Lancia Fulvia HF Rallye dei Fiori 1966 in 1:24

Testo e foto di Riccardo Fontana

Come abbiamo spesso accennato qui sulle colonne di PLIT, un valido motivo di esistere dei modelli cosiddetti “edicolosi” è costituito dalla possibilità di sbizzarrirsi in elaborazioni di ogni genere a costo (teoricamente) limitato.
Ciò è valido soprattutto per la scala 1:24, in cui gli inediti, potenzialmente, si moltiplicano quasi all’infinito rispetto a quando capita per la ben più classica scala 1:43, dove tutto o quasi, in un modo o nell’altro, è già stato ampiamente riprodotto.


È proprio con questo spirito che ho affrontato, ormai a suo tempo (parliamo di circa tre anni fa) la realizzazione del modello che potete vedere qui rappresentato, per ricavare la Lancia Fulvia HF vincitrice con Leo Cella e Luciano Lombardini del Rallye dei Fiori 1966, ovvero il Sanremo prima che si chiamasse Sanremo, gara importantissima perché ha rappresentato la prima grande vittoria internazionale per la Fulvietta, colta oltretutto davanti agli squadroni BMC, Renault, Ford e Alfa Romeo al gran completo.


La base di partenza è stata la bella riproduzione della HF 1.3 Rallye della Quattroruote Collection, trovata a poco prezzo (miracolo!) su un banco al Novegro di auto e moto “vere”.

Inizialmente, l’idea era di ricavarne la Fulvia di Munari del Tour de Corse 1967, poi però decisi che, per le mie allora capacità modellistiche, gli interventi sarebbero stati un tantino troppo invasivi e, quindi, allorché mi imbattei sulle foto di questa versione, me ne innamorai e decisi di buttarmici anima e corpo.
In verità le modifiche richieste si sono rivelate essere assai limitate: un paracoppa modellato in plasticard, l’aggiunta di due fari supplementari (ricavati da due “avanzi” di una Celica TA64 Gruppo B di Aoshima) e la rimodellazione di uno specchietto (che era mancante sul modello).


Inoltre, si è proceduto alla verniciatura in nero opaco dell’anello esterno dei quattro cerchi, ed alla verniciatura della rosa centrale di quelli posteriori in oro, come da alcune foto a colori ritrovate in rete relative alla vettura in corsa.


La parte certamente più “ostica” e meno alla portata di comune appassionato, e questo nonostante l’estrema semplicità della livrea, è stata quella relativa alla realizzazione delle decals, ma in questo senso mi ha aiutato l’amicizia con un valente disegnatore appassionato di Rally e di Lancia in particolare, che a fronte della documentazione da me raccolta ha potuto realizzare il necessario, con anche delle altisonanti targhe in rilievo degne dei più pregiati speciali.

Unica “mezza” pecca: il numero 36 sul lunotto, particolare tipico allora come sempre del Sanremo, forse un po’ grande, ma comunque di buon effetto.
Ecco dunque a voi le immagini, messe a confronto con qualche fotografia della vera Fulvia del grande Leo Cella, proiettata verso la sua prima grande affermazione davanti al Gotha dei Rally, a sottolineare ancora una volta quello che, secondo noi, è il corretto modo di vivere questi modelli da edicola.

6 pensieri riguardo “Lancia Fulvia HF Rallye dei Fiori 1966 in 1:24

  1. I modelli da edicola ispirano anche a me elaborazioni di questo genere, anzi, proprio la stessa, ricavata però da un Edison per edicola 1/43, che ho realizzato insieme alla gemella che arrivò incredibilmente 11^ assoluta alla Targa Florio sempre del 1966 e sempre con Leo Cella, nonostante, mi pare, il serbatoio bucato.
    Vedo che hai messo la bandierina blu sul lunotto. Dalle foto del posteriore trovate in rete mi pare che fosse presente alla Targa, ma non sulla vincente del Sanremo.

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  2. No, è che semplicemente non si capiva nulla, ed è rimasta com’era il modello di partenza, cioè con la bandierina.
    Si può (credo) agilmente grattarla via.

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  3. Questi modelli da edicola aprono delle voragini in termini di possibilità di elaborazione.
    C’è un piccolo problema, relativo soprattutto agli 1:24 : i costi.
    O si è lesti ad accaparrarseli quando escono, ammesso che arrivino (la Fulvia 1.6 dell’ultima serie sui Rally in edicola nel pavese non è nemmeno arrivata, e tacerò delle varie Delta per clemenza) oppure diventando delle sottospecie di orologi di Bvlgari costosissimi ed inavvicinabili: forse, molto forse, ho trovato ora una Giulia GTA 1600 dell’Alfa Centenary a 20€, dopoché l’avevo lisciata nel lontano 2010 in edicola.
    È questione di cultura: io 50€ per un edicoloso che ne costava si e no 20 non li tossisco.
    Mi dispiace, ma non tollero di certe basse speculazioni da quattro soldi, che hanno ancora ancora un senso su certi speciali e si certi obsoleti, ma diventano completamente ridicole se riservate ad oggetti prodotti un tanto al quintale e dal deperimento spesso assai rapido.

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    1. Ieri avevo letto questo articolo di Riccardo, interessante come al solito, ed avevo pure pensato ad una risposta, che mi è purtroppo sfuggita.
      Non c’entra nulla l’età che avanza, ma è solo colpa di una solenne incavolatura ed una notte insonne.
      Pensavo ai modelli da edicola, agli Spark.
      Avevo messo molta carne al fuoco durante il mio ragionamento.
      Vediamo di riprenderlo…
      In questi ultimi tempi il divario di prezzi tra i modelli più o meno da collezione, sta aumentando, quasi al galoppo.
      Se prima, tra un edicoloso ed un BBR (tanto per citare un marchio) ci passava il mondo ed anche tre Spark, oggi gli Spark si stanno sempre più avvicinando al costo di un BBR, vedendo però scemare, in proporzione, la loro qualità.
      Ed è così, fatte le debite proporzioni, per tutte le scale e i relativi marchi di riferimento.
      Il modello da edicola rimane quindi l’ultima spiaggia per chi vuole avere una raccolta, senza però svenarsi.
      Tenendo però conto, e qui in molti mi odieranno, che siamo comunque in presenza di beni deperibili, che si trasportano con molta fatica e che, visto l’attuale andamento del mercato dell’auto, tra 50 anni saranno tutti dei reperti archeologici di scarso valore.
      Non credo, inoltre, che l’aumento dei costi di alcuni marchi sia da ascrivere totalmente alla congiuntura politici/economica, come è stato sbandierato ai quattro venti, ma sia piuttosto figlio, in qualche modo, di un accomodamento.
      Detto questo, non mi rimane che chiudere con i dovuti complimenti, anche in presenza di un lavoro apparentemente semplice, ma che rivela comunque inventiva, passione e ricerca storica.
      Non bisogna per forza scolpire il Cristo velato da un blocco di marmo.

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  4. Grazie Alfonso, dopotutto tutti noi facciamo del nostro meglio con ciò che abbiamo.
    Già tirare fuori qualcosa di buono è un successo, e quando i nostri lavori trovano apprezzamento da altri appassionati scatta l’orgoglio, immantinente.

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