Il budget cap e le autoreggenti rosa

di Riccardo Fontana

Viviamo in un mondo perverso sotto mille e mille aspetti, un mondo in cui si ha sempre più l’idea, che sfocia a tratti in certezza, di un generale smarrimento della trebisonda.
Non voglio entrare in meriti riguardanti guerre, minacce nucleari, sanzioni o “terrificanti” campagne vaccinali: a tal riguardo ne ho i testicoli sublimati, ogni mattina li ritrovo sotto forma di rugiada depositati sulle mie pantofole, e pertanto non intendo scriverne per il vostro terrificante tedio.
Però, un aspetto “leggero” di questo impazzimento generale voglio affrontarlo, pertanto parliamo di motorsport.
Vi sembra normale quello che stiamo vedendo da qualche anno a questa parte?
Partiamo dal fondo: l’affaire Red Bull-Budget cap.
Sappiamo tutti com’è andata: a Milton Keynes hanno sforato il budget cap 2021 di dieci milioni di euro (a titolo esemplificativo, l’intero sviluppo aerodinamico per una stagione di un Top Team si aggira sui quattro milioni), asserendo, quando li hanno pescati con le mani nella marmellata di avere speso il surplus che veniva loro imputato per “catering e malattia del personale”.
Ora, mi rendo conto che certe bevande, tipo la Red Bull appunto, siano molto costose, ma se le produci tu direi che…
Quale tipo di sanzione parrebbe la più gettonata da parte della federazione per questa piccola infrazioncina? Una multa pecuniaria.
Prendete nota: un team reo di aver speso troppo viene punito con una sanzione pecuniaria.
Ma vi immaginate che bello? È come andare dal dietologo, e sentirsi dire “guardi signor Fontana, lei deve perdere 10 kg, quindi per i prossimi mesi l’attende un ferreo regime alimentare a base di sugna, ciccioli e porchetta. E molto sugo da bere durante i pasti”.
Follia o no? Certo che si, ma più ancora di questo è il sistema del Budget Cap ad essere folle: noi imponiamo un tetto di spesa alla massima serie motoristica, punta di diamante da sempre della ricerca e simbolo di opulenza per sua stessa definizione, nel contesto di un mondo che non è nemmeno in grado di mettersi d’accordo per mettere un tetto al prezzo del gas.
Politically Correct casuale, che è il vero nemico del mondo, e prima ancora del buon senso.
Poi c’è il lato sportivo, perché è innegabile che i piloti non possano più fare niente, trovandosi completamente castrati da regolamenti terrificanti, applicati da un banda di vigili urbani mancati, che se anche sono stati piloti in un passato remoto tendono troppo spesso a dimenticarsene.
Resisti ad un sorpasso? 5 secondi di penalità.
Tagli una linea con mezza ruota? Dieci secondi.
Rompi un motore? Dieci posizioni in griglia.
Ma santa pazienza, che colpa ne ho io pilota se si rompe un motore?
La gente è affascinata dallo scontro fisico, dal rugbysmo da mischia, da quello che ti butta fuori e da te che il giro dopo lo butti fuori peggio, i processi non li vuole vedere, perché la gente della burocrazia ha l’ansia, e sicuramente non ci si vuole ammorbare la domenica pomeriggio.
Le corse sono improvvisazione e rischio: se vado al casinò e perdo un sacco di soldi alla roulette, all’uscita nessuno me li ridà, e questo deve rimanere un concetto ben chiaro.
Io immagino a volte “il più grande della storia”, sempre pronto a tirare la giacchetta via radio ai commissari (non faccio nomi) a correre con Mansell, Piquet e Senna (Gilles nemmeno lo menziono, l’idea di lui assieme a certa gente mi disturba troppo, vale anche per Mansell in effetti, ma ormai l’ho scritto), e ad invocare via radio (che non c’era, viva Dio) sanzioni e penalità per gli altri: Piquet gli avrebbe appiccicato delle autoreggenti rosa fuori dal motorhome così sulla fiducia, e Mansell l’avrebbe trucidato a colpi di chiave inglese, e sarebbe stato giusto, perché la lirica è una cosa e le corse sono un’altra.
Guardavo, poco tempo fa, un gran bel documento relativo alla stagione endurance 1972, The Speed Merchants, in cui si faceva un breve excursus temporale negli anni trenta lamentando che, rispetto ad allora, le corse del 1972 erano troppo professionali, aride ed asettiche per scatenare gli entusiasmi popolari.
Alla luce di ciò, e paragonando il 1972 al 2022, tremo all’idea del 2072…

4 pensieri riguardo “Il budget cap e le autoreggenti rosa

  1. Non so perché, ma quando leggo delle giustificazioni di RB penso a quella dei Blues Brothers in cui John Belushi, alias Jake, si giustifica con la fidanzata abbandonata ai piedi dell’altare.
    -scusateci, non abbiamo sforato per colpa nostra, è stata colpa del catering, delle malattie, del terremoto, di una tremenda inondazione, delle cavallette!
    Cavolo quanto mangiano… e quanto fanno mangiare…

    "Mi piace"

  2. Il meglio, Alfonso, è stato toccato su “La Ferrari per una frode peggiore (i motori nel 2019, stagione in cui la Ferrari a parte un paio di perle di Leclerc aveva mediamente fatto cagare, da tanto vantaggio aveva, n.d.r.) è stata punita molto lievemente (è stata sbattuta nella merda profonda per due anni, ma sono dettagli, ri-n.d.r.)”, pronunciata dal nostro sempre ebbro e misurato sosia di Moshe Dayan per le sagre dello Speck in Stiria.
    Luca, il mio amico Luca, che David ha conosciuto a Monza, ha un bellissimo e ultra-calzante modo di definire quel personaggio (che aldilà di una Le Mans vinta con un’astronave e un signor pilota in fianco è stato anche un gran bel “pilota” di merda, lui che cinquant’anni dopo si diverte a giudicare e a rovinare senza nessuna remora generazioni di piloti, tri-n.d.r.), ma questo non lo posso scrivere neanch’io, mi auto-censuro per evitare guai peggiori.

    "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: