Testo di Riccardo Fontana. Foto di Riccardo Fontana e David Tarallo
“Rimane solo la Yaris GR, che però non ha nemmeno lontanamente il fascino di una Celica Turbo 4WD”.
Di questo tenore, grossomodo, si è rivelata la media dei commenti all’ultimo articolo sui Rally apparso su PLIT (https://pitlaneitalia.com/2022/12/26/rally-una-decadenza/).
Frasi come queste esprimono un comune sentore, quasi una sensazione a pelle che, validità o meno delle sue argomentazioni, stenta a lasciare libero il campo all’apprezzamento per quella che è, in fin dei conti, l’ultima delle Rally Replica.
Ecco, devo ammettere che già nello scriverlo ho trovato il peso delle mie dita esponenzialmente moltiplicato, perché io per primo faccio moltissima fatica a considerarla come tale.

Volevo, inizialmente, cercare di cavarmela con un semplice commento, ma il Fattore Yaris merita qualche riga in più, quindi fuoco alle polveri, e sotto con l’analisi.
La Yaris GR nasce in un’ottica da Homologation Special a tutti gli effetti: come chiunque abbia un minimo di occhio avrà agevolmente notato, non esistono versioni a tre porte dell’attuale serie della Yaris, ma al Gazoo Racing servivano un certo numero di scocche speciali “piccole” (termine inesatto, ma ci arriveremo) da cui partire per allestire la nuova generazione di Yaris da Rally, e fu così che il programma GR Yaris fu varato, con lo scopo cioè di creare una vettura speciale da cui partire per omologare la versione da corsa.
Cos’ha in comune una Yaris GR con la Yaris Hybrid della nonna? Assolutamente nulla, nemmeno il giro fari anteriore in effetti: di fatto è la parte anteriore di una Corolla innestata sulla parte posteriore di un CH-R, il tutto vestito con dei pannelli esterni che a stento ricordano la comune Yaris di produzione.
Maggiore escursione delle sospensioni, angoli più favorevoli, passo lungo nonostante la compattezza.
In un termine: una Gruppo B dei tempi che furono, almeno limitandoci all’aspetto “telaistico” del progetto.
Motore e trasmissione: qui la faccenda cambia, e parecchio.
La nuova vettura è stata dotata di un motore 1.6 turbo, nominalmente “analogo” a quanto previsto dalla regolamentazione prima WRC+ e poi Rally 1, ma con soli tre cilindri, contro i quattro (ovvi) cilindri dell’unità impiegata con successo nel Mondiale.
Anche la trazione è stata mantenuta integrale come quella impiegata nelle competizioni, e questa per il 2023 è ormai una vera rarità, ma i punti di contatto con la vettura di Rovampera ed Evans sono, anche in questo senso, assai pochi: nessun differenziale elettronico, o almeno nessuna sofisticatissima elettronica direttamente mutuata dalle competizioni, e scelte meccaniche comunque differenti.
La GR è una bomba: piccola, cattiva, larga come una Lamborghini, così come esce dal concessionario ha qualcosa più di 260 CV, che piccola com’è sono più che sufficienti per sparare i guidatori più inavveduti su Marte, ma nonostante abbia una sua comunque importante cerchia di estimatori (tra cui il sottoscritto, che si rende perfettamente conto che sarà uno degli ultimi fuochi, se non l’ultimo, di un certo modo di intendere le automobili sportive) stenta a diventare una pietra miliare “del genere”.
Prendiamo ora in esame la Celica Turbo 4WD ST185 (sulla quale, a breve, potrete legittimamente attendervi delle sorprese): scocca modificata (più larga e soprattutto rinforzata, siglata ST 185, mentre le normali Celica 2WD erano siglate ST 182), motore 2.0 quattro cilindri turbo con intercooler ad aria e 204 CV, trazione integrale con due differenziali Torsen (anteriore e posteriore) e centrale idraulico.
Unica differenza con la Gruppo A a livello di trasmissione? La Turbo 4WD stradale aveva il differenziale posteriore non-autobloccante, tecnologia che era riservata al solo differenziale anteriore.
Ora, questa versione della Turbo 4WD ha, per molti anni, goduto dell’appeal di un brufolo inciso, e solo ultimamente si sta un po’ rivalutando, perché comunque rispetto al piattume delle auto odierne possederne e guidarne una fa sentire un po’ Kankkunen, nonostante un’estetica anteriore degna di un’autoradio di inizio anni ’90 e un’impostazione più da comoda e veloce GT che da arrogante Rally Special.
La vera versione “Racing” della Celica ST 185 era, è, e sarà sempre la cosiddetta ST 185 L, a.k.a. Carlos Sainz Limited Edition (o RC per il Giappone, o Group A per Australia e Nuova Zelanda), prodotta nei 5000 esemplari canonici e riservati all’omologazione in Gruppo A.
