Ferrari 312PB Targa Florio 1972

testo e foto (modello) di Riccardo Fontana

Il modellismo, in un certo senso, ha seguito una sorta di parabola: dal giocattolo nacque il giocattolo raffinato, poi nacquero le elaborazioni dei modelli industriali ad opera degli appassionati che se la sentivano di cimentarsi con stucchi, vernici e trasferibili, poi vennero gli speciali, e poi l’invasione di modelli made in China, die-cast o resincast che fossero.

Di certo il periodo più “gustoso” è certamente quello relativo alle elaborazioni degli appassionati, che a volte sapevano estrarre il diamante anche dove era impossibile vederlo.

È questo il caso di questa bella Ferrari 312 PB, elaborata a partire da un Norev Jet-Car normalissimo e molto economico fino a diventare la vincitrice della Targa Florio 1972, con Sandro Munari e Arturo Merzario.

Non ho idea di chi l’abbia fatta, so soltanto che l’elaborazione è molto vecchia, della metà degli anni ’70: l’ho trovata così, e come spesso mi succede quando mi imbatto in questo genere di modelli, che definisco “della mia anima”, è venuta a casa con me.

Perché, essendoci la Solido Serie 100, chi l’ha fatta ha deciso di partire dalla Norev, ben più modesta?

Andando a colpo abbastanza sicuro, possiamo dire che si, la Solido era molto fedele e corretta (d’altronde, era una Solido…), ma la Norev aveva il merito di riprodurre, abbastanza bene come linee generali oltretutto, la versione 1972 della 312 PB, mentre la Solido si riferiva alla sciaguratissima (per questioni sportive e non, perché è ricordata si per la tragedia di Giunti, ma era anche velocissima, spessissimo in pole position, spessissimo in testa davanti alle cinque litri, e praticamente sempre ritirata) versione 1971, quella del debutto in corsa.

Quindi, variando in maniera significativa le versioni 1971 e 1972 a livello di carrozzeria, nulla di più facile che l’appassionato autore del modello avesse scelto di sacrificare una certa dose di dettaglio a fronte di una molto maggiore esattezza storica.

Il modello, decorato coi classici trasferibili e rifinito con delle belle ruote di cui non sono stato in grado di risalire all’origine, fa certamente molta scena: trasuda la passione ruggente degli anni ’70, di quando le mamme davano i soldi per il panino e il martedì si stava a digiuno per comprare Autosprint (mio padre lo faceva, credo che in molti si spingessero anche parecchio oltre).

Non è perfetta: manca la “bozza” sul lato destro del serbatoio supplementare, tipica della Targa Florio, e lo specchietto alto (mai stato presente, se ne può avere la certezza dalla mancanza di qualunque traccia di fissaggio), ma queste cose non tolgono nulla allestiremo fascino di questo oggetto.

Personalmente, credo che nessuna Redline o Looksmart possa neanche minimamente avvicinarcisi: il ragazzo che si studia le foto in bianco e nero su Autosprint è un’altra cosa rispetto al cinese senza volto che monta in serie auto che non conosce e di cui non gliene frega nulla, e se c’è qualche pecca figlia di un tempo in cui la documentazione era veramente ardua da trovare, beh… Parigi val ben una messa.

Quando vediamo questa Ferrari, o le elaborazioni su base Solido, o anche elaborazioni su altre marche, qualunque esse siano, relative a quegli anni, noi vediamo dei pezzi di vita di qualcuno che le ha costruite, forse anche più che per un kit “canonico”, sembra quasi che questi modelli respirino a volte.

Ndr: modello similare: https://pitlaneitalia.com/2022/11/16/ancora-sulla-ferrari-312-pb-targa-florio-1972-base-norev/

9 pensieri riguardo “Ferrari 312PB Targa Florio 1972

  1. Facevamo proprio tutti le stesse cose! Confermo, scelsi il Norev perché è la versione del 1972, il Solido è ben diverso. Della Solido montai le ruote, se ricordo bene quelle originali erano quelle standard che Norev montava su tutti i modelli.

