Race for Glory, Audi vs Lancia

di Riccardo Fontana

L’evento cinematografico del momento per tutti i petrolheads incalliti è certamente costituito dall’uscita nelle sale di Race for Glory, una co-produzione italo-francese su quella che, secondo una nomenclatura ormai iper-inflazionata – potremmo definire la “guerra Lancia-Audi”, la sfida cioè che vide il gruppo Volkswagen ed il gruppo Fiat contrapposti in quella che fu – di fatto – l’unica stagione in cui ci fu vera lotta tra le due case, il 1983.

Il campionato del mondo rally 1983 offre di per sé una varietà pressoché infinita di spunti cinematografici per così dire “frizzanti”, il che unito al fatto che la protagonista pressoché principale è una Lancia in livrea Martini che batte gli “odiati” tedeschi (sarebbe meglio dire che pareggia con gli “odiati” tedeschi, ma all’italica vulgata popolare piace raccontare un’altra storia, e noi ci adeguiamo per non scontentare i più suscettibili dei fanboy col cappellino) rendeva inevitabile uno sviluppo in senso cinematografico della proverbiale storia di Davide che sconfigge Golia.

Prima di addentrarci nel commento alla pellicola, vale la pena di fare un breve excursus su come realmente andò quel mondiale 1983, per meglio inquadrare il contesto storico e dare gli strumenti necessari ai lettori per meglio capire alcune delle critiche che – da qui a breve – muoveremo senza remora alcuna.

Il 1983 fu il primo vero anno del Gruppo B, dopo che il 1982 vide la debuttante Lancia 037 in fase di sviluppo, e auto afferenti al “vecchio” Gruppo 4, come la Opel Ascona 400 e l’Audi Quattro prima maniera, spartirsi vittorie e luci della ribalta, con l’alloro costruttori assegnato alla casa di Ingolstadt e quello piloti a Walter Röhrl, vincitore di misura su Michele Mouton, che quell’anno scrisse letteralmente la storia del motorsport, con buona pace delle troppe “influencer col casco” che, al giorno d’oggi, reclamano sedili ed attenzioni solo in quanto donne.

Nel 1983 la Lancia si presentò ai blocchi di partenza finalmente a pieno regime, la Rally, volgarmente nota come 037 (dal seriale di progetto Abarth, e non dal record di Röhrl alla Mandria col prototipo come mostrato nel film, primo spoiler) era un vero e proprio prototipo cosrtuito con tecnica formulistica solo per vincere nei rally: l’Audi era certamente avvantaggiata dalla trazione integrale e da una potenza molto maggiore, ma era comunque una stretta derivazione di una vettura stradale, con tutti i limiti di ingombro, peso, distribuzione dei pesi ed accessibilità meccanica che questo implicava, mentre la 037 era il massimo della tecnica pistaiola dell’epoca, con la sola cellula centrale della Beta Montecarlo a darle un flebile contatto con la produzione in serie.

Se a questo panorama aggiungiamo da un lato l’organizzazione perfetta e le idee geniali che l’Abarth era in grado di sfoderare, e dall’altro Audi una non ancora perfetta affidabilità ed un’organizzazione certamente non ai livelli siderali tipici degli uomini di Torino, le premesse per una stagione molto combattuta c’erano tutte, e certamente non sono state smentite dai fatti: cinque vittorie a testa per le due compagini sulle undici prove in calendario, con la sola vittoria al Safari per Ari Vatanen e la Opel a rompere il predominio dei due colossi e delle loro super-macchine.

Finì col titolo costruttori a Torino e con quello piloti ad Ingolstadt, grazie rispettivamente alle frequenti incursioni vincenti delle agili 037 nei terreni di (teorica) esclusiva pertinenza Audi (vedasi Acropoli, Nuova Zelanda, ed in parte Sanremo) ed all’estrema regolarità di Hannu Mikkola.

E Race for Glory? Race for Glory è il tipico motor-movie di recente concezione (comico vedere quanti film di questo genere stiano nascendo nonostante la guerra all’automobile messa in atto dai poteri forti, vero? Evidentemente, alla passione non si comanda, nemmeno da Bruxelles) congegnato più per essere un film “per le masse” che non un documento per gli appassionati più esigenti, ed in questo senso mostra moltissimi dei suoi limiti.

Race for Glory ha dei limiti, ebbene sì, come è quasi inevitabile che sia: non mi riferisco alla nascita della 037 posticipata al gennaio del 1983, né al nome della stessa attribuito ad un fantomatico record fatto segnare alla Mandria da Röhrl col prototipo (vedi sopra), né all’inganno del numero di esemplari messo in atto per ottenere l’omologazione, con un cortile di Beta Montecarlo standard (trovate un cortile di 037 stradali se vi riesce) traslato da A a B mentre il dottor Fiorio portava i membri della FISA a pranzo (episodio riguardante l’omologazione della Stratos, ma anche in questo caso la licenza è perfettamente giustificata dal voler rendere al pubblico la genialità degli uomini Lancia), ma ad altre cose, da Henri Toivonen – diventato un tedesco di nome Kurt – che finisce in coma durante il 1000 Laghi uscendo in un tornante su asfalto (?) e bruciando perché cede una sospensione della 037 (mentre il navigatore si salva, ed anche lui alla fine si sveglia dal coma… magari fosse andata così), ed al dottor Benigno Bartoletti – quello che Ferrari chiamava “l’illustre clinico stipendiato dalla CSAI”- già aggregato all’organizzazione Fiat Abarth da anni che è diventato un’affascinante dottoressa francese coi capelli rossi figlia di un pilota Lancia morto al Tour de Corse (ancora…) reclutata da Cesare Fiorio dopo il Montecarlo 1983.

Tralasceremo auto che partono con un numero ed arrivano con un altro ed altri scivoloni assortiti, come 037 che passano da Evo1 ad Evo2 a seconda delle inquadrature, oppure spezzoni del Safari di repertorio che entrano a tradimento durante il Tour de Corse (che proprio è il massimo), e a molti altri casi: a tratti, sembra di vedere La Voglia di Vincere, sceneggiato Rai di fine anni dove Gianni Morandi/Marco Besson domina il campionato del mondo su una Delta S4.

Di fatto, Race for Glory è un film generalista, ed in questo senso può tranquillamente piacere, a patto però che chi lo guarda sappia veramente poco di rally e della loro storia.

Da consigliare? Certamente più della media dei film di e con Riccardo Scamarcio, ciò non vieta però che molti svarioni sarebbero stati evitabili con zero spesa, e questo lascia un minimo di amaro in bocca.

3 pensieri riguardo “Race for Glory, Audi vs Lancia

  1. e le maltodestrine somministrate ai piloti dalla dottoressa invece delle anfetamine?
    Parere mio? Meglio investire i propri 10 euri per guardare il docu-film “Andrea Moda Formula – la scuderia più folle di sempre” su Vimeo.

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  2. Ero indeciso se vedere o no questo film, temendo una sequela di imprecisioni (eufemismo) poi puntualmente verificatesi, ma propendevo per il “no”.

    Adesso ho deciso: “no”, senza dubbio “no”…

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  3. Ho spesso detto che l’automobilismo (e lo sport in generale) raccontano già delle belle storie e ripercorrerle in forma di fiction rischia di essere inutile e anche fastidioso. A quel punto tanto varrebbe reinventare tutto alla ricerca di un’originalità assoluta, ma per la maggior parte di autori e produttori è un esercizio troppo difficile oltre che poco allettante per un certo tipo di pubblico. Si tratta comunque di prodotti commerciali con tutti i loro limiti tecnici e di narrazione.

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