Rally, una decadenza?

Testo di Riccardo Fontana / foto di David Tarallo

Rally: sono sempre stati lassù a comporre la triade degli sport automobilistici più amati, soprattutto negli anni d’oro in cui i ragazzi avevano qualcosa in mezzo alle gambe.

C’era la F.1, sempre un po’ patinata ed altezzosa, anche quando “si stava peggio”, c’era l’Endurance/GT, che era (è) la quintessenza del Motorsport, e c’erano i Rally, logica prosecuzione dell’Endurance nell’ottica delle furono-cavalcate su strade aperte degli anni ruggenti, come la Mille Miglia e la Carrera Panamericana.

Amatissimi dagli appassionati, a tratti anche parecchio più delle altre discipline, i Rally sono arrivati, sempre più zoppicanti fino ai giorni nostri, in cui l’interesse del pubblico sembra stia calando vertiginosamente, molto più che in F.1, e in maniera neanche comparabile all’Endurance, che addirittura sembra essere in brusca ripresa, proiettato verso fasti degni di ere ormai dimenticate.

Perché questa decadenza del Pianeta-Rally?

Semplice: è tutta colpa delle macchine.

Sono drastico? Può darsi, ma voglio meglio argomentare il teorema che ho appena “proposto” con tanta leggerezza: da che mondo e mondo, i Rally si sono corsi con vetture derivate di serie.

Anche la Lancia Stratos era derivata di serie, ed anche le più spaventose Gruppo B lo erano, e lo erano in quanto, comunque, 500 (arrotondate per difetto) Stratos stradali erano regolarmente acquistabili nei concessionari della rete commerciale Lancia da qualunque appassionato avesse i soldi per farlo, così come ognuna delle Gruppo B omologate era, per stesso regolamento FISA, disponibile in vendita in almeno 200 esemplari.

Costavano care? Assolutamente sì, aggiungo anche che erano delle carriole esagerate come macchine di serie, però non importa: erano disponibili, erano “sognabili”.

Ecco, erano almeno sognabili.

Non parliamo nemmeno delle normali Gruppo 4 come la 124 o la 131, o addirittura l’Alpine, o di tutte le Gruppo A, che forse per l’interesse delle case e la competitività del campionato hanno rappresentato veramente l’età d’oro dei Rally.

Oggi invece? Tralasciando il discorso estetico (come se un’Audi S1, una Metro o una Delta S4 fossero belle…), una Yaris Rally 1 è acquistabile? Una Hyundai? Una Puma? Assolutamente no, no e ancora no.

Un appassionato può essere facoltoso finché vuole, ma non le potrà avere nemmeno pagando.

E qui casca l’asino: le auto da Rally sono più o meno sempre state versioni “cattive” delle “macchine per fare la spesa”, ma la stessa ascendenza sportiva dei loro omologhi stradali, cioè delle versioni “omologation special” di quelle che correvano, esercitava un sacco di fascino sugli appassionati, che andavano a vedere le gare e poi, al ritorno, si fermavano davanti alla Lancia a rimirare la Delta Integrale.

O davanti alla Toyota a sbavare sulla Celica Carlos Sainz, o davanti alla Ford a fare altrettanto per Sierra ed Escort Cosworth: tutti amano sentirsi piloti, pur senza, magari, esserlo nella maniera più assoluta.

L’importante è sognare, è sognare di essere Kankkunen che fende la savana con la Celica con lo snorkel, o Darniche che domina in Corsica con la Stratos, e se con le versioni stradali delle regine ci si può arrivare anche ad andare a lavorare, tutto è più semplice.

Oggi cosa c’è? Rimane solo la Toyota Yaris GR, macchina cattivissima, velocissima, e con qualche punto di contatto con la macchina di Rovampera ed Evans, ma anche con un motore tre cilindri che non consente di definirla una vera e propria replica.

Con gli altri costruttori è ancora più difficile: piccole trazioni anteriori asfittiche che in nulla richiamano le auto che dominano i Rally, anzi, potremmo dire che tra una Fiesta ST ed una Puma Rally 1 ci sia la stessa differenza che passava tra una Fiesta RS ed una RS200 nel 1986.

Con queste premesse, è difficilissimo per i ragazzi, anche se magari naturalmente propensi, innamorarsi di questo sport.

La soluzione in realtà potrebbe anche esserci, e sarebbe quella di bandire i prototipi e tornare alle auto strettamente derivate di serie, con buona pace di chi vuole correre senza avere una 4×4 in gamma.