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  2. Il Norev, per quanto giusto nelle linee, è proprio un giocattolino così com’è di base, con le ruote se va bene uguali a quelle delle sportive classiche (la Montreal o le Chevron tipicamente) oppure addirittura quelle che i francesi definiscono “bouton”, le orripilanti ruote veloci.
    Però, era e resta una bellissima base di partenza.

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  3. Ho tra l’altro scoperto, oltre a Solido, Norev e Mebetoys (raggelante, ma come base per una Osella-Abarth 2000 del ’73 potrebbe anche andare, perché somiglia molto più a quella che ad una 312 PB) anche l’esistenza di un’altra PB in scala 1:43 “d’epoca”, che è la Galgo argentina, che dovrebbe riprodurre (assai malamente, ma è una base) la lunga di Le Mans 1973.
    Gara in cui, strano caso, correvano Carlos Reutemann e Carlos Pace.

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    1. Sì , a Le Mans 1973 c’erano Carlos Reuteman , il compianto Lole , con Tim(oty) Schenken ed il povero Carlos Pace in coppia con l’Arturo , sulla 312 lepre , alla fine seconda con il disappunto di Ferrari che a Merzario invece dei complimenti sottolineò che un ritiro (finto) sarebbe stato preferibile alla sconfitta contro la Matra di Lagardère condotta da Pesca e Larrousse. Senza dimenticare la 312 di punta di Ickx e del fido Redman. E finalmente , dopo 50 anni esatti…dobbiamo preparare un nuovo posto nella collezione !!!

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  4. Che emozione , era proprio così la nostra vita in quegli anni : lettura di Autosprint e poi subito a disegnare le auto viste e raccontate e poi giù nella propria officina a sagomare , stuccare e verniciare la Escort gr2 o la 911 RSR Imsa di derivazione Mebetoys che io preferivo per la solidità del modello originale. Che bei tempi per noi che ci dedicavamo a queste cose mentre ad altri interessava la strategia del terrore …

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  5. Eh sì, è proprio vero… In tanti tendono a definire tempi meravigliosi quegli anni, ed in parte lo sono: la Musica era una musica della Madonna (vennero addirittura giù i Genesis a Pavia… Peter Gabriel travestito da volpe a cantare Supper’s Ready al palazzetto dello sport di Pavia, siamo nel metafisico), tutti gli anni c’erano un capolavoro a testa per Genesis, Pink Floyd, Jehtro, Who, Van der Graaf, Yes e chi più ne ha più ne metta.
    C’erano macchine e moto meravigliose, corse meravigliose, un’epoca sospesa tra classicismo e modernità, dominata dagli ultimi Cavalieri del Rischio, che si sarebbe poi chiusa un brutto giorno di maggio a Zolder, qualche anno dopo.
    C’era lavoro e l’economia tirava che era una bellezza, non esisteva il precariato, e se anche eri una testa a pinolo© oltre i confini della realtà potevi sperare di vivere brillantemente per tutta la vita, come dovrebbe essere in un mondo giusto.
    Se poi eri uno capace e studiavi, eri letteralmente il re del mondo.
    Le donne si depilavano (pur avendo qualche pelo nei posti giusti) e gli uomini le corteggiavano, cosa che nel 2022 si è leggermente capovolta.
    Purtroppo, c’era un’ampia fascia di ragazzini che trovava divertente aspettarsi reciprocamente sotto casa per ammazzarsi di botte, ma soprattutto c’era da avere seriamente paura a prendere un treno o ad entrare in banca a pagare una bolletta.
    Sapevi di entrare, l’uscita in buona salute però era molto meno certa.
    Bastava “bucare” un quartiere sbagliato o non accettare con sufficiente entusiasmo un volantino per beccarsi una coltellata o trovarsi con la testa spaccata.
    Si, ogni epoca ha i suoi pro e i suoi contro.

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  6. Dimenticavo: i pensatori delle auto elettriche non esistevano nemmeno ancora come idee nascoste nelle parti molli dei rispettivi padri, e le elettriche erano semplici opzioni anche meramente nel catalogo della ElleGi, perché quelle a frizione o “neutre” avevano un bel peso sul totale della produzione… Già questo, forse, basterebbe a rischiare le coltellate con gioia nel cuore.

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