BMW Serie 5 G60: tanta potenza da controllare

di Alessio Di Zoglio

È con rispetto e riconoscenza che va commentato lo stile BMW, perché negli ultimi vent’anni è stato guida e ispirazione per molti Costruttori. Ciò premesso, la dialettica fa bene al design e testimonia l’interesse nei confronti dell’auto.

Il nuovo corso BMW è stato anticipato dalle ultime Serie 3, 4, 8 e Z4, ma è più evidente nelle iX, XM e nuove Serie 2, 5 e 7. Sta polarizzando le opinioni di estimatori e detrattori, perciò è spesso paragonato all’era Bangle: se il parallelo è vero per la battaglia dei pareri, non lo è affatto riguardo alla tecnica e al messaggio stilistici. La Monaco degli inizi del 2000 sconvolse tanto per l’entità del cambiamento quanto per l’assoluta novità delle grafiche introdotte e la loro lontananza dai trend; furono invece i temi BMW a dettare una nuova tendenza e a generare la rendita di cui il design mondiale approfitta ancora oggi (vedere taglio dei fari, nervature e curvature della carrozzeria). Il corso attuale innova profondamente superfici, geometrie e proporzioni della Casa, ma con tecniche per nulla inedite. Si fa interprete molto capace, forse tra i migliori, delle nuove tendenze, però comportandosi da seguace invece che condottiero, per la prima volta nella storia BMW. Un’altra prima volta è la trascuratezza di alcuni equilibri estetici, quelle attenzioni che hanno sempre spiccato e adesso sembrano venute meno. Forse succede perché i nuovi disegni sono tanto energici e complicati che la normale diligenza non basta a controllarli.

Di seguito, le analisi delle viste più importanti della nuova Serie 5 G60 per scoprire le magie e i tranelli del suo stile.

Astuzia e pulizia. Ottime le prime notizie dalla fiancata. La linea di carattere inferiore prende a salire appena dopo la ruota anteriore e conferisce necessaria snellezza e notevole slancio alla coda; è un tratto deciso e continuo, segno di intenzioni precise e realizzazione efficace. Lo stesso andamento è ripreso alla base dei finestrini.

Su una fiancata pulita (priva di venature o altre grafiche ridondanti) tornano le maniglie a filo, vecchia tradizione bavarese, dal disegno semplice, espressivo e ben integrato (il perimetro esagonale è ricorrente all’esterno come all’interno della vettura).

Il “gomito” a chiusura dei finestrini ha due caratteristiche inedite per una Serie 5: perde la classica rotondità e si spinge oltre il taglio della porta posteriore. Se la prima scelta richiama le geometrie esagonali diffuse, la seconda è una furbizia: a causa dell’estensione in altezza della porta, la curvatura tradizionale del gomito avrebbe dato al montante C un aspetto troppo sottile in alto e troppo spesso in basso; la nuova terminazione, invece, sfina sia montante che finestrini. Lodevole il senso della misura con cui la soluzione è stata gestita: appena più allungata, avrebbe fatto sembrare l’auto una due volumi e mezzo, o un’Audi. Più riempitiva che significativa l’applicazione del numero 5 sul gomito; stridente, tra l’altro, con la facoltà di eliminare la targhetta del modello sul baule.

Frontale scollegato. Alla linea di carattere superiore non è riservata la stessa cura di quella inferiore. Come purtroppo succede in moltissime automobili (recentemente anche BMW), nei pressi del passaruota anteriore qualcosa si rompe: detta linea perde continuità e, con essa, si scollegano anche i riferimenti adiacenti che farebbero da griglia ideale per la costruzione del frontale; il risultato è un muso disallineato.

Il faro posteriore resta al di sotto della linea di carattere e le maniglie corrono tra questa e la base del faro, secondo un equilibrio mantenuto per i 5/6 della fiancata. Il faro anteriore, diversamente, fa un salto al di sopra della linea di carattere e trascina in su tutto il frontale. Il suo confine superiore diventa il taglio del cofano, che è allineato alla base dei finestrini, non alla linea di carattere.

Quando le linee di costruzione della fiancata non continuano sul frontale, questo non “gira” intorno all’auto, rimane bloccato nella sua dimensione e con esso si ferma tutta l’auto.

Perdita di dinamismo. Un muso così alto rispetto alle ruote non infonde velocità alla linea, anzi sembra sproporzionato e fermo, ritagliato, ingrandito e poi foto-montato. Parimenti, un felino che tenga lo sguardo sopra l’altezza delle spalle non dà la stessa impressione di movimento di un altro che abbassi la testa per prepararsi all’attacco.

Le responsabilità del doppio rene. Probabilmente, la volontà di un “doppio rene” tridimensionale (peculiarità del nuovo corso stilistico BMW) ha reso necessario che questo scavalcasse lo spigolo della linea di carattere superiore, si estendesse sul cofano e guadagnasse profondità; di conseguenza, che i fari salissero per recuperare un allineamento armonico. Ma il risultato desiderato è disturbato da due fattori: la sporgenza della costruzione si colloca virtualmente nell’area scura all’interno del rene, quindi è nascosta nella maggior parte delle visuali e delle condizioni di luce; il percorso del bordo cromato ha poca o nessuna tridimensionalità, siccome giace alla base del poliedro, cioè laddove questo ancora non sviluppi il proprio rilievo.

