Ferrari 512BB-LM: c’è un nuovo sceriffo in città

testo e foto di Claudio Govoni

Uno dei miei feticci automobilistici è senz’altro la Ferrari 512BB in versione gara.
La passione per questa vettura nasce presto: nel 1984, per il mio settimo compleanno, mi fu regalato il kit della “Ferrari 512BB Daytona” di Burago.
Modello dalle forme ispirate alla 512BB del team Francorchamps, ma di colore e con una livrea di fantasia ispirata alla NART. Le appendici aerodinamiche esagerate non potevano non solleticare la fantasia di bambino e, del tutto indifferente agli errori storici, me ne innamorai istantaneamente.
Nel corso degli anni è stato quindi per me naturale cercare di ripercorrere, modellisitcamente parlando, la storia agonistica della berlinetta boxer, con una particolare predilezione per le versioni aerodinamiche sviluppate in collaborazione con Michelotto dal 1979 in avanti.
Penso di aver avuto per le mani certo non tutti, ma un buon numero dei kit in scala 1/43 e anche qualche diecast: AMR, AMR/GYL, AMR/Tron, FDS, Provence, MG, SHMR, Remember, Brumm, Ixo, Best e Meri Kits.
Oltre a queste, la Model Factory Hiro in scala 1/24.

Proprio la Meri Kits fino ad oggi per me ha rappresentato il gold standard delle berlinette boxer da competizione in versione non apribile.

Ma alla recente Spielwarenmesse di Norimberga, a gennaio 2025, Arena ha presentato quella che penso possa considerarsi la sua degnissima erede, disponibile sia in kit che montata1.

Il modello Arena e il Meri ex AMR, uno accanto all’altro
La versione 1979: in primo piano quella “aggiustata” da Luca Tameo, in secondo piano il nuovo modello veronese

Non potevo quindi esimermi da mettere a diretto confronto i due modelli, separati da una trentina (o forse già una quarantina?) d’anni abbondanti di evoluzione modellistica.

Tutti e due i produttori propongono (proponevano) sia la versione 1979 che l’evoluzione 1980/81.

Nel caso di Meri Kits, la seconda versione deriva direttamente dall’AMR di alcuni anni prima2, di cui riprende le dimensioni abbondanti – è più vicino alla scala 1/41 che all’1/43 – e l’interpretazione delle proporzioni3, che, come d’uso per molti prodotti di Ruf, risulta particolarmente azzeccata e gradevole alla vista, anche se confrontata con un modello CAD potrebbe far storcere il naso.
Il vero valore aggiunto in questa versione italiana della 512 sta nella presenza di numerose fotoincisioni, quasi del tutto assenti dall’AMR originale, tra cui un bellissimo telaietto posteriore e la riproduzione del motore molto più curata (ignoro se fatta ex novo o mutuata dal kit “97 pezzi”), con, tra l’altro, i tromboncini di aspirazione in tornitura di alluminio.

Curiosamente, manca, invece, il lungo tubo di raffreddamento che percorre il lato destro del motore per arrivare fino al radiatore dell’olio, particolare che invece mi risulta fosse presente sul kit apribile francese.

I componenti principali del motore del modello di Loano. A voler lavorare di seghetto, c’erano abbastanza elementi per tirare fuori un buon modello con cofano apribile

Arena, dal canto suo, propone un modello che in nessun modo sfigura nei confronti del prodotto loanese, portando molti aggiornamenti più che benvenuti dopo tanti anni.

La scocca, prototipata e prodotta nella caratteristica e pesante resina grigia da BBR, è maggiormente in scala, pur conservando la sensualità delle forme che caratterizzano questa versione della berlinetta bialbero.

Viene inoltre visibilmente reinterpretata la forma della presa d’aria laterale che, senza mancare di rispetto a Ruf, era errata sul modello più vecchio.

Nella versione 1979 viene accorciato lievemente la parte terminale del cofano posteriore, che risultava ancora un po’ troppo lunga.

