Segreti di bellezza: Ferrari 250 GT Bertone

di Alessio Di Zoglio1

Nel secondo dopoguerra le Carrozzerie italiane godono della loro stagione migliore. La numerosità e i memorabilia della produzione comprovano gusto per la sperimentazione e agio del risultato. A cavallo tra i ‘50 e i ‘60 si compie la gloriosa dinastia delle Ferrari 250 GT, grazie principalmente a Pininfarina e Scaglietti, marginalmente a Zagato, Boano-Ellena, Fantuzzi e Bertone. Quest’ultima realizza due esemplari unici sul telaio a passo corto di 2400mm: il più recente spicca per una misteriosa consapevolezza del futuro.

Si chiama 250 GT Berlinetta Passo Corto Lusso Bertone, risale al 1961 e reca il telaio #3269GT. Debutta al Salone di Torino del 1962 e il suo disegno, attribuito a Giorgetto Giugiaro, modifica profondamente l’originale. È riconoscibile innanzitutto per il frontale “a naso di squalo” ispirato alla Ferrari 156 F1, così come succede nelle 250 TR e 330 TR.

Frontale basso e rastremato. Soluzione assodata conoscendo l’auto, ma non scontata per l’epoca quella di integrare i fari nella mascherina: il gesto consueto sarebbe posizionarli in rilievo sui parafanghi, lasciando in basso le narici da squalo col solo compito di prese d’aria. La perizia e l’ambizione di Giugiaro ci consegnano invece un frontale più sgombro e basso, dove sono protagonisti gli unici due effetti davvero importanti: la curvatura dei parafanghi verso la mascherina (al fine di aumentare la larghezza percepita della carreggiata e costringere lo sguardo verso i fari) e il disegno della mascherina stessa (per valorizzarne il significato grafico e facilitarne la riconoscibilità). Le maglie rettangolari della griglia e lo stemmino su sfondo giallo aiutano l’osservatore a capire che si tratti di una Ferrari.

Discutibile la scelta, post restauro e cambio colore, di aggiungere un grande cavallino appena sotto la punta del muso: sembra pleonastico e invadente. Semmai più sfiziosa ed elegante quella di porlo sulla griglia sinistra, come nella foto in cui posa Nuccio Bertone. Altre prove di sensibilità estetica continuano in fiancata.

Verso il cuneo. In forte anticipo sugli anni ‘70, la #3269GT sperimenta un distacco educato dai suoi tempi riguardo alla direzione delle linee di forza in cintura: la GTO conserva il classico andamento discendente dal muso alla coda, mentre la Bertone precorre la forma a cuneo, aiutata anche dal taglio ascendente della base del finestrino. Ne risultano un maggior bilanciamento tra i vettori che puntano al muso e alla coda e un minor peso grafico su ruota e sbalzo posteriori; conquiste, queste, neanche oggi di comune dominio. E non è solo la linea di cintura a lavorare sull’armonia.

Tetto pettinato. La cornice superiore della portiera nella SWB scende soltanto all’indietro; nella Bertone è più curvata e punta anche in avanti. Così il tetto prende una forma più tesa e sembra trarre forza già dalla base del parabrezza, con cui fa linea continua, invece che dalla sommità. Insomma, come nelle auto moderne un unico arco a raggio variabile disegna tutto l’abitacolo. Ma il sistema di sinergie continua con le proporzioni.

Non oltre l’asse posteriore. Per la Berlinetta Lusso Pininfarina, conosciuta come GTL, viene preparato un maggior spazio dietro i sedili, pur non adatto a passeggeri; quindi il montante C inizia e finisce ben oltre l’asse posteriore e la faccia laterale dell’abitacolo sta perfettamente tra la metà e il termine del passo di 2400mm. Il montante C della Bertone inizia prima e finisce in corrispondenza del centro ruota; quello A sembra arretrato in favore di un parabrezza più avvolgente; così, l’abitacolo è più corto e avanzato, alleggerisce il posteriore e conserva comunque fluidità grazie al tetto molto curvo. A prova della volontà di contenere il secondo volume in favore degli altri, c’è un’altra abile mossa.

Volumi nascosti. Mentre la linea di cintura è tenuta bassa e la distanza tra i montanti ridotta, i volumi dei due cofani e dell’abitacolo sono ottenuti mediante generose bombature. Per effetto della prospettiva, più l’osservatore sia avvicina più queste tre grandezze si riducono, cosicché la carrozzeria sembri piccola e le ruote grandi. Aiuta in ciò anche il profilo inferiore vetri “a culla”, che taglia saggiamente in anticipo parabrezza e lunotto sui rispettivi cofani. All’inganno della prospettiva si accompagna il trattamento delle sezioni trasversali.

