Sulle recensioni critiche

Pur con tutti i suoi limiti, PLIT è una testata indipendente. Internet ha contribuito non poco a una certa libertà di espressione, che ormai era impossibile da trovare sul cartaceo, per ragioni che tutti conoscono: essendo la maggior parte degli introiti composta dagli inserzionisti, era impensabile stroncare del tutto un modello sbagliato o con difetti inaccettabili. Bisognava sempre andare sulle uova, attingendo a piene mani all’armamentario dialettico degno della retorica Aristotele. Oppure – come il buon Gianfranco Berto suggeriva all’epoca di Modelli Auto – scartare la roba del tutto marcia per ripiegare su qualcosa di appena più tollerabile: tanto di certi marchi toccava per forza parlare. Tanto valeva scegliere il meglio (o il meno peggio) della gamma. Oggi la situazione è un po’ cambiata, sebbene esistano siti che mai e poi mai potrebbero permettersi di pubblicare una recensione totalmente negativa.

Se questo è giornalismo lascio ai lettori deciderlo. Fatto sta che siti che ricevono campioni (difficile vendere banner al giorno d’oggi) o che sono gestiti da responsabili di negozi on line che trattano i marchi del mainstream difficilmente riusciranno a conservare un’onestà intellettuale. Per chi scrivono allora? Per se stessi, non per informare il pubblico.

Pubblico che non essendo composto interamente da idioti, alla lunga penso si renda conto del paradosso.

Questa barbosa premessa per dire che il compito di un sito d’informazione è anche segnalare certe incoerenze, che possono costituire la base per alcune considerazioni sugli andamenti di un determinato settore. Tagliar corto osservando che “tanto le hanno vendute” esula dai miei interessi analitici.

Come ho scritto altre volte, quando critico certi marchi non è perché ce l’ho con loro, anzi: di una Tecnomodel, ad esempio, conservo il ricordo di modelli eccezionali di ormai vent’anni fa e mi dispiace vedere il loro nome associato a prodotti che non hanno senso. Con la tacita complicità, appunto, di sedicenti siti d’informazione modellistica, incompetenti o in totale malafede. Forse qualche nota severa sulle peggiori realizzazioni servirà a far capire ai produttori che fare modelli discutibili è un loro sacrosanto diritto ma che è altrettanto lecito criticarli con prove alla mano.

Tra i peggiori modelli recenti in 1:43 di Tecnomodel vi è la Ferrari 330 LMB, del tutto squilibrata nelle linee e nelle proporzioni. Se non si possiedono le capacità tecniche per elaborare un master in modo indipendente (e lo capisco, mica tutti sono dei geni), che si parta almeno da un vecchio kit. In giro ce ne sono a palate. Per decenni gli artigiani sono campati scopiazzandosi gli uni gli altri e questo tutto sommato è stato un bene perché ha generato – salvo sporadiche derive – una sorta di selezione naturale che ha favorito l’esattezza generale delle forme.

Oggi siamo tornati agli anni ’70, con nuove produzioni che a volte cancellano tutto il buono che si è fatto dall’epoca pionieristica ad oggi, riportandoci magicamente all’era dei John Day. Solo che un John Day è il testimone di un inizio con una sua dignità storica; un resincast cinese sbagliato fa schifo e basta.

Della LMB, Tecnomodel ha realizzato le versioni più celebri, comprese le tre di Le Mans 1963. Al concetto di base, del tutto fuori registro, si aggiungono brutture varie come ruote a raggi da Piaggio Ciao o tergicristalli che sembrano tagliatelle. E come se non bastasse, ci buttiamo dentro anche una certa quantità di errori storici. Ho preso un modello a caso, la n. 11 del NART di Le Mans. Giusto senza andare troppo in profondità, si notano i numeri di gara sbagliati (troppo distanziati fra loro: lo erano solo quelli anteriori per non coprire lo sportellino) e la presenza di griglia e cavallino, assenti sulla vettura reale. Le foto sotto serviranno a chiarire ulteriormente la completa mancanza di grazia e realismo di questo modello.

Altro caso eclatante, l’Alfa Romeo GTA: si pagano 20-30 euro in più dello Spark/Schuco (già brutto il suo, vedi cerchi, cornici eccetera) per avere qualcosa di ancora più scadente. I contorni dei vetri, per come sono stati progettati e montati, sono degni di un modello da 110 euro?

Se non cambieremo la realtà, avremo almeno fatto riflettere qualcuno.

4 pensieri riguardo “Sulle recensioni critiche

  1. già ampiamente discusso il tema dei modelli sfortunati nel forum di elio . E ovviamente tecnomodel rientrava a buon diritto nella casta dei modelli veramente BRUTTI.

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  2. Argomentazioni ineccepibili, come al solito. Secondo me andrebbe fatta un’ analisi, una volta tanto, non sul prodotto ma su chi lo sceglie e l’ acquista, sul tipo di cliente, sulle sue aspettative, sulla presenza o assenza di una ” coscienza critica”, sul livello di cultura modellistica, sull’età, anche. Uno studio diciamo antropologico che David Tarallo, con la sua esperienza sul campo e la sua intelligenza, potrebbe di sicuro portare avanti e proporre a chi segue PLIT.

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    1. Ti ringrazio, sono contento che PLIT sia così seguito e apprezzato. Un’analisi di questo tipo sarebbe sicuramente interessante e direi anche del tutto inedita, ma non potrebbe basarsi sulla semplice osservazione di fenomeni dovendosi basare su un minimo di dati diciamo oggettivi. Andrebbero anche intervistati campioni di collezionisti così come anche rappresentanti di marchi: evidentemente neanche i produttori devono essere del tutto incoscienti. Se hanno deciso di produrre modelli scadenti è perché sono sicuri di venderli. In quel senso avranno fatto un calcolo – quanto preciso non lo so – di un rapporto costi-benefici. In ogni caso sì, una materia intrigante.

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  3. Intanto concordo al 100% sulla premessa ,impensabile trovare verità su riviste che vivono di pubblicità…anche lo storico Quattroruote soffre di questo male da almeno trent’anni .

    Riguardo la 330 LMB in questione, visto che personalmente collezione Ferrari Le Mans , pur con oltre 30 anni sul groppone non sostituirò di certo in collezione con i nuovi Tecnomodel i miei tre Starter che, se montati decentemente , reggono tuttora il confronto .

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