Le difficoltà di un capo-progetto: il caso della Giulia GTA

No, stavolta non sono le mie, che pure ho le mie belle gatte da pelare. Giusto qualche riga su un modello abbastanza celebre, per mostrare i dubbi e le esitazioni che possono insinuarsi fino al momento della produzione finale di un modello, condizionandone – anche per larga parte – la qualità.

La maggior parte dei collezionisti non si rende conto delle difficoltà che possono celarsi dietro il processo di sviluppo di un qualsiasi modello, specie se tale modello è prodotto nel lontano Oriente o in altri posti leggermente… fuori mano rispetto all’Europa occidentale.

Prendiamo il caso dell’Alfa Romeo Giulia Sprint GTA in 1:43, un modello già abbastanza carico di difetti nella sua prima configurazione, quella stradale, prodotta col marchio Schuco (il cui gruppo Simba-Dickie controlla il 49% delle azioni di Spark) ormai un po’ di mesi fa. Si tratta di una riproduzione dalle linee sostanzialmente corrette, ma dai tanti dettagli errati o… “fuori registro”1.

Lasciamo perdere tutto il resto e analizziamo i contorni dei vetri, anteriori e posteriori. Prima di tutto sarà bene ricordare com’erano quelli della vettura reale, e in questo caso mi avvalgo dell’aiuto prezioso di uno dei benemeriti volumi della collana a cura di Patrick Dasse.

Questa è proprio una GTA Sprint 1600, per quanto non penso ci fossero differenze in questi dettagli tra una versione e l’altra. Sia come sia, le cose sono abbastanza chiare: parte in metallo affogata nella guaina di gomma, i cui lembi restano all’interno e all’esterno della cornice stessa (in misura diversa, ma lasciamo perdere).

Vediamo come Spark (o Schuco che dir si voglia) ha affrontato il tema nel primo modello stradale, commercializzato in rosso con fregi bianchi e in bianco con fregi verdi2.

Anteriormente, i due modelli sono quasi uguali. Il problema è che nello stampo era stata ricavata già una cornice, da tampografare o da verniciare, vedete voi. Chi ha fatto la “deco” del modello o chi ha ingegnerizzato il tutto, ha voluto includere la riproduzione delle cornici in tampografia inserendole nella parte in acetato, col risultato che il parabrezza appare decisamente piccolo. L’unica differenza fra la vettura rossa e la bianca consiste nel fatto che la zona intorno al vetro è stata riempita di un’ancora maggiore quantità di colore nero (vedere frecce nell’immagine), probabilmente per mascherare in qualche modo la presenza della cornice stampata sulla scocca.

Altra stranezza: alla base del vetro si nota un’ulteriore strisciolina in alluminio, che non ha ragione di esserci. Nota a latere, i tergicristalli sulla prima versione rossa, applicati decisamente male, sono stati piegati meglio sulla versione bianca, pur restando troppo lunghi.

Ecco invece le cornici posteriori:

Qui la situazione è leggermente più accettabile, anche la cornice stampata sulla scocca si nota comunque.

Dopo la versioni stradali è venuto il turno dei modelli da competizione, inseriti stavolta, come normale che sia, nella gamma Spark. Con il numero di catalogo SA272 è uscita la vettura pilotata da Albert Poon al GP di Singapore 1967 (interessantissima… ci venga permessa una sottile nota ironica), seguita, qualche settimana fa, dalla macchina che corse la 24 Ore di Spa 1966 col numero 29; modello, questo, prodotto nella serie limitata del centenario della 24 Ore, composto da 24 vetture che in qualche modo hanno segnato il loro tempo durante la lunga storia della gara.

I due modelli sono praticamente identici (quella di Spa è più bassa come assetto) e presentano delle modifiche per quanto riguarda la tormentata realizzazione delle cornici vetro.

Nell’immagine in alto a sinistra vedete ancora la Schuco bianca. A destra, la Spark di Spa. Questa volta qualcuno si è deciso a… sfruttare la cornice stampata nella carrozzeria, ricoprendola col bare metal o con qualcosa di simile. All’esterno, è assente la parte nera, che all’interno è stata riprodotta con una decal che corre lungo il bordo del parabrezza. L’effetto non è eccezionale ma è sempre meno sgraziato rispetto agli Schuco stradali. Notare poi la taglia leggermente più piccola dei tergi: stavolta in Spark ci hanno azzeccato.

Nella foto sotto, a destra, la cornice posteriore del modello di Spa, con la stessa soluzione tecnica adottata per quella anteriore. A sinistra, lo stradale bianco Schuco.

Siamo in ogni caso ancora abbastanza lontani da un assetto ideale. Cosa testimoniano queste “esitazioni” all’interno di un singolo modello? Probabilmente una mancata collaborazione fra alcuni responsabili della produzione a vari stadi. O magari poco tempo per risolvere in modo tecnicamente valido una questione tutto sommato neanche troppo complessa. Difficile farsi un’idea precisa.

Ciò che emerge da casi come questo sono le tante contraddizioni di un meccanismo produttivo che incontra inciampi continui anche in una realtà come Spark, azienda che può contare su un’integrazione in teoria ottimale fra il reparto di progettazione e quello di produzione. Senza fare nomi, figuratevi cosa non viene fuori quando il coordinamento è deficitario o assente…

  1. Vedi ad esempio https://pitlaneitalia.com/2023/01/14/di-prossima-presentazione-lalfa-romeo-giulia-gta-1600-di-schuco/ ↩︎
  2. Le immagini dei modelli sono ritagliate dal sito https://www.carmodel.com/it.
    ↩︎

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