La mattina del 14 giugno 2020 ricevo un messaggio Whatsapp dai proprietari dell’appartamento dove alloggio a Le Mans: “hai visto? E’ fantastico”. Lì per lì non capisco. “Ma sì, la 24 Ore virtuale. Ce la stiamo guardando alla televisione. Non è incredibile dove possa arrivare la tecnologia e bla bla bla”. L’avevo rimossa. Anzi, quasi non sapevo che ci sarebbe stata una 24 Ore virtuale nel weekend precedentemente assegnato alla gara umana, come sempre un fine settimana di metà giugno. Tutto stravolto, tutto cambiato. I padroni di casa volevano essere gentili, ma finirono per scatenare le mie rimostranze complottistiche e educatamente mi lasciarono alla mia squallida domenica. Logorato com’ero da settimane e settimane di terrorismo mediatico non avevo alcuna voglia di produrmi in entusiastici gridolini per una specie di versione evoluta della playstation. Non finii però più di rimuginare un futuro distopico governato dal covid o magari da altre derive emergenziali in cui le gare, ammesso si fossero svolte ancora secondo i canoni tradizionali, avrebbero escluso definitivamente il pubblico. E non solo: anche i giornalisti e i fotografi, che avrebbero potuto ottenere un accredito stampa per seguire la gara da casa dal divano col pigiamone, con tanto di conferenze esclusive su Zoom e copertura virtuale. Addio contatti. Troppo complicati, sporchi e costosi. Via al nuovo che avanza, e del resto lo facciamo per “sauver des vies”, come dicevano in Francia al momento del bombardamento psicologico inscenato da Macron e i suoi scagnozzi. Non che quello italiano fosse migliore, anzi, ma visto che si parla di Le Mans, spostiamo lo scenario oltralpe.

Seguirono a quella eccitantissima gara virtuale, la 24 Ore a porte chiuse di settembre. Saltò la giornata test, saltò anche la sessione delle verifiche tecniche nel centro di Le Mans. Andò meglio nel 2021, ma la gara dovette ancora rinunciare alla sua collocazione tardo-primaverile per slittare alla fine di agosto. Sono state due edizioni tristi, non tanto per la monotonia del dominio Toyota (la 24 Ore di Le Mans è stata sempre bella, con venti equipaggi in lizza per la vittoria come con due) quanto per il clima irreale che si respirava intorno. Nel mezzo, sportivamente, si sono vissute altre esperienze bizzarre, basti ricordare la fase finale delle Coppe europee 2019-2020 giocata in una bolla sanitaria d’estate. Comunque la si pensi, quella del 2022 è da salutare come un’edizione normale della 24 Ore di Le Mans, e la gente ha risposto alla chiamata di giugno in massa e con entusiasmo. Fa piacere, e forse tale reazione (che si legge anche dai numeri degli appassionati che partecipano un po’ a tutto: fiere, esposizioni, borse di scambio, raduni) è dettata anche dalla consapevolezza che nei prossimi mesi potremo benissimo scivolare indietro nel tempo rivivendo il tempo delle grida manzoniane ad opera di politici incapaci, in malafede o manipolati. Ripeto: comunque la si pensi.

Accettiamo quindi con grande sollievo ciò che l’estate del 2022 ci porta, ben coscienti che il quadro è molto probabilmente destinato a cambiare di nuovo non appena la situazione lo richiederà. I morti di covid, lo sapete, li rispetto tantissimo, insieme ai loro familiari. Ma conosco personalmente più gente che si è ammazzata o che non recupererà più un tenore di vita accettabile a causa di due anni di promesse al vento dei nostri governanti. Tanto a chi ha una pensione magari sostanziosa e vive sicuro cosa importa. Peccato che molti facciano fatica ad accorgersi che siamo tutti seduti sullo stesso ramo. Tra la gente comune, i più forti di oggi – parlo di quelli che non contano nulla politicamente e che non hanno agganci con massoneria, criminalità organizzata e roba varia – saranno i più deboli di domani. Tornando alla nostra gara, avrà provocato un tuffo al cuore all’ipocondriaco di turno il tanto entusiasmo percepito già venerdì e sabato durante la pesa in place de la République.

Era lo stesso entusiasmo di chi ha partecipato al concerto di Vasco Rossi nella nostra amata Firenze. Panem et circenses, direbbe qualcuno. Ma mai come in questi mesi sono stato felice di vedere tanta gente.
Si cita correntemente il carpe diem oraziano, eppure la maggior parte ignora cosa aggiunge il poeta subito dopo quell’ormai proverbiale sentenza: quam minimum credula postero. Appunto.