Da sempre nutro una particolare passione per i modelli Tron. Oggi che molti marchi artigianali del passato non esistono più, quella portata avanti da Angelo Tron, fratello di Paolo, potrebbe definirsi quasi una missione. Angelo lo incontri ancora alle principali manifestazioni (era presente anche a Rétromobile a inizio anno), con tante idee e altrettanto entusiasmo. Son cose che fanno piacere.
E’ passato del tempo da quando sul vecchio blog apparve un pezzo sulla Dino 166P di Tron Models1. All’epoca la rubrica Storie di modelli non esisteva ancora ma se fosse esistita, quell’articolo vi ci sarebbe rientrato a pieno titolo.

Riordinando un po’ di roba, è saltata fuori stavolta un’altra Dino di Tron, molto più… squadrata della 166P che a me continua a sembrare un gran bel modello. Questa è parecchio diversa ma evoca ugualmente dei bei ricordi. Non rammento neanche più quando sia entrata in collezione ma so benissimo il perché. Della vettura originale posseggo diversa documentazione, che ormai un quarto di secolo fa mi passò direttamente Brandon Wang, il suo proprietario, che avevo incontrato più volte in occasione del Ferrari-Maserati Historic Challenge, il campionato che viveva il suo momento clou all’interno delle Finali Mondiali Ferrari in autunno. Tra le varie 512BB in gara, la presenza di questo modello, che – devo dire – in pochi sapevano riconoscere, costituiva un elemento di interesse e di originalità. Mi venne quindi l’idea, nel 2005, di ripercorrerne la storia per la rivista Autocollezioni Magazine, diretta da Alessandro Tedeschini, che accolse con entusiasmo la proposta. Contribuì alla parte storica anche Dominique Gasnerie col suo vasto archivio.


Andando ancora indietro nel tempo, da ragazzino cercai di montare il kit FDS (in realtà avrei voluto una Ensign di Formula 1 ma Rocchi non ne aveva!); non era neanche uno dei peggiori della produzione del buon De Stasio, ma come spesso si malignava a proposito dei modelli di Via Cintia, la cosa migliore era la silhouette della vettura disegnata sui lati della scatola.

Oggi la Dino 308 GT4 telaio 08020 è ancora viva e vegeta, e ha cambiato proprietario.
L’idea di Luigi Chinetti di portarla a Le Mans – per la prima volta nel 1974 – racconta dell’esigenza di pubblicizzare commercialmente un prodotto che soprattutto al mercato americano doveva risultare abbastanza estraneo, quando non indigesto. E in linea con la tradizione che vedeva il NART assegnare diverse sue vetture per Le Mans a piloti francesi2, la Dino fu iscritta per Jean-Louis Lafosse, coadiuvato dal nostro Giancarlo Gagliardi. Afflitta da diversi problemi, GT4 si ritirò per un guasto al cambio. Andò ancora peggio nel 1975 quando, affidata a Gagliardi e Harley Cluxton, venne coinvolta nel nevrotico scontro fra Chinetti – che era parecchio “fumino”, per dirla con Montagnani – e l’ACO, che portò il NART a far fagotto poco prima della partenza, con tanti saluti a tutti (e forse in quel caso Mister Luigi senior qualche ragione ce l’aveva pure).
Io lo so che sono noioso ma tutti i salmi finiscono in gloria: un Looksmart o un Tecnomodel di oggi non mi avrebbero dato le stesse emozioni e non avrei scritto questo trentasettesimo episodio di Storie di modelli. E finché PLIT sarà gratis non mi sentirò nemmeno in colpa per voi.
- Potete rileggerlo a questo link: https://pitlaneitalia.com/2016/10/14/suggestioni-di-un-tempo-la-dino-166-p-di-tron-e-un-libro-di-doug-nye/ ↩︎
- Nel 1974, ad esempio, su cinque auto iscritte dal NART, si contano sette piloti transalpini. ↩︎

ho cercato la dino gt4 della fds finché dopo un buon periodo , lho trovata. Sarebbe stato più semplice il kit tron , ma questa mi affascinava di più. Unica concessione , i cerchi , veramente orripilanti del kit. Una soddisfazione averla montata
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