testo e foto di Riccardo Fontana
Noi di PLIT vi stiamo abituando forse un po’ troppo bene: tra speciali di livello eccelso ed obsoleti di livello forse ancora più altisonante, la carne al fuoco è, modellisticamente parlando, sempre estremamente succulenta.
Certe volte, però, capita di trovare “un perché” anche ad un modello imperfetto o infedele: non se ne capiscono bene le ragioni, eppure ci dice qualcosa di profondo, e se possiamo lo compriamo, provando un grado di soddisfazione assai poco comprensibile, spesso, anche a noi stessi.
Tempo fa, ma veramente parecchio tempo fa, avevo recuperato in un mercatino vicino a casa un’Alfa 33 TT3 della Edison Giocattoli, in scala 1:20, la celebre “blu”, che ho molto cercato senza mai, in verità, riuscire a prendere.
Almeno finché non trovai quella attualmente di mia proprietà.
Non è perfetta, è abbastanza fuori scala (1:20), mancano le parti terminali degli scarichi e qualche minuteria qua e là, eppure resta un signor modello ancora per i nostri giorni, assai fedele e tremendamente affascinante: è un modello che, letteralmente, trasuda anni ’70 un po’ dappertutto.
Forse, e dico forse, stona il blu, ma anche questo potrebbe avere una spiegazione nel fatto che, per i legami che intercorrevano tra la Edison e la Famiglia Benelli, questa 33 stranamente dipinta in blu potrebbe essere stata un tributo a “Riccardone”, al secolo Carlo Benelli, valente pilota ed imprenditore fiorentino tragicamente scomparso in un terribile incidente durante la Castione-Neviano del 1972, con una 33 V8 di colore… blu.
Ad onor del vero, va detto che “Riccardone” portava in gara non la TT3 “simil 908/03” riprodotta dalla Edison, ma la vecchia 33/3 che tanto bene si era comportata nel 1971, ed effettivamente la scelta del soggetto lascia perplessi.
Sulla 33 TT3 Shocking Line di Edison tornerà più compiutamente David, che al riguardo ne sa tremendamente più del sottoscritto.
Sabato, del tutto inaspettata, è arrivata una sorellina a fare compagnia alla Edison, sotto forma di una 33/3 in versione 1971 marchiata Marc-Toys, ovverosia AMB-Marchesini, in una scala paragonabile alla Edison (1:21).
L’ho trovata su un banco alla borsa di Piacenza, in condizioni più che accettabili se non fosse per lo specchietto e l’archetto mancanti (che morirò prima di ritrovare), e giuro che non ne conoscevo l’esistenza: è un gran bel modello, meno dell’Edison in realtà, ma comunque assai piacente e proporzionato.
Presenta una decorazione molto fedele, che la identifica come la vettura di Rolf Stommelen e Leo Kinnunen alla Targa Florio del 1971.
L’unica vera perplessità riguarda la parte posteriore, completamente carenata come sulla 33/3 del 1970, assai probabilmente “lasciata” a causa del rischio di bruttura nell’evidenziare la parte meccanica in quello che, in fondo, era solo un giocattolo.
Devo dire che l’impatto visivo dei due modelli messi l’uno accanto all’altro è veramente qualcosa di notevole: fa molto appassionato normale degli anni che furono, che prendeva ciò che capitava per il significato simbolico dell’auto reale, non tanto per avere lo Spark numero s-minchia che “oddiomimancaincollezioneoracomedormo?!”.
Era un modo più sano di collezionare o solo più barbone? Non lo so, ma a me piace: vedere queste due 33 accanto… beh, è un po’ come mi immagino che potesse essere una mensola nell’ufficio di Carlo Chiti verso il 1973, con qualche modello magari leggermente danneggiato in qualche sfuriata o in qualche spostamento.
E Parigi, in questo caso, val ben qualche mancanza…
Nota per i lettori: vogliate perdonare qualche svarione dovuto al correttore qua e là, vi assicuro che non sono la controfigura di Adriano Celentano in Bingo Bongo e che so scrivere in un italiano intellegibile.
Purtroppo, in certi casi come appunto è questo, scrivo la sera tardi, e capita che mi addormenti letteralmente sulla tastiera, rileggendo male.
Mi sembrava giusto dirlo anche per una questione di rispetto nei confronti di chi così assiduamente ci segue: esistiamo grazie a voi e pertanto vi meritate solo il meglio.
Cercherò, limiti morfeici permettendo, di ovviare in futuro.
Riccardo Alessandro Fontana
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Chiti una mensola, anzi, uno scaffale pieno di macchinine ce lo aveva davvero…
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Quante ne ho viste di quelle mensole da piccolo. E con la prospettiva dal basso. E a quell’età e a quell’epoca già un paio di decal facevano gran dettaglio!
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