testo e foto di Roberto D’Ilario
La soffitta è quel luogo oscuro dove riponiamo tutto ciò che non è più utile o presentabile ma da cui non vogliamo separarci per chissà quale motivo. Nel mio caso è anche una galleria di orrori modellistici. Seguendo questo pensiero, l’altro giorno son salito su con l’intento ti tirarli fuori e fotografarli. Sono masochista.
Un insieme di metalli e plastiche opache, pezzi sparsi e gomme deformate che mi guardavano come se fossi il salvatore o il giustiziere definitivo. Mi sono seduto sul tavolo da lavoro e maneggiandoli (con cautela, sono fragili) è accaduta la magia: un salto indietro nel tempo che mi ha inondato di ricordi ed emozioni rintanati nella mia soffitta mentale. Ognuno di loro mi ha riportato al momento esatto in cui l’ho acquistato, l’ho montato o ci ho giocato sul pavimento; sensazioni, odori, sentimenti sono riemersi limpidi come cristalli provocandomi una sorta di commozione mista alla consapevolezza degli anni passati, al ricordo di chi ero e cosa pensavo all’epoca e a come si è sviluppata la mia vita. Una riflessione profonda veicolata da un semplice modellino, guarda un po’. Il ricordo di mia madre che strillava per la puzza delle vernici, le difficoltà nel montaggio, all’epoca non esisteva il cianocrilato, l’emozione di andare a comprare un modellino solo uno che agognavo da tempo, il regalo di qualche parente…tutto così, tutto di botto, tutto inaspettato.
La Matra 530 Vignale di Mebetoys presa nel 1970 a San Marino in occasione di una vacanza a Riccione, andammo con la Giulia e mi ricordo ancora la stanza dell’albergo. Mi affascinò il colore e la forma mai vista prima, fu il mio preferito per tanto tempo e guardate come l’ho ridotto. La Guzzi 8 cilindri, risento perfettamente la musica che ascoltavo mentre cercavo di ricostruire tutti i cavi e i collegamenti che riuscivo ad interpretare dalle foto sull’Enciclopedia della Moto -2 Ruote, tuttora in mio possesso. La 512 S Politoys-M regalatami da uno zio che poi a Pasqua del 1968 mi regalò anche un uovo tutto rotto perché dentro ci aveva infilato un’Alfa33. La Mini che verniciai a pennello per riprodurre quella vera dell’altro zio che lavorava al concessionario Innocenti/Mercedes. L’Abarth 2000 che sognavo anche di notte. La Kawasaki 900 regalatami dai miei compagni di scuola per il compleanno del 1978, le verniciature con il mio primo aerografo da 15.000 Lire…potrei continuare all’infinito. Troppe sono andate perdute, come una Connaught degli anni ’60 che chiamavo GonnaGut o una Jaguar E-Type rossa con un meccanismo che se la premevi a destra le ruote sterzavano a sinistra e viceversa, simulando perfettamente la dinamica vera. Non mi ricordo neanche più che marca fosse ma sicuramente era in scatola di montaggio.
Mi piange il cuore vederli così ridotti ma sono testimoni delle infantili elaborazioni di dubbio gusto e dei primi montaggi approssimativi senza internet e senza documentazione. Le smanettavo, incollavo le gomme all’esterno dei cerchi, le verniciavo, ci giocavo, le sbattevo, non avevo il concetto del collezionismo, dovevo maneggiarle e farle vivere con l’immancabile “brummmm brummmm” di accompagnamento. Ero un altro io che vive ancora dentro di me, un bambino piccolo dentro un bambino grande.
Non ho scoperto nulla di nuovo perché il vero modellismo è questo, custode di emozioni e sentimenti perduti nel tempo, fotografia di momenti, colla del puzzle della vita e se ogni scarafone è bello a mamma sua io me li tengo ben stretti insieme al mio passato.













Quella Etype , e credo di non sbagliare perché l’avevo anch’io, non era un kit ma un Tekno. All’epoca era per me uno dei migliori 1/43 con un meccanismo di sterzo realistico e non come i coevi Dinky che sterzavano sì ma con la logica delle…moto.
Ennio
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Tekno si, grazie Ennio! Però ricordo che lo zio famoso me la montò davanti agli occhi…forse la memoria inganna
Robix
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