Ma poi sarebbe davvero necessaria una trazione integrale? Potremmo avere Toyota (Yaris GR), Audi (S1), BMW (Serie 1 X-Drive), ma anche Alpine, specializzata nei Rally su asfalto, e magari Porsche, con la Cayman.

Fatta anni fa, una categoria così composta avrebbe potuto anche accogliere la nuova 124 Abarth e, magari, l’Alfa Romeo 4C.

Benvenuto 1973!

A volte, è solo difficile accorgersene, ma quando tutto si complica la soluzione è… semplificare.

Nella foto di apertura, alcune Gruppo B all’asta Arcurial a Parigi, febbraio 2021 (foto copyright David Tarallo / pitlaneitalia.com)

12 pensieri riguardo “Rally, una decadenza?

  1. In realtà, a complicare le cose, ci si è messa, ad inizio anni ottanta, l’Audi.
    Fino ad allora erano auto o a trazione posteriore o a trazione anteriore.
    Audi, invece, dimostrò al mondo che la vettura da rally definitiva doveva avere la trazione integrale.
    Il punto fu che, con l’avvento delle auto di gruppo A, per omologare una vettura occorrevano almeno 5000 esemplari.
    E, malgrado il successo di vendite delle varie Delta, Celica, Sierra e Lancer, i fabbricanti si sono stancati di produrre questo genere di auto…
    E si sono fatti un regolamento ad hoc.
    Il problema è, come scrivi giustamente tu, che non c’è più un collegamento con l’auto normalmente reperibile dal concessionario, se non la mascherina e i fari.
    Chi è causa del suo mal…

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  2. Il fatto più curioso di tutta la genesi della produzione automobilistica mondiale è che, progressivamente, da inizio anni 2000 ad oggi i produttori sono passati dal dire “produciamo ciò che i consumatori ci chiedono” al dire “noi produciamo qualcosa, se i consumatori mangiano la minestra bene, altrimenti che saltino pure la finestra”.
    5000 macchine da produrre in due anni consecutivi, anche è soprattutto visti i contenuti tecnologici che richiedevano, erano forse un po’ troppe, però mi domando: è davvero così? La Subaru quante Impreza WRX avrà venduto? Tutte confuse, probabilmente superiamo il milione.
    La Lancia stessa di Delta Integrale ne ha prodotte quasi quarantamila, nonostante il fatto che fossero delle capponaie che perdevano i pezzi già sulla linea di produzione.
    La Toyota ha fatto 5000 Celica Carlos Sainz/RC/Group A, ma se andiamo a contare le ST 185 Turbo 4WD e Alltrac normali, che sono praticamente la stessa macchina all’80%, ne ha prodotte e vendute quasi come di Corolla Levin berlina: c’è pieno qui da noi, in America, Canada e Australia poi sembra di avere a che fare col Maggiolino.
    Erano macchine che consumavano i giacimenti petroliferi di Baku solo per divertimento, ma erano indirizzate ad un certo pubblico di utenti sportivi che quello voleva, e visto l’inariamento che ha provocato la comparsa della Yaris GR, che è molto meno Rally Replica di quanto non fosse nel 1992 una sfigatissima Celica Alltrac col contamiglia, il muso a mo’ di autoradio anni ’90, e il turbo tarato alla pressione di un rutto al moscato, ci sarebbe ancora una grandissima fame di macchine del genere.
    Non vengono più fatte, salvo rari sussulti, perché c’è da fare i verdi coi continenti degli altri.

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  3. Muoio 🙂 🙂 🙂
    Per il bene della specialità, la Federazione, a mio avviso, dovrebbe escludere le case automobilistiche dal percorso di preparazione delle auto, si dovrebbe trovare una formula che garantisca a “chiunque” di potersi fare la preparazione in casa.

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  4. L’ideale sarebbe di tornare a un regolamento che si rifaccia ai vecchi gr. 1-2-3-4 ( anche gr.5 più che altro per l’estetica) adattato ai tempi moderni, dando la possibilità di poter essere competitivi senza spendere capitali e creando un collegamento diretto fra auto da corsa e auto di normale produzione. Da eliminare assolutamente le 4×4 , che a parte la categoria SUV di lusso , sono una parte marginale del mercato. Certo che con il mercato che chiede SUV e l’Europa che impone l’elettrico, penso che i tempi di “pane e rally” non torneranno più….

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  5. il problema dei rally credo che sia nel paradosso che, per renderli più televisivi, sono stati snaturati (percorsi ridicoli, prove speciali corte e poche, parchi assistenza stile F1) e così facendo sono spariti… dalla televisione. Questo agli alti livelli.
    Ai bassi livelli, il problema è la complessità delle auto odierne, che impedisce un ritorno di filosofie come il primo Gruppo N o l’epoca dei gruppi 1.