Di fatto era esattamente una Turbo 4WD normale, con però l’intercooler ad acqua (punto su cui Ove Anderson aveva “picchiato” moltissimo in fase di definizione del progetto con i giapponesi), il differenziale posteriore autobloccante, i rapporti finali assai più corti, qualche CV in più (208 CV solo in Italia, Francia e Spagna, mentre altrove era data un po’ ovunque a 225 CV).
Senza aprire il cofano, era resa immediatamente riconoscibile dal gran numero di prese d’aria e di sfoghi del calore ricavati un po’ ovunque, perfettamente analoghi a quelli delle Gruppo A che dominavano, e necessarie a fare respirare correttamente una meccanica, messa a punto dalla Yamaha (che per la Toyota ha sempre svolto un compito paragonabile a quello dell’Abarth per la Fiat) da sempre afflitta da grossi problemi di surriscaldamento (celebre, al debutto iridato della prima GT-Four, che era praticamente senza sfoghi, in Corsica nel 1988, Juha Kankkunen che si trovò con la cinghia di distribuzione sciolta).
Ora, nonostante le relativamente poche differenze tra un modello e l’altro, per gli appassionati l’unica “Rally Celica” è la Carlos Sainz, mentre la “normale” esce brutalmente, ed anche un po’ ingiustamente ridimensionata (sulle quotazioni si potrebbe aprire un mondo: con una Carlos Sainz si potrebbero comprare due Turbo 4WD in ottime condizioni ed avanzarne per una sontuosa vacanza), nonostante sia, per tutto ciò che abbiamo detto, molto più Omologation Special lei di una Yaris GR, che rappresenta un unicum in cui si produce una vettura speciale solo per mutuarne la scocca.
Ciò dovrebbe dare bene l’idea del perché un’auto come la Yaris GR stenti così tanto a farsi pienamente accettare dagli appassionati: se una Turbo 4WD solo leggermente differente da quella prettamente “corsaiola” è stata così tanto e così a lungo snobbata, figuriamoci un’entità dotata di un motore tre cilindri.
Avrà molti CV, ma è mai stata una questione di CV? No, o almeno non a questi livelli.
Foto di apertura: una Yaris GR allo stand Toyota in occasione della cronoscalata del Mont-Dore, agosto 2022.
La Yaris GR stenta a farsi pienamente accettare solo dagli appassionati che non possono permettersela. Chi può permettersela, invece, la apprezza come si deve.
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Io la GR la comprerei, e questo nonostante quel tre cilindri mi urti i nervi come poche altre cose: è l’unica superstite di una gloriosissima stirpe di macchine maleducate, e poi… Io sono fissato con i quadretti nonna-nipote, sicché avrei KTM 250 1975 vs 2011, Yamaha Superténéré 750 1990 vs Ténéré 700 World Raid 2022, e infine Celica Carlos Sainz 1992 (quella grigia che si vede nel post) vs Yaris GR.
Ho tentato, dio se ho tentato, di farla comprare alla mia fidanzata: lei sta sulle Alpi, in un posto dove nevica sei mesi all’anno, e voleva comprare una 500 elettrica per andare al suo negozio in centro.
“Ma perché, visto che sei sportiva, non ti prendi una bella Yaris GR bianca?”.
“Nein, ciapone ukfale ciaina”.
Ha parzialmente cambiato idea dopo aver provato la Sainz, definita con gli occhi sbarrati “molto meglio di Delta”, ma non credo si abbasserà mai a comprare una macchina con gli occhi a mandorla.
Da parte mia… Non è questione di soldi, è proprio che non ho più lo spazio neanche per un 1:18, e piuttosto che comprare la GR tenderei a tenermi la Sainz molto stretta, visto il valore che sta acquistando a vista d’occhio.
Non mi è nemmeno mai riuscito di provarla, e forse è un bene, perché non sono sciocco: per dirla alla Kankkunen, la mia Celica farebbe una figura “like an old rusty Beetle”.
Detto questo, passerà alla storia come ultima (sigh!) delle bare, ma come Rally Replica vera e propria sarà sempre molto molto tirata per i capelli.
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Nell’era WRC le uniche che ” facevano girare la testa” quando passavano per strada , erano le Subaru Impreza e le Mitsubishi Lancer, le altre WRC anche se vincenti non avevano una corrispondente stradale che potesse attirare l’attenzione. La Yaris GR è un’altra cosa, ma le restano sempre le sembianze dell’utilitaria, seppure pompata, certo è molto più sportiva di una Ford Puma ….
Ma se penso che il glorioso nome M3 è stato affibbiato a una berlina 4 porte ( pur di tutto rispetto) si capisce come il marketing moderno la pensi in tema di automobile….
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Subaru e Mitsubishi… Gli ultimi tempi gloriosi, gli ultimi tempi gloriosi…
Quanto ho sognato l’Impreza, la prima, la 555.
Che tempi.
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