L’Alfa Romeo 33/2 di Politoys

Esistono modelli che restano mitici nei tuoi ricordi. Quando cresci, la loro presenza si ridimensiona, ma permane un fondo fatto di sogno e di suggestione che credo sia proprio la base primordiale del collezionismo.

Molti di noi hanno passato ore a leggere e letteralmente consumare i fascicoli di Automodelli, fondata nel 1982 da Mario Barteletti. Su PLIT ho parlato spesso di quella testata, che ha segnato un breve ma significativo periodo dell’editoria specializzata, non solo italiana. Una rivista sobria e seria, con tanti articoli interessanti e capace di dire pane al pane e vino al vino.

Sono rimasti dei piccoli classici gli speciali che Automodelli dedicava ai temi più svariati: i Dinky commerciali, i Mercury in 1:48 e – nel 1984 – due retrospettive che coprivano la totalità dei modelli Alfa Romeo in 1:43. La materia sembrava già abbastanza imponente, ma non era nulla rispetto all’impresa titanica che dovrebbe oggi affrontare un povero compilatore se volesse riprendere il discorso. Ne venne fuori un bel catalogo ragionato, con tanto di stelline (da una a cinque) che indicavano la qualità di ogni singolo modello. Ricordo che l’Alfasud della Heller prese – a ragione – una valutazione massima. All’epoca, tredicenne, mi ero avvicinato alla storia dell’Alfa, da tifoso di Patrese che a fine ’83 aveva lasciato la Brabham per passare appunto alla squadra italiana. Mi affascinavano già le Giulia GTA, che nessuno si azzardava a fare. Se ne volevi una, dovevi andare a cercare roba tipo il Progetto K (quello in resina, eh) e cose simili. Ci sarebbe voluto il Barnini, nel 1985, a rinfrescare un po’ un contesto che tendeva fin troppo a battere sempre – già allora era così – sulle solite Ferrari, Porsche e Formula 1. Anche i prototipi Alfa Romeo, protagonisti tutto sommato di una lunga storia piuttosto gloriosa, erano abbastanza snobbati. In diecast, poi, la situazione si era cristallizzata con la 33TT12 di Solido, uscita dopo il primo dei due titoli nel Mondiale Marche.

A metà anni ’80 erano in pochi quelli che collezionavano per il gusto della storia di un produttore di modelli. Sì, forse in giro trovavi qualche appassionato di Solido o di Dinky, ma c’era ancora l’eco degli anni ’60 e ’70 in cui un modello te lo compravi perché ti mancava in collezione quella determinata macchina. Se poi l’aveva fatto Solido, Dinky, Mercury, Corgi o Politoys te ne importava il giusto. E fu proprio con questo spirito che mi innamorai dell’Alfa Romeo 33/2 Coupé tipo Daytona della Politoys, uscito intorno al 1969 nella serie Export, ma ancora con caratteristiche ampiamente assimilabili alla più prestigiosa serie precedente. La 33/2 avrebbe poi ricevuto le solite orrende ruotacce veloci, che ne avrebbero definitivamente deturpato l’aspetto.

Nell’articolo di Automodelli, la 33/2 di Politoys mi pareva bellissima, eccezionale. E rara. Questa faceva il paio con la Ferrari 250 LM della Mercury cui, guarda caso, Automodelli aveva dedicato un bell’articolo in cui si davano indicazioni su come dettagliare la base industriale, ottenendo la versione presentazione.

All’epoca la cercai, la 33/2, senza trovarla: non l’avevano Angelo e Paolo Tron a Loano, non ce l’avevano i fratelli Petrucci di Roma. Non è che i miei contatti andassero troppo oltre i soliti due o tre posti. Qualche marchio come Leader (BBR) aveva iniziato a capire l’importanza dei prototipi Alfa Romeo. Come speciali, qualcosa era uscito: potrei citare le 33TT12 di Manou e di ABC, a loro modo dei pezzi importanti nella storia del modellismo speciale, poi FDS e pochi altri.

Alla 33/2 Politoys non pensai più, attirato da altre cose, non necessariamente più facili da reperire.

E’ stato solo decenni dopo che il modello è entrato in collezione, a ricordare un’epoca in cui si poteva leggere e rileggere per tante volte lo stesso articolo fin quasi a memorizzarne intere frasi – che sono peraltro rimaste scolpite esattamente come quelle poesie imparate alle medie. Paragone un po’ blasfemo ma penso renda l’idea.

Dovrò ripescare il faldone con i numeri di Automodelli ma rischio di passarci delle giornate a sfogliare numero dopo numero precipitando in una spirale di ozio senza limiti, esattamente come mi accadeva da ragazzino.

E anche se davanti sembra una Lola T70, come mi è stato recentemente detto (ed è vero), se la decorazione è di fantasia e se come fedeltà Solido avrebbe fatto sicuramente meglio (ma si limitò, dopo la 33/3 ad annunciare altre versioni che non uscirono mai), per me la 33/2 Daytona è la Politoys Export, che mi riporta a quell’estate di metà anni ’80.

4 pensieri riguardo “L’Alfa Romeo 33/2 di Politoys

  1. Tra i diecast ricordo un Norev (coda lunga): ne ebbi da piccolo (non eri ancora nato, a occhio) un esemplare di un color rosso non verosimile, ma non metallizzato, proveniente dal nipote dell’ing. Busso (mia madre conosceva la figlia, poi si sono perse di vista quando eravamo troppo ragazzini per continuare la frequentazione per conto nostro)

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