Le dimensioni della mascherina, infine, sembrano eccessive rispetto all’intera sezione frontale: lo prova il fatto che i fari siano spinti tanto all’esterno da deformare lo “sguardo” dell’auto, come occhi troppo ai lati delle tempie; ne risente anche la larghezza percepita dei parafanghi, dunque delle carreggiate, a svantaggio di eleganza e sportività. Ciò che stupisce maggiormente, trattandosi di una BMW, è che la Casa sia sempre stata alla larga dalle mode, ma poi abbia deciso di seguire quella delle mascherine giganti proprio quando si era già rivelata per tutte le sue controindicazioni.

Pochi scrupoli. Ancora all’anteriore, il paraurti standard crea un bel gioco di luci e profondità; linee discrete si alternano in convergenze e divergenze e disegnano le prese d’aria, mentre doppio rene e fari restano protagonisti.

Nel paraurti M Sport ci sono alcune aggiunte di plastica nera che pare vogliano simulare una maggiore ampiezza delle feritoie e, al contempo, stupire con geometrie ardite: nessuno dei due obiettivi sembra adatto al tipo di vettura. La BMW potrebbe aver abbracciato la tendenza all’overdesign per apparire a tutti i costi, anche a costo di scadere nel cattivo gusto di questi paraurti M.

Anteriore lento, posteriore veloce. A riscatto della perdita di riferimenti del frontale, in coda le linee di forza brillano per continuità e sinergia. La parte alta ne esce sottile, leggera e rastremata, i parafanghi possenti, la carreggiata larga.

Finezza contro imprecisione. La tradizionale forma a “L” del faro posteriore BMW è ottenuta con un gesto esperto e calibrato: il piccolo scalino esterno che va a raggiungere la linea di carattere superiore, sottolineato dalla grafica analoga dei corpi luminosi interni.

Strana, invece, quella che sembra essere una svista: il perimetro della sporgenza del paraurti posteriore sembra corrispondere a quello dell’anteriore, a meno dell’interruzione nel cambio di livello verticale, che all’anteriore non c’è; il sistema, così, è più banale ed elude l’uniformità anteriore-posteriore.

Si prende l’ultima parola. Alla coda di un’auto spetta il linguaggio dei saluti; la nuova Serie 5, col suo disegno forte, a tratti esagerato, è un’accentratrice nei discorsi e si congeda in modo provocatorio. Entrambe le soluzioni acquistabili hanno delle grafiche appariscenti.

Il paraurti standard ha dei “rostri” cromati che sembrano una citazione delle cromature presenti sul muso (doppio rene) e sulla fiancata (cornice finestrini). Il loro sviluppo verticale accentua l’altezza percepita del volume inferiore, vanificando in parte l’alleggerimento eseguito nella parte superiore.

Il paraurti M Sport ha una sezione scura più estesa, che riesce invece a snellire il volume. Resta la complicatezza geometrica voluta ed esibita.

Piacere di Guardare. All’interno di un’auto è meno frequente che all’esterno vedere salti generazionali consistenti, per questo la forte innovazione della G60 colpisce in positivo. Una scelta che potrebbe fare scuola è che il disegno del cruscotto non sia asservito a quello delle bocchette d’areazione, qui completamente mimetizzate. È ridotto al minimo l’uso di cornici e modanature, le strutture di base sono geometrie elementari, mentre i dettagli sono molto articolati: una comunicazione di lusso molto credibile, che invita a gustare ciò che è fine senza ostentare quello che fa chiasso.

Il motivo esagonale, già visto all’esterno, entra dagli specchietti retrovisori e attraversa volante e strumentazione, per trasformarsi poi in pattern triangolari sugli altoparlanti, lo sfondo del computer e alcuni rivestimenti; infine, si scompone nelle sue linee di costruzione oblique per tagliare i pannelli porta, ricamare i sedili e disegnare altri motivi.

Di grande sensibilità la condivisione della morfologia tra le modanature di volante, cruscotto e maniglie porta: il materiale utilizzato è lo stesso e viene piegato per creare un’orecchia, sicuramente per citare la “L” dei fari posteriori.

In attesa che la tecnologia Mixed Reality Slider della i Vision Dee approdi alla serie, la maggior parte delle informazioni va letta sul grande schermo curvo anziché sul parabrezza. La moda attuale vuole che i monitor siano palesemente separati dal disegno della plancia, perché risaltino il più possibile. La BMW la segue senza neanche preoccuparsi di tagliare il display in un modo più personale di un semplice rettangolo.

2 pensieri riguardo “BMW Serie 5 G60: tanta potenza da controllare

  1. Essendo appassionato di car design ( in una prossima vita magari metterò in pratica questa passione… ), ho letto con grande attenzione e piacere le analisi dedicate al car design stesso. Ovviamente, data l’ evidente competenza dell’ autore, non oso aggiungere nulla a quelli che sono dei piccoli trattati di design industriale. Aggiungo solo, parlando di BMW, che a mio parere le auto realizzate dalla matita di Giovanni Michelotti restano impareggiabili e inarrivabili per classe e compostezza formale, pur essendo dinamiche e aggressive, anche a distanza di decenni. Per il resto, complimenti!

    "Mi piace"

    1. Anche per me le BMW di Michelotti sono fra le più belle. Ammiro molto in genere le loro linee anni ’80 e primi anni ’90, in cui hanno raggiunto un equilibrio e un’essenzialità mista ad un’eleganza e ad una sportività difficilmente eguagliabili. Già con Chris Bangle per me hanno iniziato a perdere la bussola. Quanto a oggi, sarà perché ormai sono vecchio, ma mi pare solo roba fatta per piacere ai ricchi cinesi.

      "Mi piace"

Scrivi una risposta a Giovanni Danese Cancella risposta