La filosofia degli obsoleti

di Riccardo Fontana

Gli obsoleti, probabilmente molto più dei modelli contemporanei, rappresentano la diretta espressione umana dei loro creatori: passandosi per le mani un Solido piuttosto che un Mercury, si ha la precisa ed immediata sensazione di toccare con mano il modo di vedere la vita ed il mondo non solo dei suoi creatori materiali, ma di tutta l’organizzazione a monte e, forse, di tutta una nazione.

È un discorso che abbiamo – parzialmente – già affrontato altre volte, ed è quello cioè relativo alla personalità dei modelli, alla loro anima, e lo abbiamo affrontato in modo molto poetico ed oserei dire bonario, ma a questo punto sorge spontanea una domanda: perché ad alcuni obsoleti perdoniamo delle ingenuità che ad altri non perdoneremmo mai?

Ovvero, facendo un esempio brutale: perché una Campagnola AR 76 della Mercury ci sembra molto più dignitosa e meritevole di essere collezionata rispetto ad un Solido Cougar nonostante la perfetta parità di ruote veloci e di finiture approssimative?

In realtà questo fatto, che indubbiamente esiste, è intrinsecamente legato alla natura dei modelli in questione, ma più coerentemente al loro inquadramento storico: certi dettagli che potevano – e possono – “passare” senza problemi su un Mercury od un Polistil, non possono assolutamente essere accettabili su un Solido, e questo sia per la rispettiva storia dei due marchi che, soprattutto, per l’abitudine alla fedeltà e ad un certo modo di concepire i modelli e la loro riduzione in scala che era molto diverso nei due casi, seppur ugualmente valido e degno della massima considerazione storica.

I modelli sono spaccati di vita e fotografie della società ancor prima che (più o meno) fedeli riproduzioni in scala di veicoli realmente esistenti, e questo può spiegare efficacemente l’interesse che può nascere spontaneo e razionalmente inspiegabile per riproduzioni che, se guardate con occhio critico e scevro da emozioni, ben poco avrebbero da offrire.

Una Fiat 125 della Mercury trasuda Juventus-Torino al Comunale in una fredda e nebbiosa domenica d’inverno, così come un Norev in rhodialite catapulta su una route départementale francese degli anni sessanta, ed un Solido a Le Mans negli stessi anni, con la partenza a spina di pesce e la ruota panoramica, con la sua settimana di coloratissima festa dei motori.

Ed è per questo che, se da un lato una Campagnola o una 131 Mirafiori Mercury con le loro ruote veloci e la loro verniciatura dubbia (a far loro un complimento) appaiono più che accettabili perché trasmettono comunque la Torino degli anni di piombo ed un certo (pur dignitoso) inizio di decadenza dopo il boom economico, una 504 V6 Cougar col cammello e la palma sulle fiancate fa semplicemente schifo, diventando il doppione dei Majorette di cui nessuno avvertiva la mancanza.

E, ancora una volta, la “sindrome” che porta a collezionare i modelli obsoleti nasce, cresce, e muore tutta qui: nel desiderio irrevocabile di rincorrere il tempo perduto.

O mai vissuto.

A questo livello si inizia quasi ad abbandonare il collezionismo per addentrarsi nella filosofia, ma non è nemmeno detto che sia un male, perché fermarsi a riflettere sulle cause delle nostre pulsioni accumulatorie, di tanto in tanto, è cosa buona e giusta: rinfranca lo spirito e, in giuste dosi, può essere causa di smussamento di certi picchi estremi di acquisti dovuti a degli indubbi malesseri interiori, più o meno ben celati o confessati.

Di certo, ancora una volta, svetta solo l’estrema varietà dei motivi che possono spingere una persona adulta e (teoricamente) consapevole a collezionare automodelli, ed i non meno vari contenuti che questi si portano appresso per il solo motivo di esistere.

Una opinione su "La filosofia degli obsoleti"

  1. Articolo intrigante, e stimolante. Credo che, nell’ analizzare i motivi che spingono una persona a collezionare automodelli, obsoleti o meno, sarebbe d’ aiuto uno psicologo, o un sociologo (non entro nel piano mio personale, anche per scongiurare il pericolo di una sorta di “terapia di gruppo” di cui – salvo eccezioni – noi innocui collezionisti di modellini non abbiamo bisogno). Nel caso degli obsoleti, potrei dire: tempus fugit. Obsoleto è sinonimo di vecchio, superato, fuori moda, inattuale. Per quanto mi riguarda, il fascino esercitato ed emanato da questi modellini del passato è intrinsecamente legato alla ricerca del passato stesso, di quello che è stato e non potrà più essere e tornare. In più, di fronte alla perfezione attuale, un automodello concepito e realizzato decenni fa riporta a qualcosa di più semplice, intuitivo, genuino, sincero: sensazioni istintive, non fredde analisi.

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