di Riccardo Fontana
Sabato mattina.
Sono arrivato a casa alle tre di notte stravolto dopo una giornata al mare, ho dormito fino a mezz’ora fa.
Aperti gli occhi, nel rincoglionimento del risveglio, ho commesso un errore imperdonabile: ho aperto Facebook.
A parte il fatto che tutti i miei like sono a pagine ed argomenti a tema motori, quindi veramente non capisco su quali basi questo bicchiere di liquame suino di social continui a “suggerirmi” (?) contenuti di pagine sfigate sulle dichiarazioni di starlette a Verissimo o Domenica In (tutti contesti i cui “protagonisti” – se si facesse a modo mio – popolerebbero la Siberia in abiti estivi già da anni), può capitare di fermarsi una frazione di secondo a leggere cotanti irrinunciabili “suggerimenti”: oggi ce n’è uno “sulla bocca di tutti”, Laura Chiatti che dichiara che l’uomo che sparecchia il tavolo e fa il letto la fa diseccitare.
In effetti, in Amici Miei, “Sparecchiavo” lo diceva la figlia del Mascetti, non Giovannone il Sottocuoco, ma a parte questo, siccome l’irrorazione di sangue al cervello era ancora troppo scarsa per donarmi la necessaria lucidità di azione, ho aperto i commenti…
Grande Spirito del Popolo degli Uomini, perdonami…
Orde scomposte di… Di che? Di tutto, uomini donne e ibridi che si scandalizzano e mettono questa (che manco so bene chi sia) al rogo, parlando di mentalità ferma ad ottant’anni fa ed altre delizie evitabilissime.
Signori, siamo ufficialmente alla follia: qui la norma del mondo è diventata l’uomo che gira in gonna e tacchi (vedi Lewis Hamilton) e che fa le faccende di casa.
La donna che fa? Nulla, gli regala cioccolatini e lo corteggia, lo aiuta a depilarsi le gambe eventualmente, però al ristorante paga lui, perché la galanteria verso il sesso debole guai a toccarla: lì diventano quasi tutte delle vedove addolorate di Corleone nel 1885, perché femminismo si, ma “à la carte”, che ca nisciuno è fess’.
Il femminismo del nuovo millennio: non era facile raggiungere le vette di schifo del patriarcato nelle sue forme più accanite, ma queste sfigate coi pinocchietti ce l’hanno fatta, e non si mettono mai in dubbio, sono tenutarie della verità cosmica e guai a toccargliela.
Siamo diventati una gran bella società di merda, non c’è che dire: in un mondo in cui non puoi più fare niente e in cui non c’è più lo straccio di un diritto, i problemi sono questi.
Una che dice che la arrapa di più uno che lavora in cantina sulla moto invece di dare l’Argentil sulla maniglia della porta col grembiulino ed il cachemire scatena le rivoluzioni.
L’armocromista, indispensabile per apparire (come se lì il problema fosse l’abbinamento cromatico).
Dire negro.
Tu i neri puoi anche ammazzarli o schiavizzargli i figli di cinque anni per estrarre il litio per fare le batterie delle auto elettriche destinate a dei ricchi fancazzisti, ma non chiamarli negri che sennò sei un mostro senza cuore, disonesto porco e pedofilo.
Sapete qual è il bello? Che sono proprio i ricchi fancazzisti fautori supremi dell’elettrica i più attenti e zeloti in questo senso: c’è su YouTube una magnifica intervista al Presidentissimo Sandro Pertini – uno che contrariamente a questa insulsa feccia sapeva cos’erano la praticità e la sinistra – che parlando degli anni del suo esilio in Francia la parola “negri” la usa qualche decina di volte.
Ecco, diamogli del fascista dunque, così risorge e fa un po’ di giustizia spiccia.
Mi viene in mente il concetto della tarte tatin, dura fuori e fondente dentro: ecco, noi siamo come delle tarte tatin in un certo senso, buoni fuori e pezzi di merda dentro.
Ipocriti, imbecilli, degni dell’estinzione.
Sfogo esaurito, si torna a fare cose più utili e succose, tipo parlare di motori e di modelli.