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  6. Il fattore costi e il fattore percorsi sono anch’essi tutt’altro che trascurabili: mi rimase impresso, da piccolo, leggere su un numero di Quattroruote che, con una ventina di milioni, a inizio 1978 si potesse avere una Stratos Gruppo 4 preparata da Maglioli e correre.
    Venti milioni sono ciò che, poco dopo, mio padre pagò per un appartamento da 130 metri quadri, tanto per fare un esempio.
    Sarà stato di più? Va bene, l’appartamento era di metà 1982, c’era l’inflazione galapponte eccetera eccetera, ma diciamo che con 200-300 mila euro odierni uno nel 1978 poteva comprare una Macchina da assoluta e, piede permettendo, giocarsi il Sanremo o qualche altra gara Mondiale.
    Oggi, esattamente, cosa fai in ambito Rally con 2-300k? Forse, se ne compri pochi, ti compri dei guantini per la mano destra, così non ti si riempie di calli…
    Una stagione con la più cretina delle R3 va oltre, ma di molto, ed è meno di una stagione di Trofeo A112 di allora.
    Percorsi: la televisione ha rovinato i Rally esattamente come, verso il 1991-1992 rovinò l’Endurance.
    Detto ciò, però, dopo gli anni oscuri delle speciali a margherita, si sono rivisti i percorsi da A a B che sono l’essenza della specialità, e le prove lunghe oltre i 15 km, vedasi in entrambi i casi la Corsica, che nel suo ritorno iridato ha fatto scuola.

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  7. Poi, la trazione integrale per me non ha senso vietarla, dev’essere comunque strettamente derivata di serie, com’era col Gruppo 4 e col Gruppo A: tu corri col 4×4 coi differenziali e l’elettronica che vendi e che hai omologato, la Fiesta ST te la parcheggi in via delle chiappe oscure, oppure vai a fare il mondiale con quella e vediamo dove vai.
    La Toyota fa la Yaris GR? brava Toyota, può correre.
    Ci sarà la Porsche che correrà solo Montecarlo e Corsica, la Toyota a fare tutto, la BMW che farà l’asfalto con la posteriore e le tre con l’X-Drive… Torneranno gli specialisti, com’è stato per quarant’anni.

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  8. Commento a latere, visto che si è sollevata la questione. Le case non producono SUV perché lo chiede il mercato. Le case hanno fatto in modo che il mercato chiedesse SUV, il che è diverso. Con i SUV i costruttori guadagnano di più spendendo probabilmente le stesse cifre, con mezzi che danno l’illusione di una maggiore qualità e di un maggiore prestigio. Quella dei SUV è una mossa commercialmente furba da parte dei produttori.

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  9. La trazione integrale fino al 1980 nei rally era vietata e c’era un’etereogenita’ di modelli potenzialmente vincenti ( non vincevano solo Stratos e 131) , poi con l’avvento delle 4×4 il gruppo dei modelli vincenti si ridusse di molto , ma era ben identificabile e rappresentava ancora il sogno di molti automobilisti.
    Ora a parte la Yaris GR (che non ha il fascino di una Celica 4wd…) che senso di sportività può dare una Puma o una Hyundai i20? Comunque non si torna indietro, il futuro ci darà rally con vetture elettriche magari con SUV in versione rally che la fanno da padrone….
    Sul capitolo SUV si potrebbe scrivere per giorni sul trionfo dell’ illogicità applicata al mercato….

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  10. Tra parentesi, i SUV ben raramente sono 4×4, sono delle oneste station wagon rialzate a trazione anteriore, il più delle volte.
    La Puma… La Puma da Rally è uno spaceframe vestito con una pelle di carbonio simil-Puma, esattamente come poteva essere una Gruppo S mai nata.
    Ad ogni modo, per chi si scandalizza per le 10 Rally 1 al via del Monte 2023… Parco partenti Monte 1985: due Lancia 037 (di cui una Top), tre Peugeot 205 Turbo 16, due Audi Quattro Sport.
    Avremmo esaurito i mezzi da assoluta, in cui in effetti stonano già anche le stesse 037, poi un altro paio/tre di Visa Mille Pistes ufficiali (150 CV), e poi iniziavano i privati con dei mezzi fatti in garage a fil di ferro e bestemmie.
    La mannaia sui Rally l’hanno calata i tanto amati Gruppi B, poi si è andati come dei treni dall’87 al ’96, e poi sono tornati i leoni.

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