I diecast di John Day

Testo e foto di David Tarallo

A distanza di tanti anni, John Day, uno dei pionieri dell’automodellismo speciale 1:43, è ancora una figura controversa. Senza dubbio lungimirante, fu però criticato per alcune scelte e per non essersi reso conto che la concorrenza – in primis quella di Western – stava rapidamente guadagnando terreno con prodotti sempre migliori. Day, in ogni caso, era la Spark degli anni settanta: nel suo periodo più felice tirava fuori cinque-sei novità al mese e volendo star bassi era capace di produrre qualcosa come trentamila kit all’anno. Fu probabilmente nell’intento di esplorare strade nuove invece di perfezionare e far evolvere il proprio core business che Day aprì la strada alla crisi che gli avrebbe fatto abbandonare il settore. Nel 1976 si mise in testa di sponsorizzare il team March di Formula 1. Non era la prima volta, visto che già due anni prima aveva apposto il proprio logo sulla De Cadenet Sport, ma la F.1 era un gioco assai più attraente.

La versione Beta di Vittorio Brambilla

L’accordo con la March consisteva anche nella produzione di un modello diecast della 761 di Hans Stuck. Le 761 vennero commercializzate anche nella normale serie dei kit in metallo bianco (n.243 Peterson, n.244 Brambilla, n.252 Stuck), ma per la zamac era un’altra storia: una miniatura in diecast richiedeva investimenti enormemente superiori, con stampi in acciaio e numeri minimi di produzione che non avevano niente a che vedere con le poche centinaia di pezzi sufficienti ad ammortizzare i costi di un kit in metallo bianco. Non sono mai riuscito a identificare l’azienda che si occupò della produzione di questi diecast.

Il finanziatore della vettura di Ronnie Peterson, attratto da questa particolare forma di sponsorizzazione, chiese a John Day un bel quantitativo di modelli giallo-blu da utilizzare a scopo promozionale, ma l’ordine non venne mai ritirato e il produttore inglese rimase con un numero spropositato di modelli difficilissimo da smaltire. In totale furono quattro le versioni prodotte: Stuck, Peterson, Brambilla, Merzario.

Le March F.1 diecast di John Day erano prodotti tutto sommato più che accettabili per l’epoca. Le decals, di qualità tipicamente… inglese (e stavolta non è un elogio), erano fornite in un foglietto a parte

Secondo alcune fonti, dell’intera cifra pattuita con March fu versata da John Day solo una prima parte. Molti altri dettagli appartengono più a leggende metropolitane che a resoconti degni di una pubblicazione seria.

La qualità della riproduzione era tutto sommato più che accettabile per l’epoca: la carrozzeria, i cerchi, gli scarichi e lo spoiler posteriore erano in zamac, mentre fondino, motore, sospensioni, volante e sedile venivano stampati in plastica. Era fornito anche un pilotino completamente bianco in plastica, che poteva facilmente inserirsi nell’abitacolo, magari dopo essere stato opportunamente decorato a pennello. Le ruote giravano come su ogni normale diecast. Decals ad acqua non particolarmente ben stampate (ma all’epoca si era davvero agli albori, anche se marchi all’avanguardia come AMR avevano già individuato i giusti partner) completavano la dotazione.

La confezione era specifica per questa nuova serie: una moderna scatola-vetrina in cartone con rhodoid trasparente e basetta termoformata che si adattava alle ruote e al fondo del modello. La maggior parte dei collezionisti non accolse con entusiasmo questa produzione, continuando a preferire i kit. Molti diecast vennero ovviamente elaborati e migliorati, visto che non era impresa complicata smontarli (erano tenuti insieme da due viti) e modificarli più o meno radicalmente.

La Ovoro, pilotata da Arturo Merzario. Molti modellisti migliorarono e modificarono questi modelli, ricavandone delle miniature che non sfiguravano accanto ai kit montati

L’avventura con March terminò in modo rapido e dovette avere delle conseguenze nei bilanci di John Day, anche se l’interessato negò sempre di averci perso qualcosa. Fatto sta che i due successivi modelli che erano stati annunciati, la McLaren-Ford Cosworth M26 e la Brabham-Alfa Romeo BT45 non uscirono mai. L’idea di Formula 1 diecast di un certo livello venne ripresa di lì a poco da un marchio giapponese, Technica di Eidai Grip, che riprodusse in modo più che decoroso Tyrrell, Ferrari, Lotus, McLaren, Renault, Wolf, March e Brabham della stagione ’77.

Anche, o forse soprattutto, a causa di questa sortita nel campo minato dei diecast, i conti della John Day Models Ltd si degradarono rapidamente, in una spirale che coinvolse anche distributori e rivenditori nel classico gioco dello scaricabarile (“ti ho mandato i kit ma non li hai pagati”; “hai preso i soldi ma non ho ricevuto nulla”; “chiedi al distributore”; “no, chiedi al rivenditore”). Tecnicamente John Day non fece mai fallimento ma sparì con i suoi seicento master nel 1980, stufo di tutto e di tutti. Riapparve dopo una quindicina di anni ma questa è un’altra storia che vi racconteremo più avanti.

Foto di apertura: la March di Ronnie Peterson, forse la più attraente della serie dal punto di vista cromatico. Quanto alle confezioni della serie diecast di John Day, erano piuttosto vivaci e accattivanti. Si trattava di un prodotto riservato a collezionisti adulti e non ai bambini.

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