Arte e censura

di Riccardo Fontana

Per la collana non richiesta di opinioni di dubbio autore a cura di Pitlaneitalia, eccomi nuovamente a tediarvi l’anima con l’ennesima fotografia decadente di una società morta: oggi, e sarebbe molto meglio di no perché il solo parlarne provoca immotivato seppur indiretto beneficio ai chiamati in causa, parliamo di musica, e ci concentriamo sui migliori artisti dell’attuale scena italiana.

Scena italiana, anche se “scema” italiana – forse – sarebbe più appropriato, oltreché tranchant come ci si addice.

Momento Rolling Stones Magazine, dunque: sì ma anche no, però tutto sommato visto che ascoltare della buona musica è una delle migliori attività che si possano fare da vestiti assieme al guidare di traverso (ed eventualmente anche da svestiti, consigliamo vivamente l’amplesso con The Dark Side of the Moon o Selling England by the Pound in sottofondo), è un aspetto che ci può stare.

Anche la musica, esattamente come le auto i modelli ed il cibo, si è ridotta ad una mera scatoletta di cibo precotto: gli “artisti” non vanno più a farsi le ossa nei club o – nel caso dei migliori – nelle peggiori osterie lungo calate dei vecchi moli di Genova, ma vanno ad X-Factor.

X-Factor.

Gente mai vista, che strimpella cose, che va in televisione in un bel carrozzone a pro di vendita pentole ad esibirsi davanti a quattro “cantanti” già dubbi di loro, che possono essere Fedez, Morgan, la Maionchi più uno che non c’entra una sega come Ambra (se sullo Zanichelli cercate “presenza a sproposito” potete leggere “vedi Ambra”) che decidono del loro destino magari litigando, creando dinamiche – oggi si dice così – che verranno riprese ed amplificate da programmi orripilanti e paginacce Facebook clickbaters, i cui gestori non sono ancora a bonificare il Pontino con paletta e secchiello (assieme a partecipanti e giudici – e famiglie dei giudici – di X-Factor) solo perché io non comando in questo paese.

Chi esce da X-Factor, ma anche da Amici, da Conoscenti e da chi per loro?

Chiaramente, data la natura imbecille e turbo-commerciale dei prodotti televisivi in questione, non ci si può attendere né Joan Baez né Patty Smith, ma nemmeno Patty Pravo o Caterina Caselli: esce Elodie ed escono i Måneskin.

Musica, in entrambi i casi, abbastanza pochina: se da un lato c’è una che si presenta senza mutande sul palco e parla del fatto che “i maschi etero-binari (??) non le interessino” (dando così automaticamente del diversamente-maschio ad Andrea Iannone, ma questo è un problema del “pilota” suddetto) dall’altro ci sono quattro elementi che si credono una via di mezzo tra i Queen e i Doors, ma che comunque del successo anche fuori dai patri confini lo stanno avendo, per quanto ciò possa far vacillare la fede nell’esistenza di un dio superiore.

Elodie è diventata una bandiera per le ragazzine politicamente impegnate (sempre loro, gira che ti rigira finiamo sempre lì), e questo è già di suo un ennesimo indicatore della farsa che è il femminismo 2.0 dei giorni nostri: le nonne, che erano (e non mi stancherò mai di ripeterlo con tutta la sincerità di cui sono capace) persone serie e consapevoli, ascoltavano Joan Baez, loro ascoltano Elodie che lotta per i diritti delle donne mostrando la gnocca sul palco e andando a Formentera con uno che si fa le sopracciglia ad ala di gabbiano.

Elodie che da della merda umana (testuale) a Gino Paoli reo di aver detto che una così bada più a mostrarsi che a cantare, frase sulla quale peraltro non noto difetti, per la serie “io faccio un po’ che cazzo mi pare perché sono libera, ma tu non sei libero di commentarmi”, che è un’altra bellissima parabola del femminismo 2.0: loro possono dire che tutti gli uomini sono mostri omicidi, ma se tu vieni cornificato dalla tua fidanzata e ti fai sentire a dire che tutte le donne sono zoccole sei solo un piccolo ometto rancoroso e maschilista.

E patriarcale, che ci sta sempre bene.

Ho letto cose terrificanti a cura di sedicenti giornalisti, cose come “Gino Paoli ha ragione ma ha sbagliato ad esternare in pubblico il suo pensiero”, che davvero fanno tremare le dita.

Ma perché? Perché uno come Gino Paoli, col passato e l’età che ha, dovrebbe auto-censurarsi tanto più se dice delle verità incontestabili?

Ma soprattutto: un (signor) artista non può dire nulla per non urtare l’altrui sensibilità, ma una col livello culturale di una Zhiguli parcheggiata dal 1984 nella steppa russa può dargli della merda umana e per gli “opinionisti” il problema è l’esternazione del pensiero di Gino Paoli?

A questo ci siamo ridotti?

Se per emergere ed avere successo decidi di cantare le tue canzonette di merda senza mutande e con un gonnellino inesistente, devi essere pronta a caricarti onori ma anche oneri, cioè a farti andare bene anche chi dice che fai una puntina schifo, ed a farlo col sorriso: la libertà o c’è o non c’è, ma non è concepibile che ci sia qualcuno che può dire e fare tutto e qualcun altro che non può nemmeno fiatare.

E, tanto per la cronaca, vorrei che fosse chiaro che il problema non è l’esibirsi mezza nuda di questo patetico prodotto da talent show che ci siamo trovati a ballarci sui testicoli coi tacchi a spillo: anche Jim Morrison mostrava l’uccello sul palco, ma i Doors hanno scritto Light my Fire e Riders on the Storm, Elodie cos’ha scritto?

Ecco, la differenza è tutta in questo piccolo dettaglio: gli artisti veri sono strani, e fanno delle cose strane, vivono di eccessi per loro stessa natura, ma sono anche per loro stessa natura – appunto – artisti.

Se ti mostri nuda e fai finta di cantare, non sei un’artista: anche Eva Henger canticchiava, ma non andava a Sanremo. 

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