Modelli del passato: Alfa Romeo Giulia 1600 ti Dinky France

Difficile non cedere alla tentazione, riordinando alcuni modelli, di comporre delle specie di dioramini, ad uso personale e dei malcapitati lettori di PLIT. L’importante è non esagerare aggiungendo roba improponibile. Raramente si parla qui dei marchi classici del passato: Corgi e Dinky, soprattutto, vengono sistematicamente ignorati, non per scarso amore nei loro confronti (anzi) ma perché su di essi sono stati già versati fiumi d’inchiostro e aggiungere particolari freschi se non inediti è quasi impossibile per chi non sia un iper-specialista del settore. Io non lo sono ma non per questo modelli di queste marche sono stati per me una presenza costante nella mia vicenda di collezionista. E alla serie 24 della Dinky France, che a lungo è stata considerata come la serie per eccellenza del marchio di Bobigny, ho sempre preferito la 500, più vicina per motivi anagrafici, secondo me con un equilibrio fra essenzialità e dettaglio difficilmente eguagliabile. A differenza di altri produttori, Dinky France seppe evolversi nell’arco di un ventennio, passando con grande eleganza dal mondo del giocattolo fino quasi alle soglie dello speciale ante litteram.

La Giulia 1600 ti berlina venne commercializzata dal 1966 al 1971 e a mio parere è uno dei migliori “500”. Va detto che ogni qual volta Dinky France metteva mano a macchine nostrane, il risultato era decisamente buono: basti pensare a un altro capolavoro della serie, la Fiat 850 berlina. Le italiane tiravano e del resto la Giulia era anche una vettura internazionalmente riconosciuta. Nelle sue varianti di colore, da quelle più comuni (beige, bianco, argento) a quelle meno frequenti (verde pallido)1, tutte con interni rossi, la Giulia Dinky non è un modello facilissimo da reperire, almeno in condizioni perfette con scatola.

Gli interni rossi aggiungono un tocco di classe a uno dei modelli più riusciti della serie 500. I contachiodi assatanati si mettano i cuore in pace: le ruote sono semplici dischetti in metallo

Ci fu anche una versione export per il mercato spagnolo, argento (ma diverso da quello della Dinky France) coi soliti interni rossi, con pneumatici marchiati Pirelli e targa Barcellona. Nel 1967 la Dinky riciclò la Giulia 514 per creare una versione rally, numero di catalogo 1401, venduta solo rossa, con fantasiosa decorazione di gara. Questa variante uscì di produzione un anno prima della stradale. Era l’arte della ribollita o del pain perdu, visto che si parla di Francia, esercitata con più o meno signorilità un po’ da tutti i produttori di diecast. Fine delle poche informazioni storiche, peraltro già lette e stra-lette. Altri appassionati ben più acculturati potranno aggiungere particolari ben più sapidi e originali.

D’accordo, ambientazione un po’ naif ma stavolta ci sta. Da notare, sulla Giulia, i vetri delle portiere anteriori a scorrimento. Cofano motore e bagagliaio erano apribili e le sospensioni erano funzionanti

Il sugo della storia, come avrebbe detto don Lisander, è un altro ed è il fascino che ancora oggi queste macchinine sanno emanare. Se gli archetipi esistessero anche nella realtà, oltre che nella mente dei filosofi, questa Giulia sarebbe un archetipo. Nessun bisogno di rompersi le corna alla ricerca del giusto colore per il fondo della strumentazione o della corretta forma dei sedili secondo il millesimo. Questo tipo di modelli deve (e sa) andare oltre. Certo, se all’epoca avessero disposto della tecnica di una Laudoracing o di una OttOmobile, avrebbero fatto un Laudoracing o un OttOmobile. Del resto nessuno negli anni ’60 si sarebbe divertito a fare monoscocche in alluminio se la tecnologia della fibra di carbonio fosse stata disponibile facilmente e a basso prezzo, giusto così per rendere l’idea.

L’iconografia dei disegni delle scatole dei modelli d’antiquariato è ormai oggetto di studio e catalogazione da parte di tanti collezionisti. Anche dietro a queste semplici decorazioni si nasconde un mondo di disegnatori, grafici, artisti che via via prestarono la loro abilità tecnica e interpretativa alla causa industriale

Eppure, a quasi sessant’anni dalla sua commercializzazione, questa Giulia è tanto più Giulia di quelle che son venute dopo, tantoché ad essa si sono ispirati marchi artigianali come Provence Moulage o la nostra Elite Models per il loro speciali (un consiglio a latere: se avete in collezione qualche Elite, non necessariamente Giulia, tenetevelo stretto: Paganini-Vincenzo non ripete). E mentre i produttori di giocattoloni cinesi 1:18 s’incaponiscono a piacere alle generazioni di ex-bambini, diventati bambinoni, che vanno in sollucchero per le ruote sterzanti infilate a forza su un resincast o per i numeri in rilievo delle targhe, che ripassano con le dita come se fossero dei non vedenti alle prese con Histoire d’O in braille, i modelli del passato raccontano ancora delle storie, meno appariscenti forse, ma fatte di tempo che scorre più lentamente e di un mondo meno disumano. Passando qualche minuto ad ammirare i bei disegni sulle scatole si può in parte riascoltare la voce di quegli anni e lasciarsi portare da suggestioni vissute o semplicemente immaginate. Se poi viene da aggiungere due o tre valigie in resina per fare la solita foto sul fondo di pavé della Vollmer, vorrà dire che i pensieri della vita si saranno per un breve istante dissolti alla luce di un sabato pomeriggio. Magicamente.

  1. Va aggiunto poi il grigio chiaro del modello inserito nel coffret numero 1460. Nel catalogo 1966 la Giulia era mostrata in color melanzana, mai commercializzato. ↩︎

4 pensieri riguardo “Modelli del passato: Alfa Romeo Giulia 1600 ti Dinky France

  1. “questa Giulia è tanto più Giulia di quelle che son venute dopo,”, vero, verissimo! Per esempio della Minichamps, tanto per non fare nomi…

    Mi manca, all’ epoca preferii l’ Edil Toys per via delle quattro portiere apribili (con telaio) , ma anche per i cerchi “fedeli”. Anche il modello milanese, a parer mio, rende bene l’ idea della vera, meglio di altre riproduzioni coeve.

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  2. Bell’articolo, piacevole sotto tutti gli aspetti. Questi scritti sui “modelli del passato” aprono delle interessantissime finestre su un mondo – quello degli obsoleti – che ahimè conosco pochissimo, complice un’infanzia fatta quasi solo di Solido e Polistil serie RJ (quante innumerevoli ed amatissime gare con i miei due fratelli!)…

    Un tuffo nel passato (un passato che a sua volta torna attuale) lo faccio sempre volentieri!

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