La produzione di Rino Robustelli, tra elaborazioni e transkit, è molto ampia e di assoluto pregio, sia per i risultati eclatanti – anche per i giorni nostri – che il Maestro sapeva trarre da basi ottime ma tutto sommato “popolari” come potevano essere i Solido dell’epoca (vedi ad esempio https://pitlaneitalia.com/2023/07/27/robustelli-e-la-bmw-m1-di-solido/), che per la bellezza intrinseca di altri prodotti, come i transkit della metà degli anni ’80 riproducenti le regine dell’Euroturismo: transkit meravigliosi, dettagliatissimi, adattabili a basi molto belle ma economiche come potevano essere i kit Heller in scala 1:43 di quegli anni, che permettevano (leggibile anche come “imponevano”, tra poco vedremo il perché) un lavoro di trasformazione sui modelli stradali del tutto simile a quello che i preparatori dell’epoca operavano sulle BMW 635 CSI e sulle Jaguar XJS V12, le due più illustri rappresentanti di questa bellissima produzione.
Sfortunatamente, proprio in virtù delle caratteristiche costruttive che li contraddistinguevano, erano difficilissimi da realizzare in maniera ottimale: ai giorni nostri è ancora relativamente semplice imbattersi in una bustina di trasformazione per una CSI o una XJS, ma è pressoché impossibile trovarne una già montata a regola d’arte e, soprattutto, giunta intonsa nel 2023.
Appassionatomi al tema del Turismo degli anni ’70 e ’80 dopo aver snobbato (in maniera ignorante) il tema per troppo tempo, e ricevuti in regalo tre transkit Robustelli accoppiati ad altrettante basi Heller stradali, in un momento di noia mi sono messo alla ricerca di immagini di una XJS Heller transkittata che fosse già realizzata, spinto dalla curiosità datami dall’aver visto – ormai molto tempo fa – la meravigliosa CSI di Umberto Cattani (https://pitlaneitalia.com/2021/05/07/ancora-sui-transkit-di-rino-robustelli-bmw-635csi-gr-a-bmw-italia-eggenberger-24-ore-di-spa-1983-montaggio-di-umberto-cattani/): aprendo Google image, i primi risultati erano due modelli malamente realizzati in vendita su eBay, ma il terzo… Già, il terzo?
Il terzo era una XJS V12 del TWR Racing realizzata stupendamente nella versione vincitrice della 24 Ore di Spa-Francorchamps 1984 con Tom Walkinshaw, Hans Heyer e Win Percy.
Oibò.
La guardo, è bellissima: francamente ha qualcosa di “poco allineato” al transkit applicato all’Heller, come il fondino piatto con scritto “G.Robustelli” e “Jaguar XJS” in due riquadri rettangolari, quando l’Heller ha il fondino con la meccanica finemente realizzata in bella vista.
Non importa, è uno spettacolo, la richiesta è abbastanza alta ma tutto sommato giustificata, e soprattutto mi piace un sacco, quindi decido di contattare il venditore – di Torino – e andarmela a ritirare brevi-manu dopo aver leggermente trattato il prezzo.


Ritiro, come detto, assolutamente brevi-manu: sono scemo, ma non fino al punto di farmi spedire attraverso i servigi delle Poste Italiane un Robustelli di una XJS.
La vado a prendere un venerdì sera dopo il lavoro: è bellissima, conservata e completa in maniera incredibile, con tutti i suoi ganci e i suoi dettagli, e… È pesante.
Molto.
Troppo.
Anche i tappi del serbatoio, che nel transkit erano dei tondini di alluminio da inserire da sotto dopo aver forato il cofano, sono due sottili fotoincisioni applicare superiormente, e c’è sempre quel fondino equivoco, per quanto tutti gli altri dettagli siano assolutamente identici a quelli del transkit e il modello di base sia certamente l’Heller della XJS stradale.


Già, ma quindi cos’è questo benedetto modello?
È un kit.
Si, perché Rino Robustelli ha fatto anche dei kit completi, e a quanto pare non solo inerenti il tema Porsche – e spulciando febbrilmente su Google trovo anche la foto di un esemplare – in livrea Motul – ancora da montare.





Evidentemente, il grado di difficoltà incontrato dagli utenti medi ad assemblare anche solo mediamente bene i transkit – oppure il progressivo scarseggiare di basi Heller atte alla bisogna – avevano spinto il Maestro a clonare un Heller, a modificarlo, ed a ricavarne un ottimo kit completo, da cui partire per imbarcarsi in un lavoro impegnativo ma certamente più agevole.
Anche in questo caso, la validità del soggetto è tale da lasciare senza parole ancora ai giorni nostri: si tratta, come nel caso della 635 CSI di Umberto Cattani, che all’apparire degli omologhi resincast avranno ancora moltissime frecce al loro arco a livello di argomentazioni a favore.

Il tutto, naturalmente, unito al fascino della trasformazione umana a monte, che li rende affascinanti al limite dell’irresistibile.
Almeno, per chi è sensibile a queste cose, come lo siamo noi di PLIT.

