della vettura numero 51. Nel corso della gara il Cavallino Rampante è stato in testa alla prova per complessivi 188 giri: la 499P numero 50 è stata leader nei giri 17-20, 38-39, 59, 64-67, 71-72, mentre la 51 nelle tornate 15-16, 23, 58, 68-70, 75-102, 149-156, 208-255, 259-342. Nel finale la Ferrari di Pier Guidi, Calado e Giovinazzi è transitata per prima sotto la bandiera a scacchi dopo aver dominato ininterrottamente gli ultimi 84 giri.

Turni di guida. Sulla 499P numero 50 la partenza – quando in Francia erano le 16:00:17 di sabato 10 giugno – è stata affidata a Nielsen, che è rimasto al volante per due stint consecutivi (ciascuno di 10 giri). Secondi e terzi a calarsi nell’abitacolo sono stati rispettivamente Fuoco e Molina con un doppio stint. In totale l’equipaggio ha effettuato, nell’arco dell’intera corsa, 31 turni: il danese ha guidato per 104 giri, l’italiano – che ha attraversato la linea del traguardo – per 146 tornate, lo spagnolo per 87. Sulla 499P numero 51 Calado ha guidato per i primi tre stint (33 giri), lasciando quindi il volante a Giovinazzi e a Pier Guidi. Nel complesso i piloti hanno inanellato, rispettivamente, 117, 110 e 115 giri.

6 pensieri riguardo “Ferrari a Le Mans: i numeri del successo

  1. Non si ha ancora bene la percezione di ciò che è successo lo scorso 11 giugno alle quattro del pomeriggio, ma quando lo condenseremo per bene, capiremo che abbiamo assistito all’evento legato al Motorsport più importante di questo secolo.
    Forse anche più della vittoria del Mondiale F1 di Schumacher a Suzuka nel 2000.

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    1. Il lasso di tempo dalla vittoria del ’65 è stato talmente lungo da creare, paradossalmente, un effetto straniante, come se questo successo non fosse stato ancora metabolizzato. Sono le conseguenze della percezione degli avvenimenti nel tempo. In ogni caso si è trattato di una vittoria storica, che sarà adeguatamente messa in evidenza negli anni a venire, ammesso che questo sport possa avere un futuro. Più che altro la questione è tutta lì.

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  2. Anche perché è stata una vittoria “vera”, non il frutto di guai altrui. Una gara combattuta fino al termine con i favoriti.
    A me, in questi campionati con il BOP, rimane sempre un punto interrogativo, ma questa vittoria mi sembra che sia stata tutto sommato meritata e tanto più bella quanto più insperata e sofferta.

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    1. Ormai praticamente solo la F.1 non ha il BoP, anche perché lì vige la piattezza tecnica più assoluta, quindi fra i due mali tutto sommato si può scegliere la presenza del Balance. Il BoP vale per tutti, sicché prima o poi ognuno si prende i vantaggi e gli svantaggi. A prescindere dal fatto che in un automobilismo ideale il BoP non dovrebbe esistere, c’è anche da dire che senza la “garanzia” del BoP le case ormai non prendono neanche in considerazione la possibilità di avviare un programma ufficiale oneroso come può essere il WEC. Il BoP, inoltre, è concepito non per svantaggiare un costruttore o un altro, ma per minimizzare o ridurre le differenze in assoluto. Il concetto è più sottile e non dico che sia assolutamente etico o sportivo ma tant’è. Abbiamo avuto un’edizione memorabile della 24 Ore di Le Mans come non se ne vedevano almeno da 10 anni, accontentiamoci di questo. Che è comunque un bell’accontentarsi.

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  3. Ok, fatemi scrivere cose che… Diremo più compiutamente nelle sedi opportune, comunque mettiamola così: i progettisti bravi “veri”, quelli che magari se ne sbattono le palle dei teoremi matematici o delle equazioni di predizione temporale contenute in quella bella materia che si chiama Analisi Matematica 10 (che se solo lontanamente fossero credibili creerebbero legioni di vincitori al SuperEnalotto) ma che sanno come dev’essere fatta una macchina da corsa, paradossalmente dal BoP possono anche trarre vantaggio.
    Non spiegherò qui come funziona il BoP nel WEC, ma vi assicuro che è tutt’altro che idiota come sistema, e non falsa affatto la competizione, anzi permette a vetture con una varietà tecnica degna del 1970 di essere tutte vicine e di giocarsi la vittoria in gare e campionati.
    La F1, che tra un po’ unifica anche i colori delle macchine, invece è costantemente in balia di domini indecenti e mediaticamente improponibili.
    E 5 secondi di penalità a Vettel, che non fanno mai male…

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