Manca invece, curiosamente, la piccola “gronda” che percorre nell’auto reale il profilo superiore dei finestrini laterali e che è invece correttamente riprodotta nei modelli più vecchi.

La presa d’aria del Meri/AMR. Un po’ troppo piccola e di forma leggermente errata. I flap vanno aggiunti con elementi fotoincisi
La presa d’aria del modello Arena/BBR, decisamente meglio interpretata
La gronda che sormontava i finestrini laterali, eredità del padiglione della BB stradale. E’ presente nel Meri e non nell’Arena

Passando agli interni, è evidente come il modello Arena sia decisamente un passo avanti rispetto al suo antenato.
La vasca del cockpit è ben dettagliata e presenta per lo meno un accenno di roll cage, mentre il Meri ne era totalmente privo.
Le forme del cruscotto sono interpretate correttamente, cosa che consente di risparmiare parecchie ore di battitura di lamierino di ottone per rifare quello francamente bruttino del modello loanese.

E’ molto diversa, tra i due kit, anche la forma del sedile di guida.
Apparentemente, quello di Arena potrebbe far storcere il naso perché è piuttosto simile a un sedile sportivo stradale degli anni ‘70 con i fianchi un po’ più contenitivi del normale.
In realtà, consultando il materiale fotografico d’epoca, ci si rende conto di come sia proprio questa la forma corretta.
I sedili racing che si trovano su molte riproduzioni sono stati adottati negli anni seguenti, sulle 512BB sopravvissute, in sostituzione di quelli originali.

La consolle centrale sul modello veronese è ottenuta con una fotoincisione e appare un po’ piatta rispetto al meri, in compenso è meglio proporzionata.

Il motore è forse leggermente meno dettagliato del meri nella parte inferiore, ma per tutto quello che sarà visibile, risulta perfettamente all’altezza.
La scocca “monolitica” del modello scoraggia interventi di apertura del cofano, quindi non ritengo quest’ultimo un difetto.
Si sente forse un po’ la mancanza dei tromboncini in metallo tornito, sostituiti con un elemento stampato in resina, comunque accettabile.

Ricompare anche il famoso tubo di raffreddamento di cui avevo parlato prima, in effetti piuttosto visibile dal lunotto posteriore e misteriosamente assente dal modello più vecchio.
I vari componenti del vano posteriore come alternatore, filtro olio e filtri vari sono stampati con maggiore finezza in resina e stampa 3d.
Nel modello Meri erano presenti, ma realizzati in fusioni abbastanza grossolane.
Sontuoso il comparto fotoincisioni del nuovo kit Arena, in cui spicca la bellissima griglia posteriore pre-dipinta con la scritta BB512.

Unico elemento davvero migliorabile è l’accenno di telaietto posteriore, che è proprio bruttino. Sul mio modello penso lo ricostruirò con microtubi per dargli tridimensionalità e forma corretta.
In sintesi, il nuovo modello di Comuzzi è un prodotto che, pur presentando qualche fisiologica imperfezione qua e là, si può definire con serenità eccellente e fissa nella mia testa un nuovo metro di paragone per le riproduzioni in scala 1/43 di questa vettura.
Va da ultimo notato che, per chi fosse più interessato all’aspetto collezionistico che modellistico, è disponibile anche montato.
Il prezzo è un po’ più alto (ma nemmeno troppo) rispetto ai classici resicast, ma considerato il livello qualitativo e la complessità di un vero speciale, ritengo sia pienamente giustificato. 

  1. Si veda anche https://pitlaneitalia.com/2025/02/07/retromobile-modellismo-speciale-parte-3/ ↩︎
  2. Sfortunatamente, dal Ruf non eredita la qualità delle fusioni. Il modello italiano presenta generalmente un metallo più poroso con maggior presenza di bave e piccoli buchi. ↩︎
  3. Il prototipo della versione 1979 invece fu rivisto da un giovane Luca Tameo e risulta lievemente più piccolo e più vicino all’effettivo 1/43. ↩︎

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