di Riccardo Fontana
Gli Stati Uniti sono una nazione abbastanza strana per quanto riguarda i motori, e ciò vale sia per le auto che per le moto.
Dati i limiti di velocità ridicoli (in realtà sono gli stessi nostri, le 55 mph delle strade extraurbane corrispondono ai nostri 90 km/h, solo che da quelle parti la polizia fa in modo di farli rispettare, e a tratti anche abbastanza rudemente) e la sovrabbondanza di immensi spazi aperti, il fuoristrada si è diffuso a macchia d’olio tra i motociclisti a stelle e strisce, e lo ha fatto sin dalla notte dei tempi.
Sfortunatamente però, per una moto le regole per l’ottenimento dello status di “street legal”, cioè di idoneità alla circolazione stradale, sono parecchio stringenti da quelle parti, tanto da produrre scenari che, per noi europei, rischiano di apparire assai strani.
La storia di oggi riguarda una moto che è il frutto forse più famigerato di questa mentalità, e che per gli appassionati europei è diventata quasi un mito, prima snobbato e poi copiato nel silenzio di molte cantine: la Honda XR 650 L, derivazione street legal dell’XR 600 R dominatrice delle desert races nel deserto californiano e del campionato GNCC per oltre dieci anni tra la metà degli anni ottanta e la fine del decennio successivo.
La Honda creò la famiglia XR a quattro tempi alla fine degli anni settanta, quando le norme antinquinamento in alcuni degli Stati Uniti (leggasi California) sembravano rendere estremamente difficile la vita ai motori due tempi, anche destinati all’utilizzo su terreni privati o chiusi.
Terreni privati o chiusi? Ebbene sì: in California (ma non solo) esistono delle aree “chiuse” dette “Ricreation Areas” dove praticare liberamente fuoristrada.
Sono aree chiuse più per modo di dire che per realtà dei fatti: basti pensare che, mediamente, la loro estensione è pari a quella dell’intera Regione Lombardia…
In ogni caso, le Honda XR erano dotate di impianto elettrico e di fari, ed in Europa (dove sono arrivate praticamente subito) sono state subito regolarmente immatricolate ed usate su strada, nonostante l’allucinante burocrazia che, pur senza raggiungere i folli picchi odierni, già faceva capolino un po’ ovunque.
Tante belle XR targate un po’ dappertutto al di qua dell’Atlantico, e… nessuna negli Stati Uniti.
Già, perché la legge federale non ne consentiva l’immatricolazione per molte ragioni, che andavano dalla luce monoposizione al serbatoio di plastica (solo quello di lamiera erano permessi su strada) e così quelle belle moto rosse erano condannate a fare la vita delle moto da cross, segregate in spazi chiusi.


Quasi 150 kg di ostico ferraccio…
Gli anni passavano e l’XR si evolveva: nel 1985 il top di gamma era diventata la 600 R, destinata a diventare una pietra miliare del genere, e gli appetiti degli appassionati americani per averne una versione utilizzabile su strada si facevano sempre più prepotenti: pur essendone condannata al medesimo uso, l’XR 600 era a tutti gli effetti una moto tuttofare, non estrema come una moto da corsa a due tempi ma comunque più rigorosa, leggera e piacevole di una dual sport pura come poteva essere la sua cugina “grassa” (ma bella), l’XL 600 R.
Era cioè un mezzo che ben si prestava a fare un po’ di tutto dalle corse nel deserto (le vittorie che ottenne alla celebre Baja 1000 divennero tante da essere assai difficilmente contate) al tragitto casa-lavoro, e gli americani volevano fare tutte queste cose assieme come facevamo noi europei.
Ci volle del tempo, ma finalmente nel 1992 la Honda decise di accontentarli, forse nemmeno immaginando quanti fossero in realtà, e presentò l’XR 650 L.



