Testo di Nicola Lettieri – documentazione di Nicola Lettieri e David Tarallo / in redazione David Tarallo
Quando, alcune settimane fa, Nicola Lettieri mi propose l’idea di scrivere un articolo sulla storia di John Paul Sr., accettai con interesse, non solo perché i suoi testi sono sempre piacevoli e documentati ma perché la storia dei Paul mi coinvolge come poche altre nell’automobilismo, essendo stato in contatto col figlio John Jr. fino alla sua morte avvenuta alla fine del 2020 e con le persone che tuttora cercano la verità sulla scomparsa di Chalice Paul e Colleen Wood. Esistono elementi che John Jr. si è portato nella tomba ma forse qualcosa potrà ancora essere scoperto. Nella foto di apertura i due sono ritratti in un atteggiamento che forse svela qualcosa della loro personalità.
JOHN PAUL SR. UNA STORIA DI SPORT E DI CRIMINE
La storia di John Paul Sr. e del figlio John Paul Jr. risuona non solo con il rombo delle auto da corsa, ma anche con il crepitio degli spari, con misteriose sparizioni e con il fruscio dei dollari in quantità tale da sconvolgere la mente, così come l’odore della marijuana.
John Paul Sr. era un pilota da corsa, un bravo pilota. Insieme a suo figlio ha vinto tante corse, ma il dramma cruciale della loro vita si giocò lontano dalle piste, dai gas di scarico e dalle bandiere a scacchi.
Nato nei Paesi Bassi nel 1939, Hans-Johan Paul a 15 anni emigrò negli Stati Uniti, vivendo con la sua famiglia (suo padre era un radiologo) a Muncie, nell’Indiana, dove cambiò il suo nome in John Lee Paul. Era pieno di belle speranze e molto dotato in matematica, ma i problemi che ebbe inizialmente nell’imparare l’inglese, insieme a un carattere estremamente irascibile, gli impedirono di adattarsi, tant’è che fu espulso da tre scuole superiori prima di diplomarsi.
Quando nacque il suo primo figlio, John Paul Jr., Senior aveva 20 anni e la sua (allora) fidanzata Joyce ne aveva appena 16. Fuggirono insieme finchè il padre di lei gli trovò un lavoro da lavapiatti al Ball Hospital di Muncie. Si laureò alla Ball State University e fece domanda per una borsa di studio alla Business School di Harvard, e venne accettato. Trasferì la sua famiglia – sua moglie, Joyce, John Jr. di due anni e Tonya di un anno – nel Massachusetts dove rimasero otto anni.
Dopo la laurea ad Harvard, John Sr. entrò in Putnam Management, una società di fondi comuni di Boston. Grazie alla sua abilità venne rapidamente promosso a co-gestore del fondo contribuendo alla sua crescita da 600 milioni di dollari a 4 miliardi di dollari in sei anni. Investì anche in aziende fiorenti come Mattel Toys e Kentucky Fried Chicken, diventando milionario.
Con i primi soldi guadagnati alla Putnam Management, comprò una Corvette del ’64 nuova di zecca, provando a gareggiare ad una competizione di “autocross” nel parcheggio di un centro commerciale. Fu quello l’inizio di J.P. Senior nel mondo delle corse. Nel 1970 acquistò una vecchia Trans-Am Dodge Challenger appartenuta a Sam Posey (un ex pilota automobilistico statunitense) ed iniziò a vincere gare nel Connecticut, a Lime Rock, Bridgehampton e Thompson.
Le corse, però, si rivelarono un’arma a doppio taglio per la sua famiglia. La moglie Joyce iniziò a frequentare un altro pilota di auto da corsa e i due si separarono. Lei prese con sé i figli e se ne tornò in Indiana.
Sebbene non fosse uno stinco di santo, J.P. Senior fu devastato dalla relazione extraconiugale di sua moglie. Lasciò il lavoro, le corse, vendette tutto ciò che possedeva, comprò una barca a vela e salpò. Due anni dopo, in occasione del dodicesimo compleanno di J.P. Junior, ritornò a Muncie.
J.P. Senior e Joyce decisero di riprovare e si trasferirono nella loro nuova casa in Florida. Purtroppo però le urla e i litigi continuarono. Si separarono quattro volte, divorziando infine.
J.P. Junior, suo fratello e sua sorella furono rimbalzati tra i genitori; alla fine John Jr. decise di stare col padre perché non gradiva la noiosa e piatta vita a Muncie (nella sua autobiografia disse “Se fossi rimasto a vivere con mia madre, probabilmente non sarebbe successo niente. Avrei fatto benzina, o lavorato in un negozio di pneumatici Goodyear, qualcosa del genere.”) e perché voleva correre come suo padre.
Fu proprio John Paul Sr. il catalizzatore della straordinaria carriera agonistica di suo figlio. Purtroppo però fu anche lo stesso Senior a coinvolgere John Jr. nel crimine, rovinandogli in parte la vita e la carriera e deludendolo miseramente.
John Paul Sr. iniziò a correre negli anni Sessanta attraverso lo Sports Car Club of America (SCCA) e divenne il Campione Regionale del Nordest del 1968. I conflitti e le vicissitudini familiari, come abbiamo visto, fecero deragliare la sua carriera agonistica allontanandolo dalle corse per alcuni anni, finchè riprese a correre all’inizio degli anni ’70 nelle gare IMSA.
Fondò la JLP Racing (per John Lee Paul), con suo figlio “John John” (come lo chiamava lui) come membro del team. Nel 1977, entrò a far parte della serie IMSA GT con una Porsche 911 RSR insieme a John O’Steen e Bob Hagestad – con cui partecipò anche alla 24 Ore di Daytona ’77 – e con una Chevy “DeKon” Monza acquistata da Al Holbert.
Il 1978 lo vide partecipare al FIA World Challenge for Endurance Drivers (una serie di gare indipendenti di vari campionati come IMSA Camel GT, World Championship for Makes, IMSA RS, 24 ore di Le Mans e Spa), vincendo il titolo nella classifica a punti.
In quell’anno ottenne un secondo posto nella classe IMSA GTO alla 24 Ore di Daytona Camel GT Challenge in coppia con Bonky Fernandez al volante della loro Porsche Carrera RSR.

