La scala 1:12 non ha attirato solo i produttori di resincast ma pare avere molto fascino anche fra i marchi del diecast. KK-Scale, che fa capo a realtà tedesche, ha capito che la formula applicata agli 1:18 può funzionare anche con un rapporto di riduzione più grande. Del resto una bella Ferrari 250 GTO in 1:12 non ha il suo fascino? Potrebbe averlo, ed è così che KK-Scale è uscita con un modellone dal costo tutto sommato “contenuto” (sui duecento euro) e dall’indubbia bella presenza. Solo che la storia finisce qui: com’è accaduto anche con gli 1:18 dello stesso produttore, i compromessi a livello di carrozzeria sono numerosi e inevitabili se vuoi ammortizzare lo stampo facendo diverse versioni, ma tutto ha un limite se vuoi produrre oggetti che possano essere chiamati modelli e non giocattoli.
Due vetture come la 3767GT di David Piper e la 3387GT del NART sono venute fuori con tante di quelle approssimazioni da lasciare intendere un sostanziale menefreghismo di fondo. Unica distinzione osservata, le due o le tre uscite d’aria laterali.


Per il resto, un cimitero: giusto per fare un esempio, la 3767GT, che aveva la guida a destra, è venuta fuori con la guida a sinistra. Mancano ovviamente tutte le altre differenze a livello di carrozzeria che contraddistinguevano quasi ogni singola vettura. Un errore piuttosto buffo è la presenza del grosso stemma NART sullo specchio di coda della verde, dove invece dovrebbe esserci la targa; è probabile che i responsabili della deco, che devono essersi occupati contemporaneamente della 3387GT, che lo stemma invece l’aveva, si siano distratti un attimo e i robot in Cina non hanno fatto una piega, guardandosi dal porre questioni e passando all’azione in modo del tutto acritico come ogni automa che si rispetti. Produci, produci – cucina, cucina, disse qualcuno. Rosticceria cinese.


Approssimazioni difficili da digerire nei Brumm, figuriamoci in questo caso…
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Il Brumm tra l’altro deriva dal Box Model del 1984! 41 anni fa certe approssimazioni erano meno pesanti da accettare e del resto c’era già chi non le digeriva, comprando i kit AMR. Oggi questa robaccia cinese ha fatto il vuoto intorno a sé favorendo ignoranza, approssimazione e pressappochismo.
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Le economie di scala NON sono indicate, nel caso si producano modellini e non televisori; ho come la “leggera” impressione che i produttori non abbiano ancora ben capito che gli automodelli NON sono beni di largo consumo che si vendono nei supermercati un po’ a chiunque…
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Fondamentalmente fanno queste cose perché c’è chi gliele compra.
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Mi riesce sempre inconcepibile credere che ci sia anche solo UN collezionista che compri queste cose…
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Mah, difficile stabilire un identikit del compratore di questa roba. Sicuramente è gente che non va troppo per il sottile. Il produttore, prima di fare determinati investimenti, ha dovuto sincerarsi della presenza effettiva di un mercato in tal senso.
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Dovrei forse cambiare target, come Spirit of Racing, ed iniziare a produrre cavatappi (ma verniciati di rosso e con lo stemma della Ferrari), hai visto mai…
Che tristezza!
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Sì, così ti tocca pure pagare le royalty sui cavatappi.
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Chiederò consigli a Brumm su come cavarmela… 🙂
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Evidentemente sono io a non essere sincronizzato con i tempi odierni, modellisticamente parlando!
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Questa è roba scadente per gente di bocca buona. E se hanno tutto sommato fatto due stampi diversi per le carrozzerie (andando comunque col machete), cosa gli sarebbe costato mettere in produzione due tipi di cruscotti diversi? Questo sarebbe interessante capirlo.
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Non so se questo sia il caso, ma penso che ci siano collezionisti che comprano automodelli di un certo marchio solo perché appunto di quel marchio, indipendentemente dalla fedeltà al vero, che sembra non importare molto. Basta che il modellino somigli e/o richiami la vera. Bravi i produttori che riescono a suscitare questa fedeltà nei loro clienti. Comunque basta fare una selezione, che sicuramente è più faticosa ai nostri giorni rispetto a qualche decennio fa. Allora ci si fidava ciecamente o quasi del convento che ci passava le “macchinine”. Adesso abbiamo molte fonti, ma bisogna impegnarsi.
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In parte è così ma in passato la mancanza di documentazione era un fattore largamente diffuso. Oggi c’è più malafede, nel senso che la documentazione è abbondante, spesso completa, ma si decide di ignorarla per varie ragioni.
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Da parte del fabbricante certo, ma mi sembra che a molti acquirenti non importi poi molto della fedeltà, basta che appartenga a un certo marchio, meglio se è raro, magari di una rarità “costruita”.
Inoltre verificare la fedeltà, pur più facile che in passato, è comunque piuttosto impegnativo, forse anche per questo molti lasciano correre.
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