Com’era fatta la nuova nata? Era una XR 600 R col motore di 650 c.c. del nostrano NX 650 Dominator “turistico” (motore molto strettamente imparentato con quello 600 con però l’avviamento elettrico), l’impianto elettrico da 12 Volt sempre di estrazione Dominator, il serbatoio di lamiera, due orripilanti convogliatori di plastica davanti ad esso, e qualche ninnolo tipo frecce e catarifrangenti “quasi” indispensabili alla circolazione stradale.
La moto era molto bella: togliendo quelle due brutte quanto inutili ciofeche di plastica davanti al serbatoio (le maggiori testate specializzate a stelle e strisce, una su tutte Dirt Bike, la provarono senza) diventava uguale ad una qualunque 600, e godette immediatamente di un successo incredibile, che non si è mai esaurito se è vero che l’XR 650 L al marzo 2023 è ancora regolarmente a listino (assolutamente invariata rispetto al 1992 fatta salva la livrea, che cambia ogni anno) e che continua a vendersi in ottimo numeri nonostante l’ormai evidente obsolescenza progettuale e la concorrenza di mezzi modernissimi ed agguerriti.
Gli americani, come dicevamo, sono strani: badano molto più alla sostanza delle cose rispetto a noi “fighetti” europei che compriamo auto e moto solo per essere i più rudi del Bar Sport.
Questo il quadro in Stati Uniti e Canada, ma in Europa?
In Europa c’era il 600 R ed era regolarmente targabile: alcune 650 L arrivarono in paesi come Belgio ed Inghilterra, ma mai in volumi tali da considerarsi un vero successo.
L’XR 600 R era come detto un mezzo tuttofare, ma aveva i suoi difetti, impianto elettrico (da 6 Volt) ridicolo, illuminazione notturna ridicola di conseguenza e l’avviamento solo a pedale, facile in generale ma inspiegabilmente ostico per molti: anche in questo la 650 L era l’uovo di colombo perché andava ad eliminare quei “difetti” in caso di uso meno specialistico, ma mediamente gli appassionati continuarono sempre a preferire la sorella più corsaiola.
In Italia di XR 650 L ne arrivarono quattro esemplari nell’estate del 1995 da Dall’Ara (l’importatore ufficiale) a Bergamo, ed una sola di quelle quattro andò venduta al padre di chi scrive, mentre le altre vennero rese all’American Honda perché nessuno le voleva.
Qualcun’altra arrivò poi per vie traverse, tra importazione parallela e viaggi di rientro da traversate off-road degli States ad opera di appassionati italiani (e questa è una storia sulla quale torneremo) ma più di tre o quattro non dovrebbero esisterne sul nostro suolo.
Molte di più sono quelle auto-costruire montando motore ed impianto elettrico Dominator su normali 600 R, ed è buffo vedere come solo trent’anni dopo dalle nostre parti si riesca a cogliere l’estrema intelligenza del concetto di certi mezzi.
Oggi ci sono articoli di giornale in cui si chiede all’importatore italiano (RedMoto) se ci sia in previsione l’importazione della 650 L, oppure post in gruppi Facebook in cui si ragiona tra appassionati (e collezionisti) su come importarne e targarne qualcuna.





Sorrido, e auguro buona fortuna a tutti coloro che vorranno provarci: Dall’Ara ci mise quasi un anno a targare la mia (e fu un altro dei motivi per cui preferì restituire al mittente le altre) dovendo fare i conti con una motorizzazione al suo peggio, che richiese addirittura una dichiarazione ufficiale in cui l’American Honda attestava come il veicolo fosse “costruito solo con parti di lecita provenienza” (conservo ancora copia del fax di ritorno dall’America in cui l’impiegato si chiede, completamente allibito, se gli italiani siano scemi a pensare che la Honda costruisca moto con pezzi rubati) però dubito che vedremo altre XR650L circolare per le nostre strade.
Quelle che ci sono, o almeno due di esse, staranno ancora per molto tempo benissimo dove stanno.