Alla 12h di Sebring ’78, ottenne la prima vittoria, sempre nella classe GTO, con la RSR del JLP Racing Team. Non contento di ciò, passò alla classe IMSA GTX, con la Porsche 935 del Team Barbour, con la quale insieme allo stesso Barbour e a Brian Redman partecipò alle 24h di Le Mans ’78, vincendo la classe IMSA GTX (+2500cc) ed ottenendo il quinto posto nella classifica generale.
Sempre nel 1978 J.P. Senior acquistò da Dick Barbour la Porsche 935 vincitrice della 12h di Sebring del 1978 e poi incidentata alla 6 Ore di Talladega dello stesso anno e con la nuova vettura, chiamata JLP – 1, partecipò alla Camel GT Challenge 250 Miglia Mid-Ohio del 27/8/1978 ed alla 250 Miglia di Daytona il 26/11/1978, arrivando 3° nella gara vinta da Peter Gregg con la Porsche 935/77A di Brumos.
L’anno successivo con la Porsche (935) JLP – 1, gareggiò nella serie Camel GT, finendo 12 ° nella classifica a punti, e vincendo il campionato SCCA Trans-Am, Categoria II, del 1979 con la stessa vettura ottenendo 6 vittorie su 8 gare.
Il 1979, oltre a segnare l’inizio della vittoriosa carriera nel mondo delle corse di J.P. Senior, segnò anche l’inizio dei suoi problemi legali….
Non è un segreto che le corse richiedano talento e denaro, molto denaro, soprattutto se si vuol competere per il gradino più alto del podio. La maggior parte dei proprietari di team americani ha guadagnato i propri soldi con mezzi legittimi e molti hanno stipulato accordi di sponsor vantaggiosi per supportarli. Ma nessuna storia della serie IMSA e CAMEL GT sarebbe completa senza raccontare anche le storie dei “Bad Boys of IMSA”, ossia di quei pochi che hanno fatto i loro soldi con le corse dalla parte sbagliata della legge.
A metà degli anni Settanta, il contrabbando di droga in Florida aveva raggiunto proporzioni cosmiche. Dal cielo piovevano praticamente balle di marijuana e le spiagge erano inondate di fagotti di plastica impermeabili. Tant’è che all’inizio degli anni ’80 le corse automobilistiche IMSA diventarono piene di scandali sulla droga come quelli che hanno coinvolto Randy Lanier e i fratelli Whittington, tanto per citarne i più famosi.
J.P. Senior, era conosciuto nel mondo delle corse automobilistiche come il “vecchio pirata”. Basso, trasandato, barba, occhiali da nonna e cipiglio intenso, era noto per la sua indipendenza e il suo temperamento instabile e litigioso (“Forse a volte sono un po’ troppo duro”, disse di sè, “ma sono cresciuto in un mondo duro!”).
J.P. Junior invece era alto e magro, con lunghi capelli scuri. Era tranquillo, educato e rispettoso, svolgeva diligentemente anche le faccende più umili all’interno del JLP Racing Team, obbedendo ciecamente al padre per timore reverenziale e perché non gli conveniva metterselo contro.
Fu anche per questo che, giovanissimo, Junior si lasciò coinvolgere dal padre in loschi traffici di contrabbando di marijuana. Padre e figlio furono catturati nel gennaio 1979 mentre con un complice, Chris Schill, stavano scaricando un carico di marijuana da un’imbarcazione per caricarle su alcuni camion in Louisiana. Dal momento che erano stati sorpresi dopo che il grosso del carico era stato disperso e non avendo precedenti, i tre uomini, in cambio di dichiarazioni di colpevolezza per possesso di marijuana con l’intento di distribuirla, furono sorprendentemente messi in libertà vigilata per tre anni e multati di 32.500 $.
Si narra che in sei grandi spedizioni dal 1975 al 1981, J.P. Senior avrebbe contrabbandato più di 100 tonnellate di marijuana colombiana negli Stati Uniti, con l’aiuto dei suoi soci David Cassorla, Stephen Carson e altri complici. Quella marijuana, secondo i contrabbandieri, valeva probabilmente 40 milioni di dollari.
Purtroppo, però, nonostante lo “scossone” del 1979 per i due Paul non era finita nè con le corse, nè con il contrabbando di droga…
J.P. Junior, intanto, aveva iniziato a correre in formule inferiori e aveva dimostrato un talento naturale per le corse. Insieme, padre e figlio vinsero la gara Coca Cola 400 al Lime Rock Park della Camel GT nel maggio 1980 a bordo di una Porsche 935 K3 di proprietà di Preston Henn. Dopo la gara, Senior sposò in pista al Lime Rock Park, la giovane e bella Chalice Alford Barnett.

A proposito di Preston Henn, proprietario di Swap Shop e vincitore della 24h di Daytona del 1983, durante un’intervista fatta da un giornalista poco prima della sua morte (nel 2017), alla domanda “Senior era uno stronzo così grande come ho sentito?” , Henn rispose senza pensarci su due volte “Oh, no! Più grande. Molto più grande!”.
Ad agosto a Road America 500, ottennero la loro seconda vittoria in coppia. In quell’anno J.P. Senior fece segnare altri dieci piazzamenti nella Top 5 arrivando secondo nel campionato Camel GT . Vinse anche la FIA World Challenge for Endurance Drivers del 1980, raccogliendo punti nelle più famose gare endurance, sia nel programma IMSA che in quello FIA a Monza, Silverstone, Nurburgring, Le Mans e Spa. J.P. Junior, invece, si classificò quarto nel FIA World Challenge for Endurance Driver.
Dal 1979 Porsche decise di non costruire più il suo modello da corsa 935, vendendo solo le parti meccaniche come motori, cambi e freni ai migliori team privati come Kremer e Joest in Europa e JLP e Andial negli USA, in modo che potessero continuare a correre e sviluppare questa leggendaria macchina da corsa. È interessante notare come alcune delle vittorie più famose di quegli anni furono ottenute da quelle Porsche 935 “Speciali” assemblate privatamente, come alla 24 Ore di Le Mans del 1979 dove una 935 K3 costruita da Kremer ottenne il primo posto assoluto.


Dopo la stagione agonistica del 1979 e la distruzione della JLP-1, il Team di J.P. Senior decise di costruire una nuova 935 da zero: la JLP-2. Telaio, motore e altri componenti furono acquistati da Porsche ed il tutto fu “avvolto” nella carrozzeria della Kremer K3.
La vettura incorporava tutto ciò che il team aveva appreso finora sulla 935; oltre ai comprovati sforzi di miglioramento delle prestazioni e di riduzione del peso sviluppati da Kremer, ci fu una particolare attenzione al miglioramento della rigidità del telaio, anche per contribuire a domare il feroce flat-six da 3,2 litri dell’auto. Dotato di due turbocompressori KKK e di un sistema di iniezione del carburante Kugelfischer e accoppiato a un transaxle a quattro velocità, questo motore poteva produrre ben oltre 740 cavalli, a seconda del livello di sovralimentazione.
La Porsche (935) JLP-2 debuttò alla 100 Miglia di Road Atlanta nell’aprile del 1980, corse anche alla 24h di Le Mans ‘80, posizionandosi nona in classifica generale e seconda nella categoria IMSA alle spalle della 935 K3 vincente del Dick Barbour Racing.
L’anno successivo, la JLP-2 fu parzialmente soppiantata dalla JLP-3 di nuova costruzione, e quindi vide un uso relativamente limitato nel 1981. Per la stagione del campionato IMSA del 1982, fu venduta al pilota americano M.L. Speer. Quell’anno Speer, insieme a Terry Wolters e Charles Mendez, ottenne il 3° posto alla 12 Ore di Sebring, tra gli altri ottimi risultati.


Nel 1982 John Paul Senior e suo figlio continuarono a correre con la vecchia macchina, la JLP-3, collaborando con Rolf Stommelen per vincere la 24 Ore di Daytona del 1982. Quell’anno, visero anche la 12 Ore di Sebring e il round di Road Atlanta. Successi, questi, che portarono Miller Beer a firmare un accordo di sponsorizzazione con il team JLP Racing. Nel 1982, J.P. Junior ottenne nove vittorie.

Per soddisfare i requisiti di omologazione, la JLP-3 manteneva tetto, cornici dei vetri e parabrezza di una Porsche 935. Il resto del telaio fu costruito da GAACO di Graham Bartills, con sede a Norcross, in Georgia. Rispetto alla scocca in lamiera d’acciaio, il telaio in acciaio dalla struttura tubolare era notevolmente più leggero e più forte. Come le normali 935 di produzione, la JLP-3 presentava bracci trasversali inferiori e montanti McPherson, mentre nella parte posteriore erano montati i bracci semi-trainanti Porsche.

Approfittando di regole più liberali intese a mantenere competitiva la 935 con i prototipi GTP, J.P. Senior fece sviluppare una 935 con effetto suolo completo per la stagione 1982, chiamata JLP-4 . Sebbene l’auto somigliasse solo vagamente all’originale 935, era un razzo e contribuì a spingere John Paul Jr. in vetta al campionato Camel GT del 1982, con Senior vincitore del Camel Endurance Championship dello stesso anno.



Progettata dal famoso ingegnere di pista Lee Dykstra e costruita dalla FABCAR, l’azienda americana che negli anni successivi assemblava e riparava su licenza per Porsche le monoscocca 956/962, la Porsche (935) JLP-4 adottava molte delle ultime tecnologie disponibili fino a quel momento, tra cui una struttura monoscocca centrale con estensioni del telaio tubolare anteriore e posteriore, sospensioni anteriori entrobordo per un migliore flusso d’aria sotto la vettura, minigonne scorrevoli laterali per migliorare l’effetto suolo come utilizzato in Formula Uno , la lunga coda posteriore stile “Moby Dick” con estrattori d’aria e la guida a destra come sull’ultima 935/78 costruita da Porsche.


Il motore utilizzato era l’ultimo 3200cc., evoluzione della Porsche 935 con doppio Turbo, ventola piatta, iniezione meccanica Kugelfischer, doppia accensione e intercooler aria-aria. Con una pressione di sovralimentazione di 1,4 bar sviluppava 840 CV. Il cambio a 4 marce era quello utilizzato sulle ultime 935 biturbo con assali in titanio, e anche i grossi freni erano gli stessi montati sulle ultime 935, e, successivamente, sulle 956 “Gruppo C”.
Con questa particolare Porsche 935 JLP-4, John Paul Jr. conquistò due vittorie assolute durante la stagione 1982 IMSA (Brainerd e Portland), che si unirono ai punti ottenuti con l’altra sua Porsche JLP-3 e con una Lola, e contribuirono a renderlo vincitore del Campionato IMSA 1982. Conquistò anche il secondo posto assoluto (appena dietro al grande Bob Wollek) nella prestigiosa Porsche Cup del 1982.

Il successo per il team JLP Racing fu grande, ma i problemi fuori dalle piste continuarono. John Paul Sr. si separò dalla moglie Chalice nel 1981 e, questa, poco dopo, sparì in circostanze ancora misteriose.
Una volta che la moglie se ne fu andata, J.P. Senior si recò ad Haiti per ottenere il divorzio, sposando, di poi, Hope, la sorella di Hurley Haywood.
Nel 1983 J.P. Senior fu arrestato per aver sparato al suo ex socio e testimone federale in un caso di traffico di droga, Steven Carson. Trascorse dieci giorni in prigione ma fu rilasciato su cauzione e fuggì in Svizzera. Fu arrestato circa un anno dopo in una banca a Ginevra.

Oltre a dichiararsi colpevole nel 1986 per tentato omicidio, Senior fu processato e condannato per evasione fiscale e contrabbando di droga nel 1987. Dopo aver scontato 11 anni di carcere (incluso un rocambolesco tentativo di evasione dal carcere della Florida), fu rilasciato sulla parola nel 1999.
Si unì ad un’altra donna, Colleen Wood, con cui programmò una lunga crociera in barca a vela. Manco a dirlo, nel 2000 anche la povera Colleen sparì nel nulla. Senior fu interrogato in merito alla sua scomparsa ma non c’erano molte prove a suo carico e fu rilasciato.
Scomparve egli stesso e da allora non si ebbero più notizie di lui. È inserito nella lista dei criminali più ricercati e si dice si nasconda in qualche isola esotica, attraccando da un porto all’altro con la sua imbarcazione.
Come conseguenza dei guai giudiziari di Senior, il team JLP Racing ormai era soltanto un ricordo, ma John Paul Jr. era ancora dietro un volante correndo in CART e IMSA, vincendo la Michigan 500 nel 1983, superando Rick Mears (il miglior pilota di Penske, nella migliore macchina nuova di Penske, sulla pista di Penske) nell’ultima curva mentre era ancora convalescente per un incidente in cui si ruppe una gamba durante le prove della 500 Miglia di Indianapolis.

Conquistò il secondo posto assoluto alla 24 Ore di Le Mans del 1984 a bordo di una Porsche 956. Sfortunatamente, il suo losco passato e le storie di famiglia gli impedirono di trovare la sponsorizzazione necessaria per finanziare la sua attività nel motorsport.
Successivamente fu accusato per le vicende di traffico di droga di suo padre. Si rifiutò di testimoniare contro Senior e si fece 28 mesi in prigione.
Tornò nel 1989 cambiando diverse squadre prima che Busby Racing gli offrisse un sedile in una Nissan GTP ZX-T per il 1990 per correre contro case come Toyota e Jaguar. Riuscì comunque ad ottenere 3 podi quell’anno.
Nel 1992 vinse nella classe IMSA GTU alla 12 Ore di Sebring sulla Nissan 240SX di Bob Leitzinger con Davis Loring. Nel 1995 si unì a Rob Dyson e nel 1997 conquistò la sua seconda vittoria alla 24 Ore di Daytona prima di approdare a tempo pieno nella IRL (Indy Racing League) per il 1998 con Byrd-Cunningham Racing che portò alla vittoria al Lone Star 500 al Texas Motor Speedway stabilendo il divario più lungo tra le vittorie IndyCar in una carriera: 15 anni dalla prima vittoria in Michigan nel 1983.
Purtroppo per John Paul Jr. le cose peggiorarono dal punto di vista medico. Durante il test di una Corvette GT1 si accorse che l’auto non rispondeva al suo corpo e ai suoi pensieri e la guida non era più naturale. Gli fu diagnosticata la Malattia di Huntington, un disturbo neurologico progressivo che causa la degenerazione delle cellule in alcune zone del cervello, influenzando la funzione muscolare. Sua nonna, sua madre e sua sorella erano morte tutte a causa della stessa malattia genetica. Si ritirò dalle corse nel 2001 e diventò istruttore di guida.
È morto il 29 dicembre 2020 a Woodland Hills, in California (https://pitlaneitalia.com/2020/12/30/in-memoria-di-john-paul-jr/)
Di suo padre e del rapporto che ebbe con lui, Junior disse: “Sono risentito per quello che ha fatto mio padre. È un uomo molto intelligente e avrebbe potuto fare le cose diversamente. Mio padre era la persona più difficile con cui vivere. Era molto difficile per lui capire che qualcuno non era intelligente come lui. Avrebbe voluto che le cose fossero fatte in un certo modo, e si aspettava che fossero fatte in quel modo.”.
John Paul Jr. dichiarò anche di non avere mai avuto rimpianti per non aver testimoniato contro il padre: “Era mio padre”, disse, “se avessi testimoniato, o detto loro che avrei testimoniato contro mio padre, probabilmente sarei potuto uscirne”.
Non lo fece mai. John Paul Senior, pur con tutti i suoi terribili difetti, era sempre suo padre.
Nota modellistica di David Tarallo: alle riproduzioni in scala 1:43 delle vetture dei Paul, il vecchio blog ha dato spazio di tanto in tanto, soprattutto in occasione delle uscite di Spark. Pubblichiamo, dalla collezione di Nicola Lettieri, alcune immagini a complemento dell’articolo e rimandiamo anche a qualche link meno recente. Certo, l’argomenti non si esaurirebbe qui (basterebbe pensare alla Lola T600) ma già questa rassegna può dare l’idea dell’impatto che la storia dei Paul ha avuto anche sul settore modellistico. Sono davvero in pochi a non essersene accorti ma, si sa, qualche rara avis esiste sempre.