Già…. irresistibili. Ma in quanti siamo rimasti ? Trovo questi articoli SUPERBI e pieni di AMORE per questo hobby .
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Probabilmente pochi, perché la maggior parte non ha alcun interesse verso l’aspetto storico del modellismo, limitandosi ad accumulare, spesso acriticamente, roba attuale, per lo più prodotta in paesi dove ci sono pochissimi controlli di qualità. Questa credo sia la situazione.
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È 40 anni che accumulo kit . Ne ho ancora circa 200 da montare. Ho accumulato anche una infinita di diecast , cinacast ed ultimamente cerco di recuperare tutti i solido . Solido doppi tripli e quadrupli . Uno originale … gli altri “versioni” . Ultimamente con le edicolose è una corsa al riordino di doppioni dato che gli stampi non sono male . Belli i tempi dei transkit… che non torneranno mai più
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Pochi? Tanti? Francamente, poco importa, anzi se si è in pochi resta più roba ed a meno prezzo, quindi meglio.
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In realtà non è mai un bene quando il numero degli appassionati di un determinato settore scende sotto la soglia di guardia. Questo in genere significa meno occasioni di reperire i pezzi, meno scambi, in pratica la lenta discesa verso il dissolvimento, che inevitabilmente si porta dietro anche i pochi che sono rimasti.
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Purtroppo sono d’accordo. Dissolvimento inevitabile. Ma di “roba” ne troveremo ancora per lungo tempo
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Io un po’ di passione per la storia anche dell’ automodellismo (kit o diecast che siano) ce l’ ho ancora e quindi aggiungo che questa Jaguar è il numero kr 08 della gamma dei kit Robustelli, uscito credo tra il 1986 e il 1987.
Il primo kit fu una Porsche Carrera RS in versione rally e pista, seguito da una Camaro IMSA.
Fu annunciata anche una VW 1303 Elba che non vide mai la luce.
Nel TSSK n. 34 di fine 1987 annuncia una nuova gamma in metallo realizzata in collaborazione con Meri kit, identificata dalla numerazione kr 200.
Se ricordo bene furono realizzate anche delle Ferrari di formula 1.
PS Ringrazio chi vorrà correggere eventuali errori e imprecisioni.
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Grazie Marco, dai vecchi TSSK si può avere un’idea abbastanza precisa del percorso dei vari produttori per tutti gli anni settanta e ottanta. Avevo già confermato a Riccardo l’esistenza “ufficiale” del kit della XJS, comunicandogli il prezzo dell’epoca, che era in linea con i kit della concorrenza (il bello dei TSSK è che ti permettono anche di fare raffronti di questo tipo). Ma la produzione di Robustelli è stata sempre piuttosto frammentata, con modelli e edizioni limitate che non compaiono da nessuna parte, salvo saltar fuori oggi su ebay, catawiki, leboncoin, subito o altrove.
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Siamo una specie in via d’estinzione e, fra un po’, il WWF sostituirà la vecchia ed abusata immagine del panda con una più fresca del classico appassionato di automodellismo.
Rimarranno comunque le borse sotto gli occhi.
La cosa peggiore di questa tendenza è che andrà persa una buona fetta di quello che viene definito artigianato, che si andrà ad aggiungere a tutte quelle che sono già scomparse o che sono sulla strada del dimenticatoio.
D’altronde, l’ho già scritto in passato, l’automobile stessa non è più un mezzo di evasione, di libertà e di emancipazione, ma è solo un elettrodomestico per uso esterno (con l’arrivo dei motori elettrici poi si sta chiudendo il cerchio).
In questo contesto, che rilevanza può avere un modello in scala? Nessuna…
Nel nostro piccolo, l’unica cosa che possiamo fare è tentare di tenere accesa la speranza.
Per quanto attiene al bel modello di questo articolo, Robustelli amava questo hobby ed ogni sua referenza testimoniava questa sua grande passione.
In effetti, la mossa di realizzare un vero e proprio kit era la più logica, evitava che i modellisti (e lo stesso Robustelli) rimanessero in balia della produzione di Heller.
Lo avrei fatto anche io, anzi l’ho proprio fatto, trasformando un mio transkit in un kit vero e proprio.
Ma questa è un’altra storia
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Signori, state calmi, state sereni, l’elettrico puro ed insindacabile non ci sarà MAI.
A meno, ovviamente, di non voler paralizzare il mondo producendo ancora più inquinamento e finendo di rovinare l’economia.
Poi i verdastri ed i “comunistelli” hipster del terzo millennio convinti di essere di sinistra perché girano in Tesla (che essendo una macchina da minimo minimo 50k – quelle proprio sfigate e basic – è ESTREMAMENTE popolare per sua stessa natura) o perché vanno a fare l’accademia del porno (???) possono pure andare avanti a sparare le loro stronzate, ma le cose stanno in una maniera giust’appunto un pelino differente.
Umile parere di uno che su questi temi ci ha preso la seconda – e definitiva – laurea in ingegneria.
Fine punto uno, punto due: si, ci pensavo prima che la… “Clonatura” dell’XJS fosse molto simile ai tuoi lavori Alfonso, ed in effetti lo è, ed è la scelta più logica: davvero, passandosi il transkit per le mani ci si rende conto di quanto sia praticamente inapprocciabile per un individuo medio.
Se poi, come me, si ha pure un problema agli occhi che da problemi a vedere bene da vicino, è la fine.
E infatti, pur conservando gli Heller con la bustina allegata, me ne sono presa una già fatta.
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