di David Tarallo
In tanti anni di attività giornalistica posso dire di aver collaborato con le più note testate europee di modellismo: Modelauto Review, Four Small Wheels, AutoModélisme, Passion43ème e Modelli Auto. “FSW” appartiene ad un passato ormai lontano, un periodo molto creativo in cui dovevo, tra le altre cose, scrivere decine di mini-recensioni di modelli al mese. E’ stata un’utile palestra, con Brian Harvey che nei suoi momenti più felici sapeva allungarti delle massime illuminanti meglio che a scuola. FSW era (ed è ancora oggi) una strana commistione fra un house organ e una rivista tradizionale, ma aveva come missione fondamentale quella di far conoscere i prodotti venduti da Grand Prix Models. Prodotti che venivano anche criticati, eh: ricordo le solenni stroncature che si appioppavano ai kit Starter di metà anni novanta, quando la loro qualità decresceva in modo preoccupante, soprattutto nei confronti di Provence Moulage. Insomma, non ci si facevano troppi scrupoli ed è per questo che la rivista godeva di una certa autorità nel settore dell’automodellismo.
Rieccoci quindi a parlare di recensioni: lasciando da parte il caso di FSW che come detto è un’anomalia, ha senso pubblicare su riviste tradizionali le classiche due o tre pagine che ti descrivono com’è e come non è un determinato modello? Ai loro tempi Minis ma anche Quattroruotine vivevano di questo tipo di articolo: usciva il Burago, il Mebetoys, il kit Tamiya o l’AMR e gli appassionati avevano bisogno di sapere se fosse il caso di acquistarlo. Certi prodotti erano visibili solo in determinati negozi e chi non abitava nelle città giuste (Milano, Roma, Parigi…) rischiava di non incrociarli per mesi o addirittura mai. Le novità, peraltro, erano poche e le riviste in circolazione riuscivano a coprirle praticamente tutte, mese dopo mese. Poi dagli anni novanta e ancora di più dal nuovo secolo le cose sono cambiate radicalmente: già Minichamps e Vitesse iniziarono a sfornare novità a getto continuo e l’avvento dei resincast ha moltiplicato per cento le uscite settimanali. Del resto ricordate come già dall’inizio degli anni duemila la newsletter online di Minichamps era impostata sul periodo settimanale, con modelli sempre nuovi che piovevano come manna dal cielo per la gioia di tutti noi che in quel momento ignoravamo le pieghe oscure che la rete avrebbe preso di lì a due decenni, fino a fagocitare e stravolgere le nostre vite reali con implicazioni inquietanti quando non tragiche.
Negli anni settanta, Solido usciva con sei-otto novità all’anno quando andava bene. Che senso ha pubblicare oggi in una rivista la recensione di uno Spark, di un Ixo, di un BBR o di un Looksmart? Ormai non si arriva ad avere neanche una campionatura lontanamente coerente con la montagna di roba che spunta fuori a ritmi incalzanti dalle fabbriche in Cina, in Bangladesh o in Madagascar. A questo si aggiunga che nella maggior parte dei casi, nel momento in cui una recensione viene effettivamente stampata su un periodico cartaceo, il modello analizzato è già quasi sempre esaurito. Di immagini su Internet se ne trovano a bizzeffe e anche senza articoli di questo genere il collezionista è in grado di farsi un’idea precisa su un determinato prodotto.
Tagliando corto, ai nostri tempi il ruolo informativo (e quindi giornalistico) della recensione si è ridotto ai minimi termini; lo scritto rischia di specchiarsi in se stesso, conflagrando in un pleonastico esercizio di virtuosismi linguistici alquanto indigesti.
Sembra, da questi ragionamenti, che minare il senso delle riviste cartacee mi provochi un certo piacere. Nulla di più sbagliato. Sono sempre stato (e lo sarò finché campo) un appassionato della carta stampata, nonché un accumulatore seriale di riviste, opuscoli, quaderni, libri, dépliant, brochure e chi più ne ha più ne metta. Quando apro un libro la prima cosa che faccio è annusarlo per essere rapito dall’odore della carta, dell’inchiostro e della rilegatura, tanto per dire. Credo di essere un bibliofilo ancora prima che un collezionista di modelli (per nulla affastellatore seriale).
Eppure la critica è sistemica, questo sì. L’avevamo affrontata già parlando dell’inutilità delle rassegne delle novità nelle prime pagine delle riviste. Quasi tutte le testate le hanno eliminate o notevolmente ridotte, proprio perché ormai pleonastiche, a meno di non trasformare il genere in una sorta di “Zapping” (ricordate Quattroruotine, ma anche Passion43ème?) su ciò che di più particolare, raro, strano o inconsueto i produttori abbiano proposto negli ultimi tempi. Era ciò che si faceva – e credo si faccia ancora – con le Infonews di Modelli Auto, una rubrica che personalmente curavo fino a quando non ho deciso di lasciare la rivista a fine 2022. Puntualmente, tuttavia, c’era sempre chi si lagnava criticando la mancanza delle “novità”. Quali novità, poi? Solo a mettere tutta la produzione di Spark (e con foto piccole, eh) si sarebbero occupate cinque o sei pagine. E dopo? Chi desideri conoscere le ultime di Spark, di TSM o di BBR non è meglio che vada a consultare le pagine ufficiali di Facebook dei vari produttori o quelle dei gruppi di collezionisti specializzati che a volte sono anche meglio informati dei distributori?
Ecco, direi che la critica sulla presenza oggigiorno delle rubriche delle “novità” si porta concettualmente dietro anche la critica sulle recensioni. Cosa resta quindi a un periodico cartaceo? Tutto il resto: storia, incontri con produttori, interviste, schede fotografiche, articoli tecnici di elaborazione, costruzione, auto-costruzione e così via, ma è ovvio che ci vogliono più impegno, tempo, fatica e risorse.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche su PLIT escono recensioni. E’ vero, e tuttora mi diverto a scriverle. Ma esse non hanno mai cadenza regolare, sono spesso incentrate su prodotti specifici e le leggete gratis. Almeno per ora. In ogni caso – per proporre un minimo di pars construens – quale potrebbe essere il futuro di una rivista cartacea a secolo XXI inoltrato?
A mio avviso la chiave della sopravvivenza passerà dagli Hors Série intesi non più come eccezione ma come spina dorsale di un programma editoriale. Monografie con materiale inedito, raro e particolare, destinate a una piccola cerchia di appassionati, lasciando perdere definitivamente quel pubblico semi-generalista che peraltro critica guardandosi bene dall’acquistare la rivista, accontentandosi di sfogliarla a ufo (leggerla è una parola grossa, a loro bastano le figure) in qualche negozio o supermercato.
Anch’io sono un accumulatore di riviste e mi piace sfogliare delle pagine cartacee per immergermi nella letteratura e guardare anche le foto a corredo degli articoli (così scelsi l’Alfa Romeo Giulietta Zagato della Bang sul numero di maggio giugno di Modelli Auto). Purtroppo ora questa rivista è andata ad un editore laziale che dei clienti non gliene importa un fico secco, visto che i numeri che mancavano alla fine dell’abbonamento non mi sono mai arrivati e quindi il nuovo abbonamento non l’ho più fatto.
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Raffaele, hai fatto bene. Ho l’impressione che andranno poco lontano, per varie ragioni. Spero di avere torto.
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lasciando perdere definitivamente il pubblico semi-generalista che peraltro critica guardandosi bene dall’acquistare la rivista, accontentandosi di sfogliarla a ufo (leggerla è una parola grossa, loro guardano le figure) in qualche negozio o supermercato.
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…spesso è proprio così…
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Non è che sono tutti stupidi cialtroni; nel mio ambiente, Tiny Cars Milano, le critiche a Modelli Auto e l’abbandono dell’acquisto è arrivato da parte di qualcuno che si atteggia a gran conoscitore di modelli e che vive di critiche ai modelli che acquistano gli altri. Le persono normali Modelli Auto lo leggono acquistandolo, infatti in negozio al 99% dei casi la rivista va in breve esaurita dietro il corrispettivo del prezzo. Poi che qualcuno si sposti sino alla Libreria dell’Automobile, vicina all’ACI in Corso Venezia sempre a Milano, per acquistare riviste straniere, beh questo è un discorso più difficile….
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Può essere. Fatto sta che io me ne sono andato perché ero stufo del loro modo di lavorare e perché avevo progetti diversi, che volevo condurre in prima persona. Arrivi ad un’età in cui ti accorgi che stare al traino degli altri non basta più. Forse è eccessivo orgoglio ma restare in quella specie di gabbia claustrofobica non mi andava più.
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Non confondiamoci però. Un conto è David Tarallo che scrive e che quindi ha la più libera scelta di appoggiarsi dove meglio gli confà o di mettersi in proprio ed un conto sono coloro che leggono. Personalmente se trovo un articolo e foto su un modello che magari ho acquistato un paio di mesi prima ne sono sempre contento e magari scopro pregi o difetti che non avevo notato. Se qualcuno si atteggia a Catone il Censore e non acquista più la rivista che gli vuoi dire? Amen, per il caffè e due chiacchiere trovo qualcun altro…
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Certamente. Io però sono più contento se mi leggono. Scrivo per essere letto. Le cose che scrivo per me non le pubblico ma sono un’altra storia. Il giornalista scrive per gli altri, possibilmente per fare un servizio (anche se piccolo) alle persone che lo seguono.
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Articolo ineccepibile
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Condivido tutto quanto hai scritto, David!
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