Abitacolo lontano. Da qualunque angolazione si ammiri la #3269GT, il corpo abitacolo sembra lontano dal punto di osservazione. Perciò l’auto appare bassa, agile, muscolosa e con una larga impronta delle ruote a terra. L’effetto è dovuto alla scelta di mantenere le fiancate larghe e inclinate negativamente ben più su dei passaruota e fino alla linea di cintura; questo sistema genera un’evidente soglia o spalla, cioè sbalzo di profondità, tra il fianco porta e la parete vetrata; la sezione abitacolo risulta compressa, mentre la sezione carrozzeria espansa in alto e cucita in basso, a tutto vantaggio dell’esaltazione di ruote e carreggiate. Questa tecnica è premiata dalla sensibilità esecutiva: il perimetro di sezione è continuo e composto da curve tese ma dolcemente raccordate; d’avanguardia la decisione di collegare bombatura parafanghi a base vetri con una evidente superficie concava, forse la più bella caratterizzazione della vettura. Peccato vederla andare via.

Impeccabile nei saluti. Il posteriore mantiene il linguaggio finora incontrato, senza bisogno di aggiungere niente. Dunque coda rastremata verso i fari, incassati come a richiamare gli anteriori, e solo elementi grafici funzionali. Il volume è solo un po’ basso rispetto ai criteri di equilibrio odierni, tanto più se si considera la tendenza crescente della linea di cintura. Il taglio molto alto della lamiera sotto il paraurti lascia uno spazio privilegiato all’osservazione degli scarichi, sorta di seminudo meccanico; inoltre alleggerisce lo sbalzo perché impedisce alla carrozzeria di “spingere” graficamente in basso i terminali. Ma quanto dobbiamo oggi alla #3269GT?

Fianchi stretti e curve atletiche. L’erede della 250 GT sarebbe teoricamente la GTC4Lusso, date la motorizzazione e il posizionamento in gamma. Tuttavia, l’architettura della Roma è meno compromissoria in fatto di voluti abitativi e meglio calza il confronto con la SWB Bertone, che in verità non ha un’erede né vuole averla. La Roma è altresì la più recente espressione di granturismo classica a motore anteriore Ferrari e, al di fuori di Maranello, è l’ultima apparsa sul mercato dopo l’Aston Martin V8 Vantage. È inoltre l’esempio più cristallino di come oggi si riesca a disegnare efficacemente questo genere di vetture. Ebbene, l’ ”insistente modernità” della Bertone consta nella pressoché immutata impostazione basilare della silhouette granturismo da allora a oggi. La pianta è stretta intorno all’abitacolo, si allarga verso le ruote e converge in coda e frontale, in modo sinuoso. La linea mediana traccia un lungo cofano motore, poi spicca un salto e scivola sul baule posteriore. Il profilo inferiore dei finestrini prende velocità e quota prima dell’asse posteriore, cedendo il potere al parafango e chiudendo in anticipo il secondo volume. La curvatura del tetto spinge sia in avanti che indietro, riducendo l’altezza percepita del montante A e della vettura tutta. Forse per coincidenza, i due lunotti hanno perimetro simile, come simili sono le bombature centrali sul cofano motore. Svelati i “segreti”, non è tolto il “mistero”.

Come fanno un Carrozziere e uno Stilista, sessant’anni fa, a impostare una morfologia dalla bellezza ancora attuale? Dove trovano la tecnica e il coraggio di non subire la moda?

Qualsiasi prodotto stilistico d’eccellenza presente e futuro varrà tributo alla 250 GT Berlinetta Passo Corto Lusso Bertone e ad altre opere passate di pari significato.

  1. I lettori di PLIT hanno già apprezzato, di Alessio Di Zoglio, l’articolo sulle Lancia, che potete ritrovare a questo link: https://pitlaneitalia.com/2024/03/15/tre-lancia-inedite/. Di Zoglio ha 37 anni, ha studiato economia a Teramo, lavorando poi 13 anni in banca per lasciare due anni fa. Dopo una breve esperienza come artigiano marmista, Di Zoglio lavora adesso come operaio metalmeccanico in una ditta che stampa le lamiere interne delle scocche auto. Da autodidatta ha imparato a disegnare auto in 2D e in 3D. Ha frequentato qualche anno fa la giapponese Car Design Academy per correggere e migliorare la sua tecnica. Gli interessano lo stile dell’auto, sia interno sia esterno, più le altre forme del design, dal product al graphic all’user interface. “Miro non tanto alla conoscenza enciclopedica – ci dice – quanto alla comprensione del pensiero da cui scaturisce lo stile. Non ho un profilo social dove pubblico le mie idee né un portfolio organizzato, forse per l’esiguità numerica dei lavori finiti, forse per severità autocritica, forse perché uso i social per ricerca e non per visibilità. Su consiglio dell’ingegner Fumia e dell’architetto Cartia (Pininfarina) ho approcciato la scrittura di articoli analitici sul design auto”. Le pubblicazioni di Di Zoglio le trovate su PLIT e su Autologia. “Scrivo non perché penso di essere bravo a farlo – spiega – ma per suggerire il tipo di articolo che mi piacerebbe leggere ma nessuno scrive. Disegno non perché mi piaccia farlo o pensi di essere bravo, ma perché è lo strumento per creare ciò che mi piace guardare e per suggerire quello che vorrei altri disegnassero. Ho portato in 3D la coupé Lancia di Fumia proprio perché non mi bastavano i suoi disegni per guardarla: volevo contemplarla da infinite angolazioni, tanto era bella”. Ringraziamo con grande riconoscenza Alessio Di Zoglio per aver scelto PLIT per la diffusione di alcuni dei suoi pregevoli saggi. ↩︎

6 pensieri riguardo “Segreti di bellezza: Ferrari 250 GT Bertone

  1. Vedo con molto piacere l’ intervento sulle Lancia non è stato un singolo episodio.

    Opportuno e necessario il profilo di David sull’ Autore, soprattutto per chi, come me, non lo conosceva. Trovo sorprendente il suo curriculum e mi auguro di poterlo leggere ancora.

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  2. Grazie, Marco Nolasco. Non ho trovato il suo indirizzo social, altrimenti le avrei scritto direttamente. Mi fa molto piacere che abbia notato subito entrambi gli articoli e li abbia addirittura apprezzati. Non mi aspettavo un granché, come riscontro, siccome ho sperimentato, negli anni, che l’analisi approfondita del disegno automobilistico sia un argomento parecchio impopolare, un misto tra il noioso, il superfluo e lo sfigato. Per di più, credo di avere un eloquio piuttosto contorto e pesante. Se il lettore arriva in fondo all’articolo senza chiudere, sono già soddisfatto. Se riesco a destare interesse, sono incredulo. Ringrazio David Tarallo per il coraggio di sperimentare questo nuovo modo di scrivere sul design.

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    1. Gentile signor Di Zoglio, non ho account su nessun social network, anche se forse dovrei. partecipo a vari forum, tra quello di Modelli Auto, che in questi giorni è nuovamente offline, e talvolta David mi ospita si questo blog.

      Da sempre sono interessato al design automobilistico, che a parer mio, almeno in certi casi, può essere considerato una forma d’ arte, anche se è vincolato in qualche misura dagli aspetti funzionali dell’oggetto, e i suoi articoli mi danno dei riferimenti per analizzare e comprendere le scelte stilistiche dal progettista.

      Il lessico non è pesante né contorto. E’ forse necessario, almeno dai profani come me, un certo sforzo di comprensione a cui, in epoca di banalizzazione di appiattimento di tutto ciò che non è facile e immediato, non siamo forse più abituati, ma è insito nella materia e lei, anche con gli allegati grafici, lo chiarisce al meglio. Attendo i suoi prossimi interventi.

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  3. Sono io che devo ringraziare Alessio per i suoi contributi. Tra l’altro nei prossimi giorni ne leggerete un altro che – posso anticiparvi – sarà sul design BMW. Trovo gli articoli di Alessio tutt’altro che contorti e pesanti, anzi: sono ricchi di cultura automobilistica ma allo stesso tempo appassionano e divertono anche. E – cosa assolutamente non scontata ma essenziale per poter pubblicare su PLIT – sono scritti in un italiano eccellente.

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  4. Sono d’accordo, anch’io ho apprezzato molto l’articolo ed anche il fatto che sia scritto in un italiano corretto e gradevole è una bella nota di merito (soprattutto al giorno d’oggi)!

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