testo e foto di Riccardo Fontana
La serie di articoli “poveri” sui Solido che stiamo proponendo sta riscuotendo un ottimo interesse, e questo non può che farci piacere per mille motivi, molti dei quali li abbiamo già ampiamente esposti, ma fondamentalmente riconducibili al fascino che questo tipo di modelli esercita in primis su noi stessi che continuiamo a collezionarli forsennatamente ma – in generale – sull’intera platea dei collezionisti, indipendentemente dall’esattezza storica o meno che li accompagna, che comunque rimane un concetto assai labile ed aleatorio anche per prodotti di ben altra fascia e modernità.
Già, è bellissimo trovarli già mirabilmente eseguiti, ma volendone seguire uno con le proprie capacità al maggio 2023 cosa succede?
È possibile? Le decals si sfalderanno?
Ecco che, ancora una volta, Tiny Cars ci è venuta in aiuto dandoci (tra gli altri) un bel Solido Sport Cars inerente la Porsche 908 “Langheck” (“coda lunga” nella lingua dei teutoni con l’elmo a chiodo) di Le Mans 1968, completo di decals ma solo per riprodurre la vettura numero 34, quella contraddistinta dalle derive e dal musetto blu degli americani Joe Buzzetta e Scooter Patrick.

Purtroppo, le decals per le altre versioni erano largamente incomplete, e questo mi ha spinto a non conservare il modello nello stato in cui si trovava ma, piuttosto, a cimentarmi nella sua elaborazione.
L’approccio è stato semplice: la 908 doveva sembrare uscita dalle mani di un buon appassionato dell’inizio degli anni ’80, quindi nessun foglio di decals rifatto ex-novo, fotoincisioni, e stuccature delle cerniere, massimo riutilizzo di quanto ci fosse già nella scatola.
O, in alternativa, di quanto sarebbe stato disponibile nel 1983, quando questo modello è uscito.
In primis, le ruote: la 908 Solido ha un grandissimo difetto, comune ad altri modelli della stessa serie (vedasi l’Alpine A220, la Matra 650, e sono sicuro che se faccio mente locale ne trovo altre, ma non è questo il punto, quindi soprassiedo), e cioè delle ruote caratterizzate da un ottimo disegno del cerchio e da un ottimo diametro, ma con una larghezza del battistrada più corretta per una Citroën 2CV che per uno Sport-Prototipo di fine anni ’60.
Avevo in casa un rottame di una 917K Solido, quindi l’equazione è stata semplice: ruote della 917 sulla 908, con solo un minimo di adattamenti (circa un mm limato per parte) sul fondino nella parte posteriore, col risultato di ottenere un assetto perfetto e delle ruote ancora più belle come disegno e proporzioni rispetto alle “sue”.
L’unico “grosso” intervento ha riguardato la stuccatura della presa d’aria sinistra sul muso – differente tra la vettura del 1968 e quella del 1969 originariamente riprodotta dal Solido – con l’inserzione di una decal nera a simulare la presa verticale corretta per questo modello.



Per il resto, cosa è stato fatto?
Cerchi neri opachi con ribattini degli assi colore alluminio, cornetti di aspirazione sempre colore alluminio, vetro posteriore giallo trasparente, sedili rossi, e sedi dei fari nere opache.
Ovviamente, il muso e le derive sono state mascherate e verniciate: vogliate scusarmi, ma non sono abbastanza scemo da farle utilizzando le decals a corredo del modello.
Le decals, per quanto leggermente ingiallite, hanno retto benissimo: robustissime e con moltissima colla ancora ottima, sono scivolate perfettamente al loro posto senza nessun problema e senza l’uso di prodotti appositi per il loro recupero.


Ne è uscito il modello che vedete in queste immagini: ha le sue inesattezze (la targa ad esempio, che non ha nessuna corrispondenza con le reali vetture in campo in quell’edizione della 24 Ore di Le Mans), o il fatto che il rettangolo blu sul fianco destro non fosse previsto (è stato ricavato ritagliando parte della decal relativa al muso), ma è indubbiamente “vivo”.
Certo, un normale appassionato, con ciò che costava mediamente una 917 della Serie 100 nel 1983 (molto più di oggi, paradossalmente), probabilmente le ruote non le avrebbe messe, ma essendo il mondo dei modellisti pieno di pazzi è comunque una cosa molto filologica.
Mancherebbero ancora l’interno delle presine d’aria sul cofano posteriore fatto in nero, le nastrature bianche sui fari, forse le scritte Dunlop sulle ruote, ed i finestrini.

Vorrei fare tutto, l’unica cosa che non mi convince fino in fondo sono i finestrini, perché non vorrei snaturare eccessivamente il modello, anche se “a naso” credo verrebbe ancora più bello.
Vedremo, comunque è stato un bel modo di passare una serata, senza alcun dubbio.
Nota di David Tarallo: Essendo ormai vecchio dentro e pure fuori, ricordo perfettamente quando uscì questo modello. Era la fine del 1983 e le mie mattinate di scuola in seconda media erano popolate dai pensieri su questi Sport Cars. All’epoca i Solido serie 100 si trovavano difficilmente e avevano prezzi piuttosto alti. Chi non aveva confidenza con le elaborazioni doveva poi accontentarsi della versioncina o due che Solido aveva proposto nella sua produzione standard. Figurarsi la sorpresa di ritrovare una serie di vetture riproposte in livree fino a quel momento poco conosciute o addirittura del tutto inedite. Avevo un compagno di classe che veniva dalle parti di Savona e che, quando tornava a casa, spesso andava dai Tron a Loano. Gli preparai una lista con i primi Sport Cars apparsi sul TSSK ma la tentazione di averli prima possibile ebbe il sopravvento e finii per ordinarli direttamente al telefono da Paolo, che mi confermò che il foglio di decals comprendeva tutte e quattro le versioni di Le Mans ’68. “Bestia!”, gli risposi. Bestia lo diceva sempre un mio compagno delle elementari, che continuava a venire da me a guardare i modelli. Ricordo poi la sorpresa, direi anche lo stupore, nell’osservare quel foglio di decals che sembrava un lenzuolo, una festa di colori. Quasi mi dispiaceva usarlo. Tra la fine del 1983 e il 1984 mi arrivarono anche le Lola T70, seguite dalle Ferrari 512M, da un paio di Porsche 917 e dalla Ferrari 512S Gelo Le Mans 1970. Gli Sport Cars (acquistati via via quasi tutti) così come i Top43, i Solido-2, i Graphyland e gli Automany hanno segnato l’inizio della mia adolescenza e ancora oggi guardare quelle scatoline che promettono la magia della scoperta suscita l’emozione autentica di un periodo ormai lontano.