Gli Starter factory built

Nella lunga storia di Starter e Provence Moulage, il modelli montati costituiscono un capitolo tutto sommato marginale, anche se a un certo punto essi furono fondamentali per la prosecuzione dell’attività di entrambi i marchi. A parte ciò, la loro genesi e la loro persistenza nel decennio scarso che va dal 1993-94 al 2002-2003 sono abbastanza misconosciute ai più. Pensavo a questo, mentre l’altro giorno recuperavo a Lione un paio di Starter della serie dei vincitori di Le Mans, la Mazda del 1991 e la Dauer Porsche del 1994.

Gli Starter factory built erano venduti in scatole vetrina i cui motivi grafici richiamavano le confezioni dei kit, che i collezionisti avevano imparato a riconoscere fin dal 1983

Su questi modelli si possono fare ancora diverse considerazioni, tanto più che l’argomento, affrontato a più riprese sul vecchio blog, forse oggi come oggi mostra i segni del tempo. Proprio la vicenda dei montati non venne coperta con l’esattezza necessaria, lasciando diversi spazi vuoti in una narrazione che avrebbe potuto (e dovuto) essere più puntuale e rigorosa. Spesso per comodità, si sfuma, si accenna, addirittura si immagina, per evitare di scivolare dalla tranquillità delle nostre conoscenze acquisite al terreno minato della ricerca. Capita a tutti e capiterà ancora su PLIT, ma a oltre dieci anni di distanza da quanto, ad esempio, si affrontò la storia di Starter, sarebbe il momento di tornare su certi aspetti con maggiore completezza e più documentazione. Tutto invecchia, anche gli articoli per quanto validi e apprezzati al momento dell’uscita. Speriamo di riuscire a farlo in un prossimo futuro.

Nella serie dei vincitori di Le Mans, la Dauer Porsche del 1994 non era certo la più riuscita, con il tetto riprodotto con una bolla in termoformatura da applicare alla carrozzeria in resina. Chi ci sarebbe riuscito perfettamente? Un Magnette? Un Fadini? Non certo un operaio di una fabbrica del Madagascar. Ma nemmeno lo sfortunato modellista medio, acquirente del kit!

Intanto qualche osservazione sparsa non farà male. Piuttosto costosi all’epoca dell’uscita, gli Starter factory built non hanno mai avuto vita facile. A metà anni novanta, in assenza di una Spark che ti rifaceva l’intera griglia della 24 Ore di Le Mans, l’offerta di Provence Moulage e di Starter era sì generosa ma costringeva i collezionisti a sforzi considerevoli nel gestire il montaggio di decine di kit. L’idea di proporre alcune tematiche tipo le vincitrici della 24 Ore o le vetture rally più popolari in forma montata era sicuramente valida ma si scontrava con logiche produttive da rinnovare o da reinventare, anche se la manodopera in posti come il Madagascar costava enormemente meno rispetto a un laboratorio in Francia. Già all’epoca il collezionista capiva di trovarsi di fronte a un qualcosa che avrebbe potuto funzionare ma a cui mancava ancora il coraggio dell’idea di rottura. Idea che un Lang aveva avuto con la Minichamps in Cina e questo già dai primissimi anni ’90, per non parlare di quello che di lì a poco sarebbe accaduto con Spark e Bizarre, che sono i due marchi che effettivamente portarono a compimento, in chiave finalmente industriale, l’evoluzione del modello speciale in resina.

Oggi gli Starter factory built si trovano come e meglio di dieci anni fa. A parte qualche esemplare montato letteralmente coi piedi, nella maggior parte dei casi la qualità complessiva è accettabile e i materiali sono invecchiati bene. Ecco, casomai sarebbe da determinare con maggiore esattezza la ripartizione delle varie edizioni secondo i luoghi di montaggio. Anche nel caso di modelli identici, le serie e i numeri di catalogo possono variare.

Non sono rari lotti che escono solo ora fuori dai garage di ex-dipendenti o collaboratori di Starter o Provence Moulage e in quel caso si possono portare a casa pezzi magari ancora sigillati con la loro fascetta, letteralmente mai usciti dalla scatola. Il problema maggiore è quello dell’essiccazione delle colle che in certi modelli come le TWR Porsche si sono seccate perdendo completamente il loro potere aderente.

Un soggetto di palpitante attualità era l’Audi R8, protagonista delle 24 Ore di Le Mans di inizio anni 2000

Si rischia quindi, facendosi spedire un modello per quanto “intonso”, di vederselo recapitare con i cinque o sei pezzi dell’alettone posteriore completamente smembrati a causa delle vibrazioni e non sempre le riparazioni sono semplici, specie se ci sono di mezzo parti verniciate o con decals.

Alcuni soggetti sono leggermente più ambiti, ma spesso il prezzo richiesto raramente supera i 25-30 euro. Qualche quotazione superiore la spuntano i modelli della serie “Nationale 7” di Provence Moulage, ma questi meriterebbero un discorso a parte, pur essendo, chi più chi meno, assimilabili alla grande famiglia di cui stiamo parlando, ancorché in modo abbastanza generico.

L’interesse di questi modelli è essenzialmente storico. Essi rispecchiano il classico modo in cui i produttori provenzali affrontavano il modellismo: semplicità, temi spesso molto conosciuti (anzi, talvolta così tanto conosciuti da rasentare la banalità), ampiezza massima dell’offerta. In questo, c’era già in nuce l’idea vincente di Spark. Anzi, retroattivamente, i primi compratori di Spark avevano ben chiaro cosa fosse uno Starter1. Si può dire che i successi iniziali di Spark fossero propiziati proprio da certe somiglianze (se vere o frutto di suggestione si potrebbe stare giorni a discuterne) con il classico kit del sud della Francia.

Credo che nessuno oggi comprerebbe una Jaguar D o una Porsche 935 K3 factory built di Starter per colmare una lacuna nelle proprie tematiche automobilistiche. Dal punto di vista modellistico, invece, il discorso può cambiare, perché questi pezzi testimoniano nel migliore dei modi (verrebbero in mente anche altri marchi di cui prima o poi parleremo) il passaggio fra la concezione tradizionale del kit alla massificazione del modello montato.

foto di apertura: la Mazda 787B vincitrice della 24 Ore di Le Mans 1991.

  1. Oggi questo legame si sta progressivamente perdendo. Del resto anche Spark ormai ha un quarto di secolo sul groppone. Il tempo passa per tutti. ↩︎

2 pensieri riguardo “Gli Starter factory built

  1. cari vecchi starter e provence . Ne ho centinaia montati da me nelle varie bacheche in giro per casa (… santa moglie). E ne ho decine , forse un centinaio , ancora dimostrare. Tantissimi kit montati e da montare …tranne uno , la rondeau a379 vincitrice lm80. Non ricordo esattamente perché la comprai , dato che avevo il kit da fare . Il montaggio non è un granché e i cerchi, sostituiti con dei robustelli (mi pare) , erano realmente orribili . I vetrini invece erano perfettamente “tagliati ” ed incollati senza sbavi e la verniciatura buona . Che dire . Quella dauer 962 . Quel osceno cupolone termoformato di sproporzionate misure rende ingiustizia ad un modello altrettanto ingiusto. Ho montato il provence con uno stampo che fa invidia alle spark . In ogni caso W I KIT dell’epoca. Il gusto di aprire ancor oggi quelle magiche scatolette ed “ANNUSARLE” non ha paragoni

    Dario

    "Mi piace"

    1. I cerchi a volte erano alquanto semplificati, altre volte erano accettabili. In quell’epoca, però, Provence Moulage aveva decisamente messo la freccia, lasciando Starter sempre più indietro, senza più né fiato né le risorse per tentare un recupero. Anche dalle scatoline dei montati esce l’odore della resina, inconfondibile e così evocativo per gli appassionati.

      "Mi piace"

Scrivi una risposta a Pitlaneitalia